STORIA DELLA SICCITA' IN SARDEGNA: L'ETERNA ESTATE!!!

  • Pubblicato il 01/03/2024
  • da S. I. - Sarule (Nuoro)

“In Sardegna, non piove regolarmente, ma si alternano periodi di grande piovosità a periodi di grande siccità; pertanto, si crea l’urgenza di accumulare scorte d’acqua nei periodi di piovosità, per usarla nei periodi di siccità. La metà dell’acqua delle precipitazioni ritorna nell’atmosfera per evaporazione, per traspirazione, per l’azione dei venti, oppure s’infiltra nel terreno, perdendosi in falde difficilmente raggiungibili; un altro quarto defluisce in mare, non invasabile per motivi morfologici e topologici, a causa della presenza di bassopiani e l’assenza di conche d’invaso; l’ultimo quarto, infine, circa quattro miliardi e mezzo di metri cubi d’acqua, è disponibile per essere invasata in bacini artificiali.
Come sappiamo, la Sardegna ha avuto diverse dominazioni: ogni volta che “il vincitore” ha impostato il problema dell’acqua su di un piano “pratico”, cioè sulla ricerca, captazione, accumulo, canalizzazione e distribuzione dell’acqua, allora è seguito un certo sviluppo economico e sociale; se, invece, il “vincitore di turno” trascurava la soluzione pratica, allora l’acqua diventava oggetto di magia. I primi grandi raccoglitori d’acqua, in Sardegna, furono i “nuragici”. Ancora oggi, possiamo vedere che ogni “nucleo nuragico” aveva un suo “pozzo sacro”, cioè un serbatoio d’acqua accumulata in previsione dell’inaridimento delle sorgenti durante i periodi di siccità, una scorta d’acqua proclamata “sacra”; come sempre, nelle società tribali, al momento economico si sovrapponeva il momento religioso: il “capotribù” era, anche, il “sacerdote”, custode e distributore delle riserve accumulate nel “pozzo sacro.
I primi conquistatori della Sardegna, i fenicio-punici, per approvvigionare le loro “citta’” costiere (Nora, Tarros, Bosa, Olbia) costruirono grandi depositi d’acqua, le famose “cisterne puniche”; i reperti archeologici ci dicono che i Romani importarono in Sardegna, assieme alla tecnica delle perfette strade, la tecnica dei perfetti acquedotti.
La dominazione bizantina sembra aver disgregato tutta l’organizzazione romana per la raccolta e l’accumulo dell'acqua: invece che alla “previdenza”, fecero ricorso alla “provvidenza”, alla magia, alle parole incantatorie per scongiurare la siccità. Durante il periodo dei “Giudicati sardi”, in Sardegna penetrarono gli influssi delle civiltà marinare di Pisa e Genova e, soprattutto, degli ordini monastici;i monasteri sorsero fiorenti nuclei rurali, dove furono adottate tutte le tecniche: la captazione, l’accumulazione, la canalizzazione e la distribuzione delle acque. La successiva dominazione spagnola in Sardegna trascurò completamente il problema delle acque; seguirono carestie, peste e colera. I Piemontesi si proposero la costruzione di “grandi depositi d’acqua, ma dimenticarono di far affluire i fondi. Nel 1949, fu eletto il “primo” Consiglio Regionale della Regione Autonoma a Statuto Speciale: la “politica delle acque” ricevette maggiore impulso e l’Ente autonomo del Flumendosa portò a termine il maggior sistema idrico esistente in Sardegna.