Introduzione del salario minimo garantito

  • Pubblicato il 21 Marzo 2022
  • da Liceo F. Quercia, Marcianise (Caserta)
Introduzione del salario minimo garantito

ONOREVOLI SENATORI! Poniamo alla Vostra attenzione il delicato tema del salario minimo garantito. Il salario minimo è la retribuzione di base per i lavoratori di differenti categorie, stabilita per legge, in un determinato arco di tempo. È in sostanza una “soglia limite” di salario sotto la quale il datore di lavoro non può scendere.
 Un aspetto preliminare che il tema del salario minimo garantito pone è quello della compatibilità costituzionale. Nel diritto costituzionale vivente, l’art. 36 ha assunto il valore di norma precettiva: esso attribuisce al lavoratore un diritto soggettivo perfetto alla giusta retribuzione.
La nostra Costituzione non ha introdotto una riserva di legge in materia retributiva e neppure una riserva in favore della contrattazione collettiva, rinunciando a individuare in modo cogente la strada attraverso cui si sarebbe dovuta garantire l’attuazione del suo art. 36. Quest’ultima disposizione, pertanto, non costituisce ostacolo all’introduzione di un salario minimo previsto per legge.
Il lavoratore – secondo l’articolo 36 della Costituzione – ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa: «libera» dai bisogni essenziali; e «dignitosa» affinché garantisca il libero e pieno sviluppo della personalità del lavoratore e della sua famiglia.  Il salario non deve essere un mezzo di mortificazione delle persone, né un premio, ma il giusto compenso per ciò che è stato fatto. Sembra un’ovvietà, ma non lo è affatto.
Nonostante il tono imperativo della Costituzione, dunque, mai la legge ha fissato il minimo salariale, lasciando tale spinosa questione ai contratti collettivi nazionali di lavoro. I cosiddetti CCNL regolano il «minimo sindacale» in base al tipo di attività svolta, all’inquadramento e all’anzianità di servizio. Sotto tale soglia il datore di lavoro non può mai scendere, ma nulla esclude la possibilità di accordare uno stipendio superiore. In questo il datore di lavoro non è tenuto a rispettare il pari trattamento tra i dipendenti, ben potendo riconoscere ad alcuni di questi premi e incentivi non garantiti ad altri, purché ciò non nasconda un intento discriminatorio (ad esempio tra uomini e donne).
Tra le motivazioni che giustificano la proposta del presente disegno di legge, dunque, c’è sicuramente la volontà di garantire un salario che permetta una vita dignitosa a tutti i lavoratori.
Attualmente, le regole sulla retribuzione minima vengono, quindi, stabilite dalla contrattazione nazionale. Di conseguenza, molti lavoratori che operano nei settori non coperti da CCNL non beneficiano di questa tutela, e spesso il livello minimo previsto non è adeguato a garantire uno stile di vita dignitoso.
Nonostante l’articolo 36 della Costituzione, si sente spesso parlare di sfruttamento del lavoro, soprattutto nell’attuale contesto della grave crisi economica e sociale inasprita dall’epidemia da Covid-19 e dallo scoppio della guerra in Ucraina. È stato attribuito, a lungo, questo fenomeno al solo lavoro subordinato. Per secoli è stato così: il potere del datore si è trasformato in abuso, e l’abuso è diventato schiavitù. Ma non è ormai più solo nei rapporti di lavoro dipendente che si consuma lo sfruttamento. C’è quello ai danni dei lavoratori autonomi che svolgono la loro attività lavorativa per i committenti «forti» come banche, assicurazioni e Pubbliche Amministrazioni, a cui vengono affidati incarichi in molti casi sottopagati; così il legislatore ha dovuto approvare la legge sull’equo compenso (Legge del 4 dicembre 2017, n. 172).
C’è poi lo sfruttamento dei praticanti che vogliono imparare una professione ma che ricevono un «contributo spese» da fame, pur sgobbando giorno e notte all’interno di studi affermati. C’è lo sfruttamento dei collaboratori universitari, giovani appena laureati che vogliono fare esperienza all’interno dell’ateneo, nella speranza di acquisire una posizione stabile, ma che di fatto finiscono per essere servi del docente, manodopera gratuita per sgravarsi di lavoro. Ed è anche “sfruttamento” quello ai danni dell’imprenditore o del professionista che, pur lavorando per il proprio cliente, non viene poi pagato. Perché lo sfruttamento del lavoro consiste proprio in questo: svolgere una prestazione senza ricevere il giusto compenso, come invece gli articoli 35 e 36 della Costituzione impongono: «ogni lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa». Ed oggi esiste anche lo sfruttamento di coloro che sono impegnati nella creazione dei contenuti digitali, sfruttamento operato dalle piattaforme web che, coi loro algoritmi segreti e non verificabili, decidono se e quando un utente debba guadagnare con le proprie opere dell’ingegno. Emerge, anche in questo caso, la necessità di comprenderne approfonditamente il tipo di lavoro e le specifiche dinamiche reali, anche al fine di verificare l’adeguatezza degli strumenti di tutela al momento disponibili nell’ordinamento giuridico. La materia è tanto interessante che a livello istituzionale i profili identitari e di tutela sono già stati al centro d’una indagine conoscitiva avviata nell’aprile 2021 da parte della Commissione Lavoro pubblico e privato della Camera dei Deputati, allo scopo di acquisire dati di conoscenza utili a formulare una proposta legislativa coerente con le caratteristiche di coloro che tramite il web condividono il frutto della propria creatività.
Con il nostro disegno di legge intendiamo, inoltre, contrastare alcune tendenze presenti nel mercato del lavoro che causano la svalutazione del salario. Si tratta di un’ampia gamma di pratiche intenzionalmente abusive e l’elusione della legislazione europea e nazionale vigente (comprese le leggi e i contratti collettivi universalmente applicabili), che permettono lo sviluppo di una concorrenza sleale riducendo illegalmente i costi operativi e legati alla manodopera e danno luogo a violazioni dei diritti dei lavoratori e allo sfruttamento di questi ultimi. Tali pratiche collegate a strategie di delocalizzazione che permettono al datore di lavoro di aumentare gli utili dell’impresa, avere costi più bassi ed essere più competitivo sul mercato. Vantaggi che si traducono, però, in una perdita di valore del salario per il lavoratore, determinando uno sbilanciamento tra il salario che il lavoratore percepisce in base alle regole applicate nel mercato del lavoro estero e quello che egli percepirebbe se fossero applicate le regole vigenti nel nostro Paese. Gli effetti di questa pratica non interessano solo la retribuzione, ma si estendono anche ai diritti dei lavoratori.
A sostegno delle motivazioni che sono alla base del disegno di legge, tuttavia, basterebbe qui la sola e semplice lettura, senza alcun commento, di alcuni articoli della Costituzione. Che, non pare superfluo ricordarlo, tutti siamo tenuti ad osservare. E che, cosa forse ancor più importante, ha contenuto prescrittivo, e non solo meramente programmatico, in tutte le sue norme.
È tutta e solo nella Costituzione, dunque, e non nella polemica politico-ideologica di parte, la motivazione della giustezza e della indispensabilità che si giunga all’attivazione e alla concretizzazione della nozione di “salario minimo garantito” per tutti i lavoratori dipendenti, qualunque sia la forma di contrattualizzazione di forme e modalità della loro prestazione. Persino laddove la Carta costituzionale non nomina e non usa esplicitamente il termine «lavoro». Poiché infatti, attivare il «salario minimo garantito», prima ancora di essere una ulteriore forma di tutela contro «lo sfruttamento» e il “lavoro sottopagato», vuole e deve essere una nuova e aggiornata forma di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo: di uguaglianza e di libertà. Si richiama, in tale prospettiva, alla Vostra attenzione quanto recita il comma 2 dell’art. 3 della Costituzione: «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
Non crediamo vi sia nessuno in quest’aula che possa anche solo ipotizzare che non esistano oggi retribuzioni, pur perfettamente legali, risultanti «di fatto», per riprendere la locuzione non a caso usata dai Costituenti, al di sotto di qualsivoglia minimo accettabile «sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa», come recita l’inciso finale del comma 1 dell’art. 36 della Costituzione. Ma su tale articolo si tornerà più avanti. Si richiama l’attenzione sull’aggettivo usato dai Costituenti: “dignitosa”. Non c’è alcun bisogno, pare, di ricorrere a dotte e raffinate analisi di dottrina costituzionalista per comprendere quanto e come i costituenti, nel tutelare il lavoratore, avessero in mente tale forma di tutela come facente parte di una tutela più ampia, articolata e profonda: la tutela dell’essere umano, dell’uomo in quanto persona vivente. Non solo e non tanto in quanto soggetto di rapporti contrattuali.
Basterebbe ricordare, al riguardo le parole del tutto inequivoche usate, non da un costituzionalista (e perciò comunque opinabili), ma dalla stessa Corte Costituzionale, in una sua pronuncia, la n. 559 del 1987: «l'assumere che il principio di corrispettività nel rapporto di lavoro si risolve meccanicamente, salvo deroghe eccezionali, in una relazione biunivoca tra prestazione lavorativa e retribuzione urta contro il concetto di retribuzione assunto dall'art. 36 Cost., che non è mero corrispettivo del lavoro, ma compenso del lavoro proporzionale alla sua quantità e qualità e, insieme, mezzo normalmente esclusivo per sopperire alle necessità vitali del lavoratore e dei suoi familiari, che deve essere sufficiente ad assicurare a costoro un'esistenza libera e dignitosa. Per realizzare tale funzione della retribuzione, il legislatore può provvedere non solo mediante strumenti previdenziali e di sicurezza sociale, ma anche imponendo determinate prestazioni all'imprenditore: ciò per la ragione che nel rapporto il lavoratore impegna non solo le proprie energie lavorative ma - necessariamente ed in modo durevole - la sua stessa persona, coinvolgendovi una parte dei suoi interessi e rapporti personali e sociali».
Dunque, la necessità di giungere ad una forma di garanzia salariale minima stabilita per legge, non è pretesa politicamente o ideologicamente motivata e/o orientata; non è nemmeno una esigenza dettata da situazioni storiche, sociali, economiche, contingenti; ma esigenza auspicata da uno dei massimi organi dello Stato, in tempi senz’altro socialmente ed economicamente meno drammatici degli attuali.
Inoltre, appare evidente che le argomentazioni usate dalla Corte rimandano ad una concezione della Carta Costituzionale oramai di pacifica acquisizione, nota nella dottrina giuridica come “concezione personalistica della Costituzione”, che va considerata come uno dei pilastri, dei cardini, di tutta la nostra Costituzione.
In questo senso, illuminanti sono le parole di un illustre costituzionalista nonché ex Presidente della Corte Costituzionale, Giovanni Maria Flick:
«La pari dignità sociale assume nell’art. 3 Cost. un rilievo fondamentale, sia emblematicamente che precettivamente. Essa si affianca all’uguaglianza di fronte alla legge, in senso formale; pone la premessa per l’impegno a raggiungere una eguaglianza in senso anche sostanziale, che riveste un significato diverso da quella in senso formale; apre la via al legame essenziale fra solidarietà e dignità, per superare la contraddizione tra eguaglianza e diversità intesa come premessa di discriminazione. Altrettanto importanti sono le prospettive di concretezza - e quindi di operatività - che il valore della dignità assume nell’art. 36 Cost., con riferimento non solo al tema della retribuzione, ma anche a quello di un’esistenza libera e dignitosa.  La retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro esprime la tutela del sinallagma contrattuale attraverso la specifica posizione del lavoratore, contraente debole; ma esprime altresì ‘in ogni caso’ il superamento del sinallagma nella prospettiva di tutela della dignità del singolo e della prima e fondamentale formazione sociale in cui egli si realizza, la famiglia. Il rischio di una valenza soltanto retorica e di principio di tale valore è agevolmente superabile, se si tengono presenti le applicazioni specifiche che ne sono state proposte dalla giurisprudenza costituzionale e ordinaria. Tali applicazioni pongono in evidenza sia il rapporto fra dignità e lavoro; sia il significato e rilievo costituzionale di quest’ultimo. Il lavoro è inteso come premessa dell’assetto costituzionale di democrazia e dignità (art. 1 Cost.); come diritto e dovere di ciascuno (art. 4); come fondamento di eguaglianza e di pari dignità sociale; come divieto di discriminazione oltre che come condizione e premessa per lo sviluppo della personalità, per un’esistenza libera e dignitosa del lavoratore e del suo primo gruppo sociale di riferimento e di realizzazione (la famiglia)».
Parole, queste, che già da sole potrebbero e dovrebbero risultare più che sufficienti a far comprendere quanto e come l’attivazione del “salario minimo garantito” sia non una scelta di parte, ideologicamente orientata, ma “solo” adempimento di obblighi costituzionali. Ma vi è altro che il Parlamento deve tener presente, ne può evitare di farlo: l’art. 41 della Costituzione recita che «l'iniziativa economica privata … non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla dignità umana». Si richiama l’attenzione sulla locuzione “dignità umana”.  Essa, enunciata fin dall’art. 3, ripresa nell’art.36, ritorna di nuovo, esattamente identica, ma da un'altra prospettiva normativa: se all’art. 36 essa si presentava in forma “positiva”, cioè di tutela, di protezione di un diritto, qui si presenta come “proibizione”, come un “dovere”.
Ma laddove è prescritto dalla legge l’adempimento di un dovere, ciò non può non implicare il potere di controllo che tale dovere sia adempiuto; e, di conseguenza, anche il potere di sanzionare tale mancato adempimento. Potere di controllo e potere di sanzionare che, in tutta evidenza, spetta in primo luogo al Parlamento rendere effettivo. Appunto, legiferando in merito. E, nel caso di specie, il contenuto di questo “dovere” da osservare è esattamente lo stesso del “diritto” da tutelare. Cioè, in primo luogo il rispetto della dignità della persona umana. Solo “dopo”, in maniera subordinata, tale rispetto diventa rispetto di un sinallagma contrattuale.
Solo tenendo presente quanto finora detto, allora, si può comprendere appieno la valenza dell’articolo 1 della nostra Costituzione. La nostra Repubblica è democratica e fondata sul lavoro; ma su un lavoro che sia espressione, come si è visto, in primo luogo di rispetto e tutela della dignità dell’uomo. Dunque, finché il lavoro non riceve piena tutela della sua dignità, la Repubblica sarà un po’ meno democratica.
ONOREVOLI SENATORI, dalle aule di scuola, noi giovani, e futuri lavoratori, ne usciamo dopo aver studiato e appreso che la Costituzione della Repubblica italiana è la più bella del mondo, perché, riprendendo le parole di Giovanni Fornero, «tutela i diritti individuali non allo scopo di promuovere un interesse superiore o pubblico. Li tutela invece nell’interesse della persona. Nelle norme costituzionali, l’uomo non è mezzo per raggiungere altri fini. Esso è invece il fine ultimo dell’ordinamento».
Tocca a voi, ONOREVOLI SENATORI, dimostrare fattivamente che la nostra Costituzione non è fatta di «proclami senza attuazioni».

Art. 1

1.    Al fine di dare attuazione al diritto di ogni lavoratore a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa, come sancito dall’articolo 36 della Costituzione, è istituito il salario minimo orario garantito.
2.    Il salario minimo orario è la retribuzione oraria minima, stabilita per legge, che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere ai lavoratori di differenti categorie, in un determinato arco di tempo. Tale retribuzione non può essere in alcun modo ridotta da accordi collettivi o da contratti privati.
3. Nessuna prestazione lavorativa, qualunque sia la tipologia di estrinsecazione effettiva di essa, avente carattere di subordinazione, ovvero di lavoro dipendente, anche a carattere temporaneo, può essere retribuita al di sotto di un importo minimo netto predeterminato per legge.

Art.2

1. La locuzione “importo minimo netto” di cui all’art.1, comma 3, del presente disegno di legge va riferita tassativamente ed esclusivamente alla retribuzione netta oraria.

Art. 3

1. Negli ambiti di attività lavorative coperti dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni di rappresentanza, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore a cui si applica la disciplina del lavoro subordinato il salario minimo garantito di cui all’art.1, comma1, quale trattamento economico minimo.

Art. 4

1. Negli ambiti di attività lavorative non coperti dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni di rappresentanza, è istituito il salario minimo garantito di cui all’art.1, comma1, quale trattamento economico minimo che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore a cui si applica la disciplina del lavoro subordinato, secondo gli importi e le modalità determinati dalle Commissioni di cui all’articolo 8.

Art. 5

1. Rientrano nell’obbligatorietà di cui agli artt. 1, 2, 3 e 4 del presente disegno di legge le prestazioni lavorative, qualunque sia la loro disciplina contrattuale, aventi carattere di “prestazione di lavoro straordinario”.

Art. 6

1. Gli articoli da 1 a 5 del presente disegno di legge sono inseriti, con apposita legge di modificazione normativa, nel Libro V, Capo III, del testo attualmente in vigore del Codice Civile.
2. L’obbligo di cui agli artt. 1 e 4 del presente disegno di legge è esteso anche agli effetti contrattuali e retributivi degli artt. 1, 2, 3 Legge 19 dicembre 1984 n. 863.

Art. 7

1. L’obbligo di cui agli artt. 1, 2, 3 e 4 del presente disegno di legge è, ed in mondo parimenti obbligatorio, esteso ad ogni tipologia di contrattazione tra le parti.

Art. 8

1 È demandato alle Commissioni ordinarie della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, aventi competenza sull’oggetto e le finalità del presente disegno di legge il compito:
a)    di quantificare, in termini di proposta, l’importo di cui all’art. 1, comma 1, del presente disegno di legge,
b)    di individuare i criteri per il suo aggiornamento,
c)    di stabilire l’ammontare della sanzione amministrativa per il datore di lavoro che, in violazione delle disposizioni previste dal presente disegno di legge, corri¬sponde al lavoratore compensi inferiori al salario minimo orario di cui all’ articolo 1.
2. Le Commissioni parlamentari competenti di cui al comma 1 del presente articolo, nonché le modalità di lavoro di esse, sono individuate secondo il regolamento della rispettiva Camera di appartenenza.

Art. 9


1. Entro 12 mesi dalla data di promulgazione della presente legge, le Commissioni riferiscono al Parlamento sugli esiti del lavoro svolto in relazione ai compiti ad esse assegnati dall’art. 8 del presente disegno di legge.

Art. 10

1. Approvata da entrambe le Camere, la relazione conclusiva del lavoro delle Commissioni di cui all’art. 8 del presente disegno di legge, la redazione finale dell’art. 1 di esso è integrata, tramite apposito decreto legislativo, col seguente comma: “Tale importo viene fissato nella somma di euro”.

Art. 11

1. Gli effetti normativi, contrattuali e retributivi, di quanto stabilito dal presente disegno di legge si applicano a tutti i contratti nazionali di lavoro collettivi e ai contratti individuali di lavoro aventi carattere di lavoro subordinato, il cui rinnovo o la cui stipula è successiva all’entrata in vigore della legge attuativa.
2. Tale disposizione si estende anche ai contratti nazionali collettivi di lavoro risultanti contrattualmente scaduti ma non rinnovati all’entrata in vigore della legge attuativa di cui al comma 1 del presente articolo.     

Art. 12

1. Il datore di lavoro che, in violazione delle disposizioni in materia di salario mi¬nimo orario di cui all’ articoli 1, corri¬sponde al lavoratore compensi inferiori al salario minimo orario, è soggetto ad una sanzione amministrativa il cui ammontare è stabilito dalle Commissioni ordinarie della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica di cui all’art.8.

Art. 13

1. Come prevede l’articolo 81 della Costituzione, gli oneri finanziari derivanti dal presente disegno di legge sono individuati dal Governo, sulla base di un esame svolto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
2. Con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali è indicata, all’interno della Legge di Bilancio, la copertura finanziaria necessaria all’attuazione del presente disegno di legge.

Art.14

1. La disposizione di cui all’art.1 del presente entra in vigore entro diciotto mesi dalla promulgazione del presente disegno di legge.

il 30/03/2022
F. S. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
ART.2
2.1 LA LOCUZIONE “IMPORTO MINIMO NETTO” DI CUI ALL’ART.1, COMMA 3, DEL PRESENTE DISEGNO DI LEGGE VA RIFERITA TASSATIVAMENTE ED ESCLUSIVAMENTE ALLA RETRIBUZIONE NETTA ORARIA.

NEL COMMA 2 DELL’ARTICOLO 36 DELLA COSTITUZIONE, IL LAVORO DOMESTICO E DI CURA ALLUNGA DECISAMENTE LA GIORNATA LAVORATIVA DELLE DONNE IL NUMERO DI ORE LAVORATE TENDE AD AUMENTARE IN PRESENZA DI FIGLI/E. TALI ORE NON SOLO NON SONO RETRIBUITE, MA SONO ANCHE POTENZIALMENTE SOTTRATTE AD ALTRE ATTIVITÀ COME PER ESEMPIO VOLONTARIATO E ATTIVITÀ POLITICA. UN REDDITO PER LE CASALINGHE SOSTIENE LE FAMIGLIE DAL PUNTO DI VISTA ECONOMICO E FAVORISCE ANCHE LA NATALITÀ.

IL LAVORO DI COLORO CHE SI OCCUPANO DELLE FACCENDE DOMESTICHE, NONOSTANTE TALVOLTA QUESTO VENGA SOTTOVALUTATO, SOPRATTUTTO DA COLORO CHE NE TRAGGONO VANTAGGIO È FONDAMENTALE. PER TALE MOTIVO È GIUSTO CHE QUESTE VENGANO RETRIBUITE, PER IL LAVORO SVOLTO. A PARTIRE DAI 16 FINO AI 65 ANNI È POSSIBILE ISCRIVERSI A UN FONDO PER CASALINGHE/I. QUEST’ ULTIMO OFFRE LA POSSIBILITÀ DI ESSERE TUTELATE. PER TUTTI COLORO CHE SVOLGONO MANSIONI IN CASA SENZA RETRIBUZIONE, SUBORDINAZIONE E NON SONO TITOLARI DI PENSIONE DIRETTA È CONCESSA UNA PENSIONE A 57 ANNI CON 5 ANNI DI CONTRIBUTO OPPURE 468 EURO SENZA VERSARE CONTRIBUTI.
CIÒ POTRÀ AVVENIRE A PATTO CHE:

A. NON SVOLGANO ATTIVITÀ AUTONOMA PER CUI È OBBLIGATORIA L’ISCRIZIONE AD UN ALTRO ENTE O CASSA PREVIDENZIALE;
B. È NECESSARIO ESSERE ISCRITTI ALL’ INAIL;
C. È CONSENTITA UN’ ATTIVITÀ PART-TIME CHE, PER ORARIO E RETRIBUZIONE, NON PERMETTE DI SUPERARE O RAGGIUNGERE IL NUMERO DI SETTIMANE LAVORATIVE NECESSARIE PER IL DIRITTO ALLA PENSIONE
Respinto
  • Voti totali: 83
  • Favorevoli: 19
  • Contrari: 31
  • Astenuti: 33
il 30/03/2022
S. M. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
ART. 4
4.1 NEGLI AMBITI DI ATTIVITÀ LAVORATIVE NON COPERTI DAI CONTRATTI COLLETTIVI STIPULATI DALLE ASSOCIAZIONI DI RAPPRESENTANZA, È ISTITUITO IL SALARIO MINIMO GARANTITO DI CUI ALL’ART.1, COMMA1, QUALE TRATTAMENTO ECONOMICO MINIMO CHE IL DATORE DI LAVORO È TENUTO A CORRISPONDERE AL LAVORATORE A CUI SI APPLICA LA DISCIPLINA DEL LAVORO SUBORDINATO, SECONDO GLI IMPORTI E LE MODALITÀ DETERMINATI DALLE COMMISSIONI DI CUI ALL’ARTICOLO 8.

LO SFRUTTAMENTO DEI PRATICANTI CHE VOGLIONO IMPARARE UNA PROFESSIONE MA CHE RICEVONO UN «CONTRIBUTO SPESE» MOLTO BASSO (TALVOLTA NULLO), PUR LAVORANDO DURAMENTE GIORNO E NOTTE ALL’INTERNO DI STUDI. LO SFRUTTAMENTO DEI COLLABORATORI UNIVERSITARI, FANCIULLI APPENA LAUREATI CHE VOGLIONO INTRAPRENDERE UN'ESPERIENZA ALL’INTERNO DELL’ATENEO, NELLA SPERANZA DI ACQUISIRE UNA POSIZIONE STABILE, MA CHE DI FATTO FINISCONO PER ESSERE SERVI DEL DOCENTE.
ED È ANCHE “SFRUTTAMENTO” QUELLO AI DANNI DELL’IMPRENDITORE O DEL PROFESSIONISTA CHE, PUR LAVORANDO PER IL PROPRIO CLIENTE, NON VIENE POI PAGATO. LO SFRUTTAMENTO DI COLORO CHE SONO IMPEGNATI NELLA CREAZIONE DEI CONTENUTI DIGITALI, SFRUTTAMENTO OPERATO DALLE PIATTAFORME WEB CHE, CON I PROPRI ALGORITMI SEGRETI E NON VERIFICABILI, DECIDONO SE E QUANDO UN UTENTE DEBBA GUADAGNARE CON LE PROPRIE OPERE DELL’INGEGNO.
UNA GIUSTA REVISIONE DA APPORTARE A QUESTI ARTICOLI SAREBBE QUELLA DI RIDURRE LO SFRUTTAMENTO CITATO PRECEDENTEMENTE ED APPORTARE UN ADEGUATO SALARIO ANCHE A TIROCINANTI ED AI LAVORATORI DEL WEB.
Respinto
  • Voti totali: 83
  • Favorevoli: 21
  • Contrari: 29
  • Astenuti: 33
il 30/03/2022
F. M. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
Art.8
d. il datore che viola le disposizioni previste dal seguente disegno di legge deve risarcire il lavoratore che le ha subite
 Ai fini di garantire la giusta applicazione di tale disposizione, ed incentivare il rispetto delle norme da parte di aziende autonome ed aumentare la consapevolezza di lavoratori ed imprese verranno effettuati controlli approfonditi per far si che quanto scritto in un contratto venga applicato rispettano le tempistiche. È necessaria l’immediata creazione di un sostegno economico, denominato in-work benefit per lavoratori autonomi poveri e per abbattere la criminalità.
 
La povertà è una delle principali cause della diffusione della criminalità, soprattutto tra giovani. La creazione di supporti e di fondi, giova al miglioramento del contesto sociale, e di conseguenza, dello sviluppo del paese.
Respinto
  • Voti totali: 83
  • Favorevoli: 20
  • Contrari: 29
  • Astenuti: 34
il 30/03/2022
C. C. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
Art. 4
i lavoratori part-time, debbono essere tutelati come un lavoratore full time. Cioè significa che deve essere retribuito con una paga proporzionale alla qualità e quantità del lavoro svolto.
Respinto
  • Voti totali: 83
  • Favorevoli: 24
  • Contrari: 26
  • Astenuti: 33
il 31/03/2022
N. T. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
EMENDAMENTO PROPOSTO
La direttiva non dà indicazioni dirette sul metodo di quantificazione del salario, ma lascia i singoli stati liberi di determinarne il valore, tenendo conto delle proprie condizioni socioeconomiche. Si richiede al Ministero del Lavoro di stabilire la quantificazione mediante un’indagine statistica rilevata sul territorio nazionale. Il ministero del lavoro, altresì stabilisce le sanzioni verso coloro che non rispettano la soglia minima di retribuzione.
Respinto
  • Voti totali: 82
  • Favorevoli: 20
  • Contrari: 30
  • Astenuti: 32
il 02/04/2022
F. C. - ANCONA
ha proposto il seguente emendamento:
Dopo l'articolo 1.2 inserire il seguente:
«Art. 1.2-bis.
Tale retribuzione deve essere corrisposta al lavoratore entro e non oltre il termine dalla legge e in caso non venga rispettata questa clausola il datore di lavoro deve pagare un'ammenda e deve chiudere la sua attività per 15 giorni.
Respinto
  • Voti totali: 84
  • Favorevoli: 18
  • Contrari: 32
  • Astenuti: 34
il 02/04/2022
A. F. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento articolo 2
2.1 : Al comma 1 dell’articolo 2 va eliminata la parola “netta” e alla fine del comma vanno aggiunte le parole: “al netto dei contributi previdenziali e assistenziali”.

2.2 : Si aggiunge interamente il comma 2.2: Il valore del salario minimo orario garantito di cui al comma 1 non può essere inferiore a 8,50 euro al netto dei contributi previdenziali e assistenziali e si applica a tutti i rapporti aventi per oggetto una prestazione lavorativa.

2.3 : Si aggiunge interamente il comma 2.3: “Il salario minimo orario è aggiornato il 1° gennaio di ogni anno in base alla variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati definito dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)”.
Approvato
  • Voti totali: 86
  • Favorevoli: 85
  • Contrari: 0
  • Astenuti: 1
il 02/04/2022
V. A. - Capodrise
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento all’articolo 11
11.1 Il comma 1 dell’art. 11 è interamente sostituito come segue: “Gli effetti normativi, contrattuali e retributivi di quanto stabilito dal presente disegno di legge si applicano a tutti i contratti collettivi nazionali di lavoro e ai contratti individuali che disciplinano rapporti di lavoro subordinato, il cui rinnovo o la cui stipula è successiva all’entrata in vigore della legge attuativa.”11.2. Il comma 2 dell’art. 11 è interamente sostituito come segue: “Tale disposizione si estende anche a tutti i contratti collettivi nazionali di lavoro e ai contratti individuali che disciplinano rapporti di lavoro subordinato, stipulati prima dell’entrata in vigore del presente disegno di legge e non ancora scaduti.”
Approvato
  • Voti totali: 85
  • Favorevoli: 76
  • Contrari: 3
  • Astenuti: 6
il 02/04/2022
A. F. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento articolo 8
8.1 : Le parole “È demandato alle Commissioni ordinarie della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, aventi competenza sull’oggetto e sulle finalità del presente disegno di legge, il compito:” sono sostituite con le parole: “È istituita, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, una “Commissione” con il compito:”;
la lettera a) è interamente soppressa;
alla lettera b) le parole “per il suo aggiornamento” sono sostituite dalle parole “per l’aggiornamento del salario minimo”.

8.2 : Il comma 2 dell’art.8 è interamente soppresso e sostituito dal seguente comma: “I membri della Commissione sono nominati, con proprio decreto, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.”

8.3 : I membri della Commissione, presieduta dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, comprendono:
a) un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
b) un rappresentante dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS);
c) un rappresentante dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT);
d) un rappresentante dell’Ispettorato nazionale del lavoro (INL);
e) un numero pari di rappresentanti delle associazioni dei prestatori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale.
Approvato
  • Voti totali: 86
  • Favorevoli: 86
  • Contrari: 0
  • Astenuti: 0
il 02/04/2022
V. A. - Capodrise
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento dell’articolo 12
12. 1: Il comma 1 dell’art. 12 è interamente sostituito come segue: “Il datore di lavoro che, in violazione delle disposizioni del presente disegno di legge, corri¬sponde al lavoratore compensi inferiori al salario minimo orario stabilito per legge, è tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa, il cui ammontare è stabilito dalla Commissione di cui all’art. 8.”

-12.2. Il comma 2 dell’art. 12 è interamente aggiunto nel testo che segue: “Le disposizioni di cui all’art. 12, comma 1, del presente disegno di legge non si applicano al datore di lavoro che, entro e non oltre sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, adegui il trattamento economico previsto dal contratto di lavoro individuale alle nuove disposizioni in materia.”
Approvato
  • Voti totali: 85
  • Favorevoli: 77
  • Contrari: 3
  • Astenuti: 5
il 03/04/2022
F. S. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento all’articolo 10
10.1. Il comma 1 dell’art. 10 è interamente soppresso e sostituito dal seguente comma:
Approvata da entrambe le Camere, la
relazione conclusiva del lavoro delle
della Commissione di cui all’art. 8 del presente disegno di legge, la redazione finale dell’art. 8 è integrata, tramite apposito decreto legislativo, col seguente comma: “l’importo della sanzione amministrativa per il datore di lavoro che, in violazione delle disposizioni previste dal presente disegno di legge, corrisponde al lavoratore compensi inferiori al salario minimo orario di cui all’ articolo 1, viene fissato nella somma di euro …”.
Approvato
  • Voti totali: 86
  • Favorevoli: 80
  • Contrari: 2
  • Astenuti: 4
il 03/04/2022
F. S. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento all’articolo 10
10.1. Il comma 1 dell’art. 10 è interamente soppresso e sostituito dal seguente comma:
Approvata da entrambe le Camere, la
relazione conclusiva del lavoro delle
della Commissione di cui all’art. 8 del presente disegno di legge, la redazione finale dell’art. 8 è integrata, tramite apposito decreto legislativo, col seguente comma: “l’importo della sanzione amministrativa per il datore di lavoro che, in violazione delle disposizioni previste dal presente disegno di legge, corrisponde al lavoratore compensi inferiori al salario minimo orario di cui all’ articolo 1, viene fissato nella somma di euro …”.
Approvato
  • Voti totali: 86
  • Favorevoli: 81
  • Contrari: 1
  • Astenuti: 4
il 03/04/2022
F. S. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento all’articolo 10
10.1. Il comma 1 dell’art. 10 è interamente soppresso e sostituito dal seguente comma:
Approvata da entrambe le Camere, la
relazione conclusiva del lavoro delle
della Commissione di cui all’art. 8 del presente disegno di legge, la redazione finale dell’art. 8 è integrata, tramite apposito decreto legislativo, col seguente comma: “l’importo della sanzione amministrativa per il datore di lavoro che, in violazione delle disposizioni previste dal presente disegno di legge, corrisponde al lavoratore compensi inferiori al salario minimo orario di cui all’ articolo 1, viene fissato nella somma di euro …”.
Approvato
  • Voti totali: 84
  • Favorevoli: 80
  • Contrari: 1
  • Astenuti: 3
il 03/04/2022
F. S. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento all’articolo 10
10.1. Il comma 1 dell’art. 10 è interamente soppresso e sostituito dal seguente comma:
Approvata da entrambe le Camere, la
relazione conclusiva del lavoro delle
della Commissione di cui all’art. 8 del presente disegno di legge, la redazione finale dell’art. 8 è integrata, tramite apposito decreto legislativo, col seguente comma: “l’importo della sanzione amministrativa per il datore di lavoro che, in violazione delle disposizioni previste dal presente disegno di legge, corrisponde al lavoratore compensi inferiori al salario minimo orario di cui all’ articolo 1, viene fissato nella somma di euro …”.
Approvato
  • Voti totali: 84
  • Favorevoli: 80
  • Contrari: 1
  • Astenuti: 3
il 03/04/2022
F. S. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento all’articolo 9

9.1. Le parole: “Entro 12 mesi dalla data di promulgazione della presente legge, le Commissioni riferiscono”
sono sostituite dalle parole: “Entro 3 mesi dalla data di promulgazione della presente legge, la Commissione riferisce”; le parole: “ad esse” sono sostituite dalle parole: “ad essa”.
Approvato
  • Voti totali: 84
  • Favorevoli: 81
  • Contrari: 2
  • Astenuti: 1
il 03/04/2022
S. M. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento all’articolo 7
7.1 Le parole “ed in modo parimenti obbligatorio” sono eliminate.
Approvato
  • Voti totali: 84
  • Favorevoli: 82
  • Contrari: 2
  • Astenuti: 0
il 03/04/2022
C. C. - Caivano (NA)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento all'articolo 1
1.3 Il comma 1.3 va interamente sostituito con il seguente: “Nessuna prestazione di lavoro subordinato, a tempo determinato ovvero indeterminato, può essere retribuita al di sotto di dell’“importo minimo netto” predeterminato per legge.”
Approvato
  • Voti totali: 83
  • Favorevoli: 77
  • Contrari: 4
  • Astenuti: 2
il 03/04/2022
C. C. - Caivano (NA)
ha proposto il seguente emendamento:
Subemendamento dell’articolo 8
8.4 – all'articolo 8 si aggiunge interamente il seguente comma: “L’aggiornamento del valore del salario minimo orario, di cui alla lettera b), comma 1 del presente articolo, è disposto con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, su proposta della Commissione.
Approvato
  • Voti totali: 82
  • Favorevoli: 74
  • Contrari: 4
  • Astenuti: 4
il 04/04/2022
A. U. - MARCIANISE (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento all’articolo 4

Le parole “dalle Commissioni di cui all’articolo 8.” sono sostituite dalle seguenti: “dalla Commissione di cui al successivo art. 8 del presente disegno di legge”; inoltre, alla fine del comma 4.1 si aggiungono le parole: “…, salvo che contengano speciali condizioni più favorevoli al prestatore di lavoro.”
Approvato
  • Voti totali: 84
  • Favorevoli: 82
  • Contrari: 1
  • Astenuti: 1
il 04/04/2022
V. V. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento all’articolo 6
6.1 Le parole “del testo attualmente in vigore” sono abrogate.
Approvato
  • Voti totali: 83
  • Favorevoli: 80
  • Contrari: 1
  • Astenuti: 2
il 04/04/2022
L. M. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento all’articolo 13
13.1. Le parole “Come prevede l’articolo 81 della Costituzione” sono abrogate.
Approvato
  • Voti totali: 84
  • Favorevoli: 83
  • Contrari: 1
  • Astenuti: 0
il 04/04/2022
C. T. - MARCIANISE(CE)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento all’articolo 14

14.1 L’articolo 14 è interamente soppresso.
Approvato
  • Voti totali: 84
  • Favorevoli: 80
  • Contrari: 1
  • Astenuti: 3
il 04/04/2022
T. S. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento all’articolo 1
1.2 Le parole “Il salario minimo orario è la retribuzione” sono sostituite dalle parole seguenti: “Per salario minimo orario garantito s’intende”.
Approvato
  • Voti totali: 84
  • Favorevoli: 82
  • Contrari: 1
  • Astenuti: 1
il 04/04/2022
A. T. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento all’articolo 6
6.2 Il comma 2 dell’art. 6 è abrogato interamente.
Approvato
  • Voti totali: 84
  • Favorevoli: 83
  • Contrari: 1
  • Astenuti: 0
il 04/04/2022
G. C. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento all’articolo 1
Nel comma 1.1: alle parole “a una retribuzione” si sostituiscono le parole: “ad una retribuzione”;
alle parole “come sancito dall’articolo 36 della Costituzione,” si sostituiscono le parole: “come richiesto dall’articolo 36 della Costituzione,”.
Approvato
  • Voti totali: 84
  • Favorevoli: 82
  • Contrari: 1
  • Astenuti: 1
il 04/04/2022
A. S. - Marcianise (CE)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento all’articolo 1
1.2 Le parole “Il salario minimo orario è la retribuzione” sono sostituite dalle parole seguenti: “Per salario minimo orario garantito s’intende”.
Approvato
  • Voti totali: 84
  • Favorevoli: 82
  • Contrari: 1
  • Astenuti: 1

ONOREVOLI SENATORI! Poniamo alla Vostra attenzione il delicato tema del salario minimo garantito. Il salario minimo è la retribuzione di base per i lavoratori di differenti categorie, stabilita per legge, in un determinato arco di tempo. È in sostanza una “soglia limite” di salario sotto la quale il datore di lavoro non può scendere.
 Un aspetto preliminare che il tema del salario minimo garantito pone è quello della compatibilità costituzionale. Nel diritto costituzionale vivente, l’art. 36 ha assunto il valore di norma precettiva: esso attribuisce al lavoratore un diritto soggettivo perfetto alla giusta retribuzione.
La nostra Costituzione non ha introdotto una riserva di legge in materia retributiva e neppure una riserva in favore della contrattazione collettiva, rinunciando a individuare in modo cogente la strada attraverso cui si sarebbe dovuta garantire l’attuazione del suo art. 36. Quest’ultima disposizione, pertanto, non costituisce ostacolo all’introduzione di un salario minimo previsto per legge.
Il lavoratore – secondo l’articolo 36 della Costituzione – ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa: «libera» dai bisogni essenziali; e «dignitosa» affinché garantisca il libero e pieno sviluppo della personalità del lavoratore e della sua famiglia.  Il salario non deve essere un mezzo di mortificazione delle persone, né un premio, ma il giusto compenso per ciò che è stato fatto. Sembra un’ovvietà, ma non lo è affatto.
Nonostante il tono imperativo della Costituzione, dunque, mai la legge ha fissato il minimo salariale, lasciando tale spinosa questione ai contratti collettivi nazionali di lavoro. I cosiddetti CCNL regolano il «minimo sindacale» in base al tipo di attività svolta, all’inquadramento e all’anzianità di servizio. Sotto tale soglia il datore di lavoro non può mai scendere, ma nulla esclude la possibilità di accordare uno stipendio superiore. In questo il datore di lavoro non è tenuto a rispettare il pari trattamento tra i dipendenti, ben potendo riconoscere ad alcuni di questi premi e incentivi non garantiti ad altri, purché ciò non nasconda un intento discriminatorio (ad esempio tra uomini e donne).
Tra le motivazioni che giustificano la proposta del presente disegno di legge, dunque, c’è sicuramente la volontà di garantire un salario che permetta una vita dignitosa a tutti i lavoratori.
Attualmente, le regole sulla retribuzione minima vengono, quindi, stabilite dalla contrattazione nazionale. Di conseguenza, molti lavoratori che operano nei settori non coperti da CCNL non beneficiano di questa tutela, e spesso il livello minimo previsto non è adeguato a garantire uno stile di vita dignitoso.
Nonostante l’articolo 36 della Costituzione, si sente spesso parlare di sfruttamento del lavoro, soprattutto nell’attuale contesto della grave crisi economica e sociale inasprita dall’epidemia da Covid-19 e dallo scoppio della guerra in Ucraina. È stato attribuito, a lungo, questo fenomeno al solo lavoro subordinato. Per secoli è stato così: il potere del datore si è trasformato in abuso, e l’abuso è diventato schiavitù. Ma non è ormai più solo nei rapporti di lavoro dipendente che si consuma lo sfruttamento. C’è quello ai danni dei lavoratori autonomi che svolgono la loro attività lavorativa per i committenti «forti» come banche, assicurazioni e Pubbliche Amministrazioni, a cui vengono affidati incarichi in molti casi sottopagati; così il legislatore ha dovuto approvare la legge sull’equo compenso (Legge del 4 dicembre 2017, n. 172).
C’è poi lo sfruttamento dei praticanti che vogliono imparare una professione ma che ricevono un «contributo spese» da fame, pur sgobbando giorno e notte all’interno di studi affermati. C’è lo sfruttamento dei collaboratori universitari, giovani appena laureati che vogliono fare esperienza all’interno dell’ateneo, nella speranza di acquisire una posizione stabile, ma che di fatto finiscono per essere servi del docente, manodopera gratuita per sgravarsi di lavoro. Ed è anche “sfruttamento” quello ai danni dell’imprenditore o del professionista che, pur lavorando per il proprio cliente, non viene poi pagato. Perché lo sfruttamento del lavoro consiste proprio in questo: svolgere una prestazione senza ricevere il giusto compenso, come invece gli articoli 35 e 36 della Costituzione impongono: «ogni lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa». Ed oggi esiste anche lo sfruttamento di coloro che sono impegnati nella creazione dei contenuti digitali, sfruttamento operato dalle piattaforme web che, coi loro algoritmi segreti e non verificabili, decidono se e quando un utente debba guadagnare con le proprie opere dell’ingegno. Emerge, anche in questo caso, la necessità di comprenderne approfonditamente il tipo di lavoro e le specifiche dinamiche reali, anche al fine di verificare l’adeguatezza degli strumenti di tutela al momento disponibili nell’ordinamento giuridico. La materia è tanto interessante che a livello istituzionale i profili identitari e di tutela sono già stati al centro d’una indagine conoscitiva avviata nell’aprile 2021 da parte della Commissione Lavoro pubblico e privato della Camera dei Deputati, allo scopo di acquisire dati di conoscenza utili a formulare una proposta legislativa coerente con le caratteristiche di coloro che tramite il web condividono il frutto della propria creatività.
Con il nostro disegno di legge intendiamo, inoltre, contrastare alcune tendenze presenti nel mercato del lavoro che causano la svalutazione del salario. Si tratta di un’ampia gamma di pratiche intenzionalmente abusive e l’elusione della legislazione europea e nazionale vigente (comprese le leggi e i contratti collettivi universalmente applicabili), che permettono lo sviluppo di una concorrenza sleale riducendo illegalmente i costi operativi e legati alla manodopera e danno luogo a violazioni dei diritti dei lavoratori e allo sfruttamento di questi ultimi. Tali pratiche collegate a strategie di delocalizzazione che permettono al datore di lavoro di aumentare gli utili dell’impresa, avere costi più bassi ed essere più competitivo sul mercato. Vantaggi che si traducono, però, in una perdita di valore del salario per il lavoratore, determinando uno sbilanciamento tra il salario che il lavoratore percepisce in base alle regole applicate nel mercato del lavoro estero e quello che egli percepirebbe se fossero applicate le regole vigenti nel nostro Paese. Gli effetti di questa pratica non interessano solo la retribuzione, ma si estendono anche ai diritti dei lavoratori.
A sostegno delle motivazioni che sono alla base del disegno di legge, tuttavia, basterebbe qui la sola e semplice lettura, senza alcun commento, di alcuni articoli della Costituzione. Che, non pare superfluo ricordarlo, tutti siamo tenuti ad osservare. E che, cosa forse ancor più importante, ha contenuto prescrittivo, e non solo meramente programmatico, in tutte le sue norme.
È tutta e solo nella Costituzione, dunque, e non nella polemica politico-ideologica di parte, la motivazione della giustezza e della indispensabilità che si giunga all’attivazione e alla concretizzazione della nozione di “salario minimo garantito” per tutti i lavoratori dipendenti, qualunque sia la forma di contrattualizzazione di forme e modalità della loro prestazione. Persino laddove la Carta costituzionale non nomina e non usa esplicitamente il termine «lavoro». Poiché infatti, attivare il «salario minimo garantito», prima ancora di essere una ulteriore forma di tutela contro «lo sfruttamento» e il “lavoro sottopagato», vuole e deve essere una nuova e aggiornata forma di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo: di uguaglianza e di libertà. Si richiama, in tale prospettiva, alla Vostra attenzione quanto recita il comma 2 dell’art. 3 della Costituzione: «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
Non crediamo vi sia nessuno in quest’aula che possa anche solo ipotizzare che non esistano oggi retribuzioni, pur perfettamente legali, risultanti «di fatto», per riprendere la locuzione non a caso usata dai Costituenti, al di sotto di qualsivoglia minimo accettabile «sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa», come recita l’inciso finale del comma 1 dell’art. 36 della Costituzione. Ma su tale articolo si tornerà più avanti. Si richiama l’attenzione sull’aggettivo usato dai Costituenti: “dignitosa”. Non c’è alcun bisogno, pare, di ricorrere a dotte e raffinate analisi di dottrina costituzionalista per comprendere quanto e come i costituenti, nel tutelare il lavoratore, avessero in mente tale forma di tutela come facente parte di una tutela più ampia, articolata e profonda: la tutela dell’essere umano, dell’uomo in quanto persona vivente. Non solo e non tanto in quanto soggetto di rapporti contrattuali.
Basterebbe ricordare, al riguardo le parole del tutto inequivoche usate, non da un costituzionalista (e perciò comunque opinabili), ma dalla stessa Corte Costituzionale, in una sua pronuncia, la n. 559 del 1987: «l'assumere che il principio di corrispettività nel rapporto di lavoro si risolve meccanicamente, salvo deroghe eccezionali, in una relazione biunivoca tra prestazione lavorativa e retribuzione urta contro il concetto di retribuzione assunto dall'art. 36 Cost., che non è mero corrispettivo del lavoro, ma compenso del lavoro proporzionale alla sua quantità e qualità e, insieme, mezzo normalmente esclusivo per sopperire alle necessità vitali del lavoratore e dei suoi familiari, che deve essere sufficiente ad assicurare a costoro un'esistenza libera e dignitosa. Per realizzare tale funzione della retribuzione, il legislatore può provvedere non solo mediante strumenti previdenziali e di sicurezza sociale, ma anche imponendo determinate prestazioni all'imprenditore: ciò per la ragione che nel rapporto il lavoratore impegna non solo le proprie energie lavorative ma - necessariamente ed in modo durevole - la sua stessa persona, coinvolgendovi una parte dei suoi interessi e rapporti personali e sociali».
Dunque, la necessità di giungere ad una forma di garanzia salariale minima stabilita per legge, non è pretesa politicamente o ideologicamente motivata e/o orientata; non è nemmeno una esigenza dettata da situazioni storiche, sociali, economiche, contingenti; ma esigenza auspicata da uno dei massimi organi dello Stato, in tempi senz’altro socialmente ed economicamente meno drammatici degli attuali.
Inoltre, appare evidente che le argomentazioni usate dalla Corte rimandano ad una concezione della Carta Costituzionale oramai di pacifica acquisizione, nota nella dottrina giuridica come “concezione personalistica della Costituzione”, che va considerata come uno dei pilastri, dei cardini, di tutta la nostra Costituzione.
In questo senso, illuminanti sono le parole di un illustre costituzionalista nonché ex Presidente della Corte Costituzionale, Giovanni Maria Flick:
«La pari dignità sociale assume nell’art. 3 Cost. un rilievo fondamentale, sia emblematicamente che precettivamente. Essa si affianca all’uguaglianza di fronte alla legge, in senso formale; pone la premessa per l’impegno a raggiungere una eguaglianza in senso anche sostanziale, che riveste un significato diverso da quella in senso formale; apre la via al legame essenziale fra solidarietà e dignità, per superare la contraddizione tra eguaglianza e diversità intesa come premessa di discriminazione. Altrettanto importanti sono le prospettive di concretezza - e quindi di operatività - che il valore della dignità assume nell’art. 36 Cost., con riferimento non solo al tema della retribuzione, ma anche a quello di un’esistenza libera e dignitosa.  La retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro esprime la tutela del sinallagma contrattuale attraverso la specifica posizione del lavoratore, contraente debole; ma esprime altresì ‘in ogni caso’ il superamento del sinallagma nella prospettiva di tutela della dignità del singolo e della prima e fondamentale formazione sociale in cui egli si realizza, la famiglia. Il rischio di una valenza soltanto retorica e di principio di tale valore è agevolmente superabile, se si tengono presenti le applicazioni specifiche che ne sono state proposte dalla giurisprudenza costituzionale e ordinaria. Tali applicazioni pongono in evidenza sia il rapporto fra dignità e lavoro; sia il significato e rilievo costituzionale di quest’ultimo. Il lavoro è inteso come premessa dell’assetto costituzionale di democrazia e dignità (art. 1 Cost.); come diritto e dovere di ciascuno (art. 4); come fondamento di eguaglianza e di pari dignità sociale; come divieto di discriminazione oltre che come condizione e premessa per lo sviluppo della personalità, per un’esistenza libera e dignitosa del lavoratore e del suo primo gruppo sociale di riferimento e di realizzazione (la famiglia)».
Parole, queste, che già da sole potrebbero e dovrebbero risultare più che sufficienti a far comprendere quanto e come l’attivazione del “salario minimo garantito” sia non una scelta di parte, ideologicamente orientata, ma “solo” adempimento di obblighi costituzionali. Ma vi è altro che il Parlamento deve tener presente, ne può evitare di farlo: l’art. 41 della Costituzione recita che «l'iniziativa economica privata … non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla dignità umana». Si richiama l’attenzione sulla locuzione “dignità umana”.  Essa, enunciata fin dall’art. 3, ripresa nell’art.36, ritorna di nuovo, esattamente identica, ma da un'altra prospettiva normativa: se all’art. 36 essa si presentava in forma “positiva”, cioè di tutela, di protezione di un diritto, qui si presenta come “proibizione”, come un “dovere”.
Ma laddove è prescritto dalla legge l’adempimento di un dovere, ciò non può non implicare il potere di controllo che tale dovere sia adempiuto; e, di conseguenza, anche il potere di sanzionare tale mancato adempimento. Potere di controllo e potere di sanzionare che, in tutta evidenza, spetta in primo luogo al Parlamento rendere effettivo. Appunto, legiferando in merito. E, nel caso di specie, il contenuto di questo “dovere” da osservare è esattamente lo stesso del “diritto” da tutelare. Cioè, in primo luogo il rispetto della dignità della persona umana. Solo “dopo”, in maniera subordinata, tale rispetto diventa rispetto di un sinallagma contrattuale.
Solo tenendo presente quanto finora detto, allora, si può comprendere appieno la valenza dell’articolo 1 della nostra Costituzione. La nostra Repubblica è democratica e fondata sul lavoro; ma su un lavoro che sia espressione, come si è visto, in primo luogo di rispetto e tutela della dignità dell’uomo. Dunque, finché il lavoro non riceve piena tutela della sua dignità, la Repubblica sarà un po’ meno democratica.
ONOREVOLI SENATORI, dalle aule di scuola, noi giovani, e futuri lavoratori, ne usciamo dopo aver studiato e appreso che la Costituzione della Repubblica italiana è la più bella del mondo, perché, riprendendo le parole di Giovanni Fornero, «tutela i diritti individuali non allo scopo di promuovere un interesse superiore o pubblico. Li tutela invece nell’interesse della persona. Nelle norme costituzionali, l’uomo non è mezzo per raggiungere altri fini. Esso è invece il fine ultimo dell’ordinamento».
Tocca a voi, ONOREVOLI SENATORI, dimostrare fattivamente che la nostra Costituzione non è fatta di «proclami senza attuazioni».

Art. 1

1. Al fine di dare attuazione al diritto di ogni lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa, come richiesto dall’articolo 36 della Costituzione, è istituito il “salario minimo orario garantito”.
2.    Per salario minimo orario garantito s’intende la retribuzione oraria minima, stabilita per legge, che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere ai lavoratori di differenti categorie, in un determinato arco di tempo. Tale retribuzione non può essere in alcun modo ridotta da accordi collettivi o da contratti privati.
3.    Nessuna prestazione di lavoro subordinato, a tempo determinato ovvero indeterminato, può essere retribuita al di sotto dell’“importo minimo netto” predeterminato per legge.


Art. 2

1.    La locuzione “importo minimo netto” di cui all’art. 1, comma 3, del presente disegno di legge va riferita tassativamente ed esclusivamente alla retribuzione al netto dei contributi previdenziali e assistenziali.
2.    Il valore del salario minimo orario garantito di cui al comma 1 non può essere inferiore a 8,50 euro al netto dei contributi previdenziali e assistenziali e si applica a tutti i rapporti aventi per oggetto una prestazione lavorativa.
3.    Il salario minimo orario è aggiornato il 1° gennaio di ogni anno in base alla variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati definito dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).


Art. 3

1. Negli ambiti di attività lavorative coperti dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni di rappresentanza, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore, a cui si applica la disciplina del lavoro subordinato, il salario minimo garantito di cui all’art.1, comma1, quale trattamento economico minimo.


Art. 4

1. Negli ambiti di attività lavorative non coperti dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni di rappresentanza, è istituito il salario minimo garantito di cui all’art.1, comma1, quale trattamento economico minimo che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore a cui si applica la disciplina del lavoro subordinato, secondo gli importi e le modalità determinati dalla Commissione di cui al successivo art. 8 del presente disegno di legge, salvo che contengano speciali condizioni più favorevoli al prestatore di lavoro.


Art. 5

1. Rientrano nell’obbligatorietà di cui agli artt. 1, 2, 3 e 4 del presente disegno di legge le prestazioni lavorative, qualunque sia la loro disciplina contrattuale, aventi carattere di “prestazione di lavoro straordinario”.


Art. 6

1. Gli articoli da 1 a 5 del presente disegno di legge sono inseriti, con apposita legge di modificazione normativa, nel Libro V, Capo III, del Codice Civile.


Art. 7

1. L’obbligo di cui agli artt. 1, 2, 3 e 4 del presente disegno di legge è esteso ad ogni tipologia di contrattazione tra le parti.


Art. 8

1. È istituita, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, una “Commissione” con il compito:
a)    di individuare i criteri per l’aggiornamento del salario minimo;
b)    di stabilire l’ammontare della sanzione amministrativa per il datore di lavoro che, in violazione delle disposizioni previste dal presente disegno di legge, corrisponde al lavoratore compensi inferiori al salario minimo orario di cui all’ articolo 1.
2. I membri della Commissione sono nominati, con proprio decreto, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. I membri della Commissione, presieduta dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, comprendono:
a)    un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
b)    un rappresentante dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS);
c)    un rappresentante dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT);
d)    un rappresentante dell’Ispettorato nazionale del lavoro (INL);
e)    un numero pari di rappresentanti delle associazioni dei prestatori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale.
4. L’aggiornamento del valore del salario minimo orario, di cui alla lettera a), comma 1 del presente articolo, è disposto con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, su proposta della Commissione.


Art. 9

1. Entro 3 mesi dalla data di promulgazione della presente legge, la Commissione riferisce al Parlamento sugli esiti del lavoro svolto in relazione ai compiti ad essa assegnati dall’art. 8 del presente disegno di legge.


Art. 10

1. Approvata da entrambe le Camere la relazione conclusiva del lavoro della Commissione di cui all’art. 8 del presente disegno di legge, la redazione finale dell’art. 8 è integrata, tramite apposito decreto legislativo, col seguente comma: “l’importo della sanzione amministrativa per il datore di lavoro che, in violazione delle disposizioni previste dal presente disegno di legge, corrisponde al lavoratore compensi inferiori al salario minimo orario di cui all’ articolo 1, viene fissato nella somma di euro”.


Art. 11

1.    Gli effetti normativi, contrattuali e retributivi di quanto stabilito dal presente disegno di legge si applicano a tutti i contratti collettivi nazionali di lavoro e ai contratti individuali che disciplinano rapporti di lavoro subordinato, il cui rinnovo o la cui stipula è successiva all’entrata in vigore della legge attuativa.
2.    Tale disposizione si estende anche a tutti i contratti collettivi nazionali di lavoro e ai contratti individuali che disciplinano rapporti di lavoro subordinato, stipulati prima dell’entrata in vigore del presente disegno di legge e non ancora scaduti.


Art. 12

1.    Il datore di lavoro che, in violazione delle disposizioni del presente disegno di legge, corrisponde al lavoratore compensi inferiori al salario minimo orario stabilito per legge, è tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa, il cui ammontare è stabilito dalla Commissione di cui all’art. 8.
2.    Le disposizioni di cui all’art. 12, comma 1, del presente disegno di legge non si applicano al datore di lavoro che, entro e non oltre sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, adegui il trattamento economico previsto dal contratto di lavoro individuale alle nuove disposizioni in materia.


Art.13

1.    Gli oneri finanziari derivanti dal presente disegno di legge sono individuati dal Governo, sulla base di un esame svolto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
2.    Con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali è indicata, all’interno della Legge di Bilancio, la copertura finanziaria necessaria all’attuazione del presente disegno di legge.