Dall’addio ai monti all’addio al Magnodeno

  • Anno scolastico 2023-2024
  • Presentato da IIS S. Ten. Vasc. A. Badoni, Lecco

    

Dall’addio ai monti all’addio al Magnodeno

“Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche”.
Così Manzoni, attraverso la voce di Lucia, parla dei monti lecchesi, tra cui il Magnodeno; tuttavia, a differenza dell’epoca manzoniana, una parte di questa montagna sta purtroppo scomparendo a causa dell’attività estrattiva compiuta su di essa.
Sul monte Magnodeno sono infatti presenti tre cave a brevissima distanza dai quartieri posti ai suoi piedi: persino l’ospedale, la principale casa di riposo della città di Lecco ed alcune scuole si trovano a meno di un chilometro in linea d’aria.
Molti cittadini hanno manifestato preoccupazione per quanto sta succedendo, come testimoniano circa 35000 firme raccolte dalla petizione promossa dal comitato “Salviamo il Magnodeno”.
Infatti le associazioni attive in campo ambientale hanno sottolineato, prima del rinnovo del piano cave nel 2021, l’impatto pesantemente negativo sul territorio delle attività di escavazione, evidenziando quanto segue:
il rumore delle esplosioni delle mine e delle attività di lavorazione è dannoso per la fauna che popola i boschi, che usa l’udito e il suono per molte funzioni vitali, quali la comunicazione, la difesa, l’orientamento; le esplosioni provocano microsismi nella zona di escavazione, gli studi geologici a supporto del PGT mettono in luce notevoli criticità da un punto di vista del dissesto idrogeologico dell’area di cava e l’instabilità di tutto il versante roccioso del  Magnodeno, con alto rischio di frane.
Il problema principale legato all’estrazione, trasporto e lavorazione della roccia è la formazione di polveri rilasciate nell’ambiente. La cava produce grandi quantità di PM10, che si disperdono sopra la città; ciò fa temere conseguenze per la salute umana. Il pulviscolo inalato, infatti, di dimensioni micrometriche, può arrivare nei polmoni, favorendo la comparsa di gravi patologie. Le particelle disperse nell'aria sedimentano poi sul terreno ricoprendo la vegetazione e contaminando i corsi d’acqua, con danni a tutta la biodiversità locale. Ad esempio, nel torrente Tuf, che attraversa l’area, finiscono grandi quantità di polveri che intorbidiscono l’acqua, creando un danno evidente alla fauna che lo popola; in tutti i torrenti del Magnodeno si trovano numerosi esemplari di gambero di fiume autoctono, specie tra le più protette nell’Unione Europea, la cui presenza permetterebbe di dichiarare la zona Sito di Interesse Comunitario. Purtroppo però nel Tuf il gambero sta scomparendo. 
Inoltre i forni per la calcinazione rilasciano nell’ambiente circa 180.000 tonnellate all’anno di monossido e biossido di carbonio.
Infine, il paesaggio della zona di cava è pesantemente compromesso; anche se il problema si percepisce meno al centro della città, tuttavia si manifesta in tutta la sua bruttezza a chi osserva il panorama dai quartieri alti di Lecco, dalla sponda opposta del lago, dai sentieri che percorrono le montagne circostanti, dalla cima del campanile, tutti luoghi frequentati da migliaia di turisti, alla vista dei quali non può sfuggire l’enorme voragine che si apre sul fianco del Magnodeno.
Nonostante ciò è stata approvata un’ulteriore concessione fino al 2034 per estrarre quasi 3 milioni di metri cubi di calcare dalla cava Vaiolo alta, pari a 6 volte il volume del Duomo di Milano. Si aggiungono altri milioni di metri cubi forniti dalle altre due cave, le più vicine alla città.
In questa indagine intendiamo documentare:
con analisi sul campo, attraverso report, intervistando cittadini ed esperti di enti pubblici e locali, quanto sia problematica la situazione delle polveri, sia nell’atmosfera che nell’acqua;
in che misura l’attività estrattiva influenzi la qualità dell’aria in base alla distanza dalla cava;
quali siano le possibili proposte praticabili per attenuare l’impatto sull’ambiente.

  • 16 Aprile 2024
    G. C. - Lecco (LC)

    Diario dei lavori dal 06/04/24 al 16/04/24

    08/04/24
    Intervista ad Alessandro Crippa, rappresentante del Comune di Lecco.

    08/04/24
    Impostazione del documento conclusivo, progettazione del video, analisi dei dati sperimentali.

    15/04/24
    Impostazione del documento conclusivo, progettazione e montaggio del video, ultimazione dei documenti allegati.

    16/04/24
    Conclusione del documento …

  • 05 Aprile 2024
    G. C. - Lecco (LC)

    Diario dei lavori dal 19/10/23 al 05/04/24

    19/10/23
    Impostazione del lavoro per la partecipazione al concorso Senato-Ambiente.
    Analisi delle possibili problematiche del territorio da trattare.

    02/11/23
    Scelta della tematica su cui lavorare: le cave sul Monte Magnodeno.

    21/12/23
    Sviluppo della tematica su cui lavorare e impostazione del …

Documento conclusivo

Premessa

Per la nostra classe la decisione di partecipare al progetto “SenatoAmbiente” è nata dalla presa di coscienza di un problema che caratterizza da tempo il territorio di Lecco, ovvero l’impatto che una cava di calce ha avuto e ha tuttora sull'ambiente, nonché sulla salute degli abitanti.

Negli anni l'attività estrattiva della società “Unicalce” ha suscitato diverse critiche da parte dei cittadini, che hanno organizzato degli eventi e delle manifestazioni di protesta e di sensibilizzazione sulla questione, sperando di indurre le istituzioni a intervenire. Difatti, l'attività di escavazione ha modificato la morfologia del paesaggio del monte Magnodeno e delle aree limitrofe, dal momento che li hanno trasformati in aree di scavo; è inoltre la causa di emissioni di polveri nell’aria, che finiscono anche nell’acqua. 

Gli studi portati avanti da Arethusa (società che si occupa di consulenza ambientale), in via preliminare all’autorizzazione dell’ultimo Piano cave, hanno dimostrato che le polveri possono avere effetti dannosi sugli organismi sia vegetali che animali e sulla salute delle persone; infatti esse ostruiscono gli stomi delle foglie delle piante limitando gli scambi gassosi. Inoltre, è stato osservato come abbiano anche un’influenza negativa sulla sopravvivenza di una specie tipica dei torrenti della zona, il gambero di fiume. 

 

 

Nota metodologica

L’acquisizione del materiale utilizzato per realizzare l’indagine conoscitiva è avvenuta secondo le seguenti modalità: ricerca di immagini, filmati, carte topografiche e articoli tramite le piattaforme digitali; dialogo con le autorità comunali e le associazioni coinvolte; verifica sperimentale sul campo per appurare il livello di polveri sottili che rimangono nell’aria, effettuando delle misurazioni a varie distanze dalla cava grazie a un rilevatore di nostra realizzazione. 

 

 

Fase preliminare

Inizialmente abbiamo pianificato le attività e ci siamo dati dei compiti e degli obiettivi, dividendoci in due gruppi: il primo si sarebbe occupato della raccolta dati e il secondo della raccolta informazioni.

Infatti, poiché l’attività estrattiva sul monte Magnodeno si protrae da almeno 80 anni, ci è sembrato opportuno svolgere una ricerca approfondita del materiale storico riguardante la zona coltivata. Per questo abbiamo esaminato diversi articoli di giornale, cartine topografiche e svariate immagini del sito della cava, osservando i cambiamenti avvenuti nel corso dei decenni . 

Abbiamo anche individuato e contattato gli enti e le persone che hanno uno stretto legame con la cava, e in seguito  abbiamo predisposto le domande per le interviste. 

Inoltre, abbiamo organizzato un sopralluogo del sito, dovendo però rimanere nelle zone accessibili al pubblico. 

 

 

Raccolta dati

Per avere un'idea generale del livello di polveri sottili presenti nell'aria, il gruppo sperimentale si è cimentato nella costruzione di un rilevatore di particolato.

Questo strumento è stato utilizzato durante la seconda escursione sul monte Magnodeno. Infatti, i membri del gruppo hanno posizionato il dispositivo in due punti: uno nei pressi della cava Vaiolo Alta e l’altro nella località di Neguggio.

Il rilevatore ha eseguito una misurazione delle PM10 e delle PM2.5 ogni venti secondi per un periodo di tempo pari a venti minuti.

È necessario tenere in considerazione che le analisi sono di tipo qualitativo, in quanto l'accuratezza dei dati ricavati è influenzata dalle piogge dei giorni prima, dalla complessità di studio e modellizzazione dei fenomeni legati alle polveri sottili e dall’errore del sensore.

 

Per le specifiche sulla costruzione e sull’analisi si veda l’allegato.

 

 

Colloqui con gli enti

Abbiamo avuto la fortuna di poter intervistare David Govoni (geologo di Unicalce), Laura Todde (presidentessa Legambiente), Alessandro Crippa (dirigente dell’ufficio tecnico del Comune di Lecco),  Matteo Pozzi, Flavio ed Edoardo Magni (membri del comitato “Salviamo il Magnodeno”).

Con il primo ospite ci siamo focalizzati sulle modalità in cui opera Unicalce sul territorio lecchese, sia dal punto di vista normativo che tecnico. 

La cava di Vaiolo Alta è la più grande in possesso dell’azienda (quelle attive in totale sono 10) ed è una fonte di calcarei, sabbie e ghiaia che vengono utilizzati principalmente nel settore edilizio. 

L'escavazione viene portata avanti in maniera tale da rispettare le prescrizioni del Piano Cave del Comprensorio Lecchese e le ordinanze della Regione. Ciò significa che i parametri di riferimento delle polveri sottili sono quelli del decreto 152 del 2006, mentre quelli mirati alla riduzione dell’impatto che questo tipo di attività ha sui lavoratori, si trovano nel decreto 98 del 2023. I rifiuti minerari, gestiti secondo il Decreto 117 del 2008, vengono o venduti o utilizzati nel recupero ambientale, al contrario degli oli esausti e delle parti metalliche, che invece seguono un percorso dettato dal protocollo stabilito da Arpa.

Secondo quanto affermato dal geologo, e verificato con l’analisi dei dati effettuata dal tecnico comunale, i parametri imposti dai precetti non sono mai stati superati, innanzitutto perché la soglia limite è difficile da raggiungere e in secondo luogo perché i valori interni vengono monitorati di continuo.

I controlli con cui si cerca di limitare gli effetti del particolato sul bacino idrico minore, sulla flora e sulla fauna, sono a carico dell’azienda e previsti ogni due anni per ogni stagione; hanno una durata di due settimane e implicano l’impiego di un recettore, che filtrando l’aria è in grado di misurare la quantità di polveri che vi è presente.

 

Il monitoraggio e il piano di recupero ambientale sono stati invece i temi principali che sono stati trattati con la Dr.ssa Todde. 

Il Piano cave impone a Unicalce l’obbligo di effettuare dei controlli meticolosi all’interno del sito in cui viene portata avanti l’attività e di riportarli annualmente, ma non prevede che vengano condivise informazioni sui rilevamenti limitrofi. Inoltre, il fatto che gli accertamenti siano eseguiti dall’azienda stessa solleva qualche dubbio. Va detto comunque che lo stesso Dr. Govoni esprime una criticità dovuta alla frequenza dei controlli che a suo dire  dovrebbero essere effettuati, se possibile, a ogni cambio di stagione.

È stato anche sottolineato che il territorio non tornerà mai più allo stato precedente all’escavazione. L’obiettivo del recupero è quindi quello di nascondere, per quanto possibile, la voragine lasciata dall’asportazione del materiale. Ciò può essere possibile rendendo i gradoni più bassi e scegliendo il tipo di vegetazione più in linea con le caratteristiche del monte.

Un altro punto messo in luce è stato il basso livello di coinvolgimento dei cittadini. A tal proposito era stata proposta una sezione informativa per i cittadini sul sito del comune di Lecco, al fine di renderli più partecipi, ma questa iniziativa non è mai stata accolta.

 

Per poter comprendere meglio quali siano le preoccupazioni che hanno portato alla nascita del comitato “Salviamo il Magnodeno”, abbiamo contattato alcuni suoi membri in modo che ci spiegassero da cosa derivasse la loro sensazione di pericolo.

Questa deriva dalle  modalità in cui avviene la coltivazione, i suoi effetti sul bacino idrico interno, sulla fauna e dalla disinformazione tra i cittadini. Infatti la cava è a gradoni discendenti, un metodo di escavazione che rende più difficile il futuro ripristino ambientale per via appunto delle balze con pareti verticali di 20 metri di altezza ed aventi pendenza di 70° circa.

L'azienda non è provvista di certificazione EMAS, uno strumento volontario con cui le imprese possono garantire le proprie prestazioni ambientali (solo se rispettano i criteri necessari), inoltre non opera con le Best Available Techniques (BAT), come dimostrano i nastri trasportatori aperti e l’impiego delle mine. Questi ultimi due aspetti non sono di aiuto al contenimento delle polveri sottili, che rappresentano un pericolo anche per gli esseri umani per via delle loro dimensioni (inferiori ai 10 µm), che consentono loro di superare le nostre barriere interne e raggiungere i polmoni. 

Un altro elemento che viene influenzato dall’attività estrattiva della cava è il torrente Tuff, che scorre nei pressi della cava. Il particolato si scioglie nelle sue acque rendendole torbide e cambiandone le proprietà fisiche e chimiche, a causa della calce che viene prodotta nei forni dalla combustione del calcare, questa in qualità di antiacido reca danno a tutti gli organismi viventi senza difese apposite.

Le polveri inoltre possono trasportare delle spore, come nel caso dell’oomicete Aphanomyes astaci, un fungo spesso letale per Austropotamobius pallipes, comunemente detto gambero di fiume (una specie autoctona e protetta), in quanto causa di una micosi acuta che, deteriorando l’esoscheletro di questi crostacei, colpisce i tessuti interni del corpo dell’animale.

 

Infine ci siamo chiesti quale fosse il ruolo del comune nelle varie concessioni e autorizzazioni nel settore estrattivo. Questo punto di domanda ci ha portato a richiedere un incontro con il dirigente Crippa.

Lui ci ha spiegato che con la riforma della Costituzione del 2001 alcune competenze prima dello Stato sono state trasferite alle singole regioni, che ne delegano alcune alle province, come nel caso dei piani cave e dei controlli a loro relativi. Questi vengono aperti in base al fabbisogno del territorio, le sue condizioni economiche e ambientali, e la sua storia estrattiva; la loro lunga durata è tale da concedere alle imprese un tempo congruo a un giusto guadagno.

La pianificazione comunale si attua tramite il Piano di Governo del Territorio (PGT), ed è grazie all’utilizzo di questo strumento che, alla fine dell’attività estrattiva di Unicalce sul monte Magnodeno, l’area un tempo di cava verrà restituita alla collettività.

Anche secondo il Sig. Crippa ci possono essere dei miglioramenti dal punto di vista del dialogo con i cittadini, ma ribadisce che la loro partecipazione ha dei limiti, da questi in poi possono solo fidarsi delle scelte dei rappresentanti che hanno eletto.

 

Per i dettagli delle interviste, delle normative e dei decreti si veda l’allegato.

 

 

Conclusione

Stando alla situazione attuale, le cave in possesso di Unicalce continueranno ad essere operative fino al 2034, poiché il piano è stato avviato nel 2021 con un periodo di durata decennale e ulteriori due anni.

Tuttavia sul monte Magnodeno gli scavi proseguiranno oltre il 2040 perché la cava di Vaiolo Bassa (data in concessione Fassa Bortolo) ha ottenuto nel 2019 un provvedimento autorizzatorio per l'ampliamento del sito nella zona di Carbonera.

Inoltre sulla base degli esiti delle analisi annuali Unicalce sta rispettando tutti i suoi obblighi formali; oltretutto la finestra normativa utile ad apportare cambiamenti alla convenzione si è ormai chiusa.

La prima criticità che è emersa dalle nostre ricerche e dalle diverse interviste che abbiamo tenuto riguarda le ispezioni: riteniamo infatti che sarebbe più opportuno che i controlli ambientali venissero effettuati con una frequenza maggiore e da un ente esterno, ad esempio l’ARPA. 

Al fine di rendere il più trasparente possibile l’operato dell’azienda sarebbe anche auspicabile che questa si dimostrasse in grado di ottenere la certificazione EMAS.

Per di più i tempi lunghi dei piani cave non consentono una programmazione puntuale e nel dettaglio del piano di ripristino, da attuare dopo il termine dell’asportazione dei materiali, in quanto le condizioni in cui verrà lasciata l’area non sono ancora note.

Un aspetto che è emerso da parte della presidentessa di Legambiente, del dirigente dell’ufficio tecnico comunale e dei membri del comitato “Salviamo il Magnodeno”, è che il dialogo tra i cittadini e le istituzioni su temi di questo genere si è dimostrato più volte inefficace.

Una soluzione a questa problematica potrebbe essere la nascita di un comitato tecnico che informi tempestivamente gli abitanti del territorio interessato in merito ad opere di impatto ambientale.

 

Grazie a questa indagine conoscitiva si è presentata l'occasione di rivolgere uno sguardo più attento a una realtà che ci è molto vicina, quella delle nostre montagne.

Potendo ammirare il paesaggio che ci offre il monte Magnodeno quasi quotidianamente, noi abitanti del lecchese abbiamo iniziato a darlo per scontato, quando non lo è.

Decidendo di partecipare a questo progetto abbiamo preso coscienza di quanto sia complesso valutare l'impatto ambientale delle attività produttive e di quanti soggetti siano coinvolti. Abbiamo inoltre compreso l'importanza di essere cittadini attivi e attenti, ruolo che ci impegneremo ad assumere nel nostro futuro. 

 

 

 

Link alla cartella contenente tutti gli allegati: 

https://drive.google.com/drive/folders/1wEfrxe8ehi7TROAkK8UjzXQ5k3v0X3K4?usp=sharing

(contiene anche il file video)

 

Link del video:

https://youtu.be/Q-r1JoTmrAM