Rifugiati in viaggio...

  • Pubblicato il 30/03/2019
  • da M. F. - Aprilia (LT)

Proseguendo il nostro progetto “Sono un bambino in fuga … sono un rifugiato” abbiamo conosciuto, in classe, numerose storie di immigrati come quella di Yusra Mardini che nell'agosto del 2015 si è tuffata dal barcone che stava affondando nelle acque del Mare Egeo con 20 migranti a bordo, e per tre ore lo ha trascinato fino a mettere tutti in salvo sulle coste dell'isola di Lesbo. Un anno dopo, Yusra Mardini, una ragazza siriana di 18 anni, è stata nominata per partecipare alle Olimpiadi di Rio 2016.
Inoltre abbiamo conosciuto altre storie di immigrati grazie al sito per le scuole dell’UNHCR: Viaggi da imparare (https://viaggidaimparare.it/home.php).
Gli alunni hanno ascoltato la storia di Tareke che dall’Eritrea è giunto in Italia dopo dolori, morte e distruzione (https://youtu.be/-Sj64p7k574 - https://youtu.be/mWxzo6raZ3s - https://youtu.be/TYO1K-khXh8 - https://youtu.be/s8RmahSsva0 - https://youtu.be/M1pW7J8gm5c).
La critica situazione dei diritti umani in Eritrea, aggravata dall'obbligo del servizio militare a tempo indeterminato, obbliga migliaia di eritrei a fuggire ogni mese dal loro paese. L’Eritrea è tra i dieci paesi di provenienza del maggior numero di rifugiati nel mondo.

Commenti (4)

  • il 28/04/2019
    M. F. - Aprilia (LT)
    ha commentato:

    E’ stata una grande esperienza “provare” le stesse emozioni sofferenti di queste persone che vorrebbero soltanto una vita normale.
    Lucia Manzini

  • il 23/04/2019
    A. P. - Aprilia
    ha commentato:

    Durante l’ascolto della storia di Tareke, noi ragazzi siamo stati molto coinvolti e ci siamo appassionati, siamo entrati nel vivo delle vicende di questo ragazzo eritreo. Sulla storia abbiamo realizzato una biografia:

    LA STORIA DI TAREKE
    Tareke è un rifugiato scappato dall’Eritrea per salvarsi dalla guerra che in quei posti uccide migliaia di persone. Un giorno Tareke lascia la sua terra insieme a sua madre e ad altra gente, possono fuggire solo di notte per non essere visti, quindi durante il giorno si devono nascondere. Il loro obiettivo è raggiungere il confine che, pur essendo vicino, può mettere in pericolo la loro vita. Durante il viaggio sua madre gli dice che i soldi non bastavano per tutti e due, quindi avrebbe dovuto proseguire solo lui, perché era giovane e aveva molte speranze di sopravvivere; Tareke racconta che sua madre in quel momento ha cercato di nascondergli la sua sofferenza. Su una chat chiese ad un suo amico, in Australia, come si arrivasse in Libia, lui gli rispose che doveva andare da alcuni uomini che organizzavano il viaggio e avrebbero saputo come fare. Allora cominciò a cercare un punto d’incontro, chiedendo nei bar e nei luoghi dove si trovava la gente. S’incontrarono, Tareke pagò e venne messo sotto un albero in mezzo al deserto insieme ad altre persone. Dopo un po’ vennero legati l’uno all’altro e caricati su una macchina, avevano da mangiare acqua e farina e da bere acqua mischiata con la benzina in modo da bloccare lo stomaco e non far sentire loro più il dolore o altro. Ogni volta che salivano su una montagna li facevano scendere perché la macchina non ce la faceva, poi venivano fatti risalire durante la discesa. Dopo cinque giorni arrivarono dei soldati armati e li fecero fermare mettendoli a terra e oscurando le targhe delle auto, poi li fecero ripartire. Tareke dice che, dal quel punto in poi, sarebbe stato venduto ad altri trafficanti, perché tutti insieme formano una comunità che trattava i migranti come oggetti e non più come persone. Purtroppo sono le stesse persone che fanno parte della polizia, e per questo possono venire ad arrestarli da un giorno all’altro. Dopo due giorni da lì, raggiunsero il confine e vennero portati in alcune case, dove gli diedero un telefono per chiamare chi doveva portare loro i soldi, dicendo “Chi non porta i soldi non esce di qui!”. Dopo aver pagato venne dato loro un numero da chiamare, una volta arrivati a Tripoli, era un altro trafficante, che li avrebbe portati in Italia.
    A Tripoli vennero portati su una spiaggia e imbarcati su alcuni gommoni, dopo 10 ore il gommone su cui viaggiava Tareke si ruppe e vennero presi da una nave maltese, che però li rispedì indietro. Tareke venne portato in varie prigioni, e solo dopo mesi riuscì a tornare a Tripoli, prese una barca per la seconda volta e partì. Dopo un po’ lui e i suoi compagni di viaggio videro una nave che però si limitò a fare delle foto, ma loro per salvarsi, andarono addosso a questa nave che fu costretta a prenderli a bordo dopo varie chiamate alle capitanerie.
    Tutti loro vennero portati a Siracusa, dove furono visitati e divisi in due gruppi, e Tareke venne portato a Trapani. Dopo qualche giorno fu rilasciato e cominciò a vivere in Italia. Si trasferì a Roma e cercò un modo per integrarsi. Dopo vari lavoretti, Tareke è diventato un mediatore culturale e si occupa di attivismo, ma anche di persone come lui.
    La storia di Tareke può essere la storia di ogni rifugiato che arriva in Europa e ci dimostra quante ingiustizie abbiano dovuto subire queste persone, quanto siano stati sfruttati e maltrattati. Tutti i rifugiati hanno provato sofferenze sia fisiche che interiori, sono stati più volte vicino alla morte. Sebbene la storia di Tareke abbia un lieto fine, non è così per molte altre persone che invece non ce la fanno, e questo mi fa molto riflettere sulla responsabilità che ha ognuno di noi, tutti possiamo fare qualcosa per cambiare l’atteggiamento di indifferenza dei governi europei.

  • il 16/04/2019
    E. D. R. - ROMA
    ha commentato:

    Noi, conoscendo le storie dei ragazzi che devono andarsene dai loro paesi, abbiamo capito che per loro è molto difficile superare le avversità che si presentano davanti per trovare un altro posto in cui stare.

  • il 12/04/2019
    B. D. R. - Aprilia (LT)
    ha commentato:

    Penso che grazie a Tareke, la nostra classe sia riuscita a capire quanto sia doloroso lasciare il proprio paese per necessità, ma nonostante questo abbiamo capito che tutto è possibile, perché come ci è riuscito Tareke ci possono riuscire anche gli altri.