Interventi in favore dei minori e dei giovani adulti provenienti e/o inseriti in contesti di criminalità organizzata

  • Pubblicato il 15 Marzo 2023
  • da Liceo Classico Galluppi, Tropea (Vibo Valentia)
Interventi in favore dei minori e dei giovani adulti provenienti e/o inseriti in contesti di criminalità organizzata

Il presente disegno di legge propone di rendere operativo su tutto il territorio statale e adeguatamente finanziato l’accordo sottoscritto a Reggio Calabria, in data 1 luglio 2017, dalla Regione Calabria con il Ministero della Giustizia, il Ministero dell’interno e i Tribunali per i minorenni di Catanzaro e di Reggio Calabria e finalizzato alla realizzazione del progetto “Liberi di scegliere”. Prevede interventi e azioni in favore dei minori e dei giovani adulti provenienti e/o inseriti in contesti di criminalità organizzata attraverso la realizzazione di percorsi personalizzati di rieducazione, sostegno e reinserimento sociale.
Generalmente, prima si scrive una legge e, successivamente, la si attua con regolamenti o altri provvedimenti ad hoc. In questo caso, l’iter è rovesciato: a fronte di tanti protocolli d’intesa stipulati da diverse regioni sul modello di quello siglato a Reggio Calabria, si vuole recepire uno strumento vincente e salutato come indispensabile per promuovere valide alternative esistenziali ai minori provenienti da contesti familiari mafiosi, traducendolo in legge statale. Solo lo Stato, infatti, può coordinare l’attività posta in essere dalle regioni e far sì che le azioni e gli interventi siano efficaci su tutto il territorio.
La finalità è quella di fornire libertà ai giovani e dar loro la possibilità di incominciare una nuova vita all’insegna della legalità e della giustizia, quindi anche la possibilità di offrire loro l’assistenza psicologica di specialisti e un’opportunità di riscatto attraverso un lavoro onesto.
La lotta alla criminalità è articolata e complessa ed è compito dello Stato ricreare le condizioni per permettere a tutti i giovani di scegliere uno stile di vita alternativo al contesto familiare che hanno subìto.
La proposta vuole offrire un sostegno educativo, formativo, psicologico, ma anche logistico, economico e lavorativo ai minori e alle loro famiglie nei contesti della criminalità organizzata, ovunque presenti. Solo con una rete adeguata di supporto ai minori e agli adulti che desiderino affrancarsi dalle logiche della ‘ndrangheta si possono prevedere e realizzare azioni efficaci (di natura educativa, psicologica, scolastica, economica o lavorativa) ai minori e ai nuclei familiari destinatari di provvedimenti giudiziari con la finalità di garantire nuove possibilità di vita.
Al fine di descrivere la ratio legis della presente proposta si richiama uno stralcio dell’accordo sottoscritto a Reggio Calabria in data 1 luglio 2017 dalla Regione Calabria con il Ministero della Giustizia, il Ministero dell’interno e i Tribunali per i minorenni di Catanzaro e di Reggio Calabria e finalizzato alla realizzazione del progetto “Liberi di scegliere”. In proposito si rammenta che:
- la Dichiarazione dei diritti del Fanciullo, adottata dall’ Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1959 dichiara che il fanciullo a causa della sua immaturità fisica e intellettuale, ha bisogno di una particolare attenzione e di cure speciali, compresa un’adeguata protezione giuridica;
- la successiva Risoluzione del 29 novembre 1985 - Regole di Pechino in materia di giustizia minorile, afferma che adeguata protezione giuridica deve essere vista come parte integrante del processo di sviluppo nazionale di ciascun Paese;
- la Convezione internazionale sui diritti dell’infanzia del 20 novembre 1989 dichiara che l’educazione del bambino deve preparare ad una vita responsabile in una società libera;
- il preminente interesse del minore d’età e la salvaguardia dei suoi diritti sono criteri guida per l’impostazione di politiche sociali nazionali ed internazionali efficaci a sostenere e favorire i processi di crescita e di sviluppo della persona;
- il Dipartimento Giustizia Minorile e di Comunità attraverso la Direzione Generale del personale, delle risorse e per l’attuazione dei provvedimenti del giudice minorile, provvede a dare esecuzione ai provvedimenti giudiziari, a tal fine, organizzando e coordinando i servizi minorili del territorio, e promuove politiche di sostegno ai soggetti in età evolutiva;
- il D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448 “Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni" e il D.lgs. 28 luglio 1989, n.272 “norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del D.P.R. 448/88”, nonché la legge 26 luglio 1975, n. 354 “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta” e il D.P.R. 30 giugno 2000, n.230, “Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà” e successive modifiche prevedono l’attivazione di iniziative formative, culturali, ricreative e lavorative, volte alla promozione di processi maturativi, etici e 
responsabilizzanti nei soggetti in età evolutiva sottoposti a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria Minorile;
- il decreto del Ministero dell’Interno del 13 maggio 2005, n. 138, recante “Misure per il reinserimento sociale dei collaboratori di giustizia e delle altre persone sottoposte a protezione, nonché dei minori compresi nelle speciali misure di protezione” prevede all’art. 10 che “gli Organi competenti all'attuazione delle speciali misure di protezione e del programma speciale di protezione assicurano, mediante personale specializzato appartenente ai Servizi dipendenti dal Dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della giustizia o mediante accordi con le strutture pubbliche sul territorio, la necessaria assistenza psicologica ai minori in situazioni di disagi.
- la Legge Regione Calabria 26 aprile 2018, n. 9 (“Interventi regionali per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della ‘ndrangheta e per la promozione della legalità, dell’economia responsabile e della trasparenza”), all’Art. 11, in attuazione dell’accordo, sottoscritto a Reggio Calabria in data 1 luglio 2017 con il Ministero della Giustizia, il Ministero dell’Interno e i Tribunali per i minorenni di Catanzaro e di Reggio Calabria e finalizzato alla realizzazione del progetto “Liberi di scegliere”, dispone una serie di interventi regionali per la prevenzione della marginalità sociale e culturale a favore di minori provenienti da contesti familiari pregiudizievoli o disgregati.
Il disegno di legge è composto da 4 articoli, come di seguito descritti:
- l’art. 1 prevede le finalità della approvanda legge;
- l’art. 2 prevede i destinatari degli interventi, specificando le tipologie di minori inseriti in contesti di criminalità organizzata o da essi provenienti;
- l’art. 3, che disciplina le azioni e gli interventi per consentire ai minori di scegliere una nuova vita, è finalizzato a:
- garantire ai ragazzi provenienti da contesti familiari di criminalità organizzata, adeguate tutele per una regolare crescita psico-fisica, assicurando il soddisfacimento dei loro bisogni e delle esigenze tipiche dell’adolescenza, attraverso la promozione dei valori della legalità e la valorizzazione delle specifiche potenzialità, inclinazioni e risorse del minore di età e del giovane adulto;
- sviluppare un programma sperimentale di prevenzione della marginalità sociale attraverso opportunità formative, lavorative e ricreative;
- valorizzare le potenzialità creative, comunicative ed il senso di identità, responsabilità e di legalità dei minori e giovani adulti sottoposti a provvedimenti dell‘Autorità Giudiziaria minorile e che si trovano in situazioni di disagio sociale ed affettivo attraverso la realizzazione di attività e la presentazione di progetti, anche a carattere sperimentale;
- sperimentare, anche con il coinvolgimento degli Istituti penitenziari, degli U.S.S.M. (Ufficio di Servizio Sociale per Minorenni), e degli Uffici di esecuzione penale esterna, azioni rivolte al reinserimento dei minori beneficiari del progetto attraverso l’offerta di attività e programmi destinati anche al contesto familiare di provenienza che si affianchino alle azioni già eventualmente in corso;
- sperimentare interventi di giustizia riparativa e di mediazione penale che coinvolgano, ove possibile, anche il nucleo familiare di appartenenza;
- l’art. 4 prevede che ogni Regione individui, nel proprio territorio, una rete operativa di supporto educativo, psicologico, logistico, scolastico, economico e lavorativo, ai minori e agli adulti di riferimento che, autori o vittime di reati, scelgano di affrancarsi dalle logiche criminali mafiose, senza assumere lo status di testimone o collaboratore di giustizia;
- l’art. 5 istituisce il Comitato tecnico-scientifico con funzioni di coordinamento delle reti regionale, consultive, propositive e di monitoraggio sull’attuazione della legge; -l’art. 6 modifica il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, aggiungendovi il riferimento alla prevenzione della marginalità sociale e culturale a favore di minori provenienti da contesti familiari pregiudizievoli o disgregati e prevede, a decorrere dall'anno 2024, un incremento della dotazione di ulteriori 5 milioni di euro annui, destinato all’attuazione degli interventi previsti dalla presente proposta mediante:
contribuzione all’avvio di percorsi educativi personalizzati per i minori ed i nuclei familiari di provenienza;
contribuzione alla realizzazione di percorsi formativi per le figure specialistiche socio assistenziali;
supporto alla realizzazione di percorsi di inserimento sociale e nel mercato del lavoro. Ne deriva, altresì, la modifica della denominazione del suddetto Fondo.


Relazione tecnico-finanziaria
La presente proposta, per il finanziamento degli interventi per la prevenzione della marginalità sociale e culturale a favore di minori provenienti da contesti familiari pregiudizievoli o disgregati, attinge a una parte delle risorse del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici, così come incrementato ad opera dell’articolo 11 della legge 11 gennaio 2018, n. 4 (Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici ). Il comma 1 dell’art. 11 della l. 4/2018 ha infatti previsto che “La dotazione del Fondo di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, come modificato dall'articolo 14 della legge 7 luglio 2016, n. 122, è incrementata di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, di 5 milioni di euro per l'anno 2019 e di 7 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, per le seguenti finalità a valere su tale incremento:
a)    una quota pari a 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017 è destinata all'erogazione di borse di studio in favore degli orfani per crimini domestici e al finanziamento di iniziative di orientamento, di formazione e di sostegno per l'inserimento dei medesimi nell'attività lavorativa ai sensi delle disposizioni della presente legge, assicurando che almeno il 70 per cento di tale somma sia destinato agli interventi in favore dei minori e che la quota restante, ove ne ricorrano i presupposti, sia destinata agli interventi in favore dei soggetti maggiorenni economicamente non autosufficienti;
b)    una quota pari a 3 milioni di euro per l'anno 2019 e a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020 è destinata, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 5, comma 4, della legge 4 maggio 1983, n. 184, a misure di sostegno e di aiuto economico in favore delle famiglie affidatarie, secondo criteri di equità' fissati con apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione”.
Considerata la natura del suddetto Fondo e la ratio degli interventi previsti dalla presente proposta, si prevede che un incremento di ulteriori 5 milioni di euro annui, a decorrere dall'anno 2024, sia destinato alla contribuzione all’avvio di percorsi educativi personalizzati per i minori ed i nuclei familiari di provenienza, alla realizzazione di percorsi formativi per le figure specialistiche socio assistenziali, al supporto alla modifica della denominazione del suddetto Fondo.


Art. 1
Oggetto e finalità


1.    La presente legge è finalizzata a rendere operativo su tutto il territorio statale l’accordo sottoscritto a Reggio Calabria, in data 1 luglio 2017, dalla Regione Calabria con il Ministero della Giustizia, il Ministero dell’interno e i Tribunali per i minorenni di Catanzaro e di Reggio Calabria e finalizzato alla realizzazione del progetto “Liberi di scegliere”.
2.    Per le finalità di cui al comma 1, sono previste azioni e interventi, coordinati, a livello statale, dal Comitato tecnico-scientifico di cui all’articolo 5 e, a livello regionale, dalla rete operativa di cui all’articolo 4, di supporto ai minori e ai nuclei familiari destinatari di provvedimenti giudiziari del Tribunale per i minorenni, con l’obiettivo di garantire concrete alternative di vita.


Art. 2
Destinatari degli interventi


1. Destinatari degli interventi di protezione di cui all’articolo 3 e del supporto educativo, psicologico, logistico, scolastico, economico e lavorativo fornito dalla Rete operativa regionale di cui all’articolo 4, sono i minori e i giovani adulti a rischio mafioso provenienti da contesti familiari pregiudizievoli o disgregati e, in particolare, i seguenti soggetti:
a)    minori inseriti in contesti di criminalità organizzata o da essi provenienti, per i quali il Tribunale per i minorenni abbia emesso un provvedimento amministrativo e/o penale;
b)    minori interessati da procedure di volontaria giurisdizione ai sensi degli articoli 330, 333 e 336 ultimo comma del codice civile nell’ambito dei quali sia stato emesso un provvedimento che incide sulla responsabilità genitoriale disponendo l’allontanamento dei minori dal contesto familiare e/o territoriale di appartenenza;
c)    figli di soggetti indagati/imputati o condannati per i reati di cui all’articolo 51, comma 3-bis c.p.p. allorquando si ravvisano situazioni pregiudizievoli e condizionanti ricollegabili al degradato contesto familiare (intraneo o contiguo alla criminalità organizzata del territorio);
d)    minori in carico al Tribunale per i minorenni per procedimenti civili scaturiti ex articolo 32, comma 4, decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni) o ai sensi dell’articolo 609 decies c.p., nei casi di maltrattamento intrafamiliare legato a dinamiche criminali;
e)    minori e giovani adulti, inseriti nel circuito penale (condannati, ammessi alla messa alla prova, collocati presso i servizi minorili residenziali) anche in misura alternativa alla detenzione che siano provenienti da nuclei familiari intranei o contigui alla criminalità organizzata del territorio;
f)    minori sottoposti a protezione e quelli compresi nelle speciali misure di protezione secondo le previsioni di cui al decreto del Ministero dell’Interno del 13 maggio 2005 n. 138 (Misure per il reinserimento sociale dei collaboratori di giustizia e delle altre persone sottoposte a protezione, nonché dei minori compresi nelle speciali misure di protezione).


Art.3
Azioni e interventi in favore dei minori e dei giovani adulti provenienti e/o inseriti in
contesti di criminalità organizzata


1. Le finalità di cui all’articolo 1 sono attuate attraverso azioni integrate tendenti, in particolare, a:
a)    assicurare ai servizi dell’amministrazione della giustizia (Uffici di servizio sociale per i minorenni, Uffici di esecuzione penale esterna e Istituti penitenziari) delle Regioni interessate le figure professionali di psicologi, di specialisti in neuropsichiatra infantile e di funzionari della professionalità pedagogica, al fine di garantire l’assistenza psicologica e l’intervento educativo e di sostegno sociale ai minori e adolescenti;
b)    realizzare percorsi educativi personalizzati definiti dall’autorità giudiziaria minorile di riferimento, riguardanti i minori ed i rispettivi nuclei familiari seguiti dai servizi sociali del territorio e dai servizi dell’amministrazione della giustizia di cui alla lettera a);
c)    realizzare percorsi formativi di concerto con l’autorità giudiziaria minorile, per le figure specialistiche socio-assistenziali e le associazioni di volontariato che opereranno su segnalazione dei tribunali per i minorenni dei singoli distretti e che interverranno a vario titolo nel progetto educativo di cui alla lettera b);
d) realizzare azioni finalizzate all’inclusione lavorativa dei minori previsti nell’articolo 2, attraverso percorsi di empowerment e misure per l’attivazione e accompagnamento di percorsi imprenditoriali, anche in forma cooperativa. In particolare, garantendo agli stessi adeguate tutele per una regolare crescita psico-fisica e per il soddisfacimento dei loro bisogni.


Art. 4
Rete operativa regionale


1.    Ogni Regione individua, nel proprio territorio, una rete operativa di supporto
educativo, psicologico, logistico, scolastico, economico e lavorativo, ai minori e agli adulti di riferimento che, autori o vittime di reati, scelgano di affrancarsi dalle logiche criminali mafiose, senza assumere lo status di testimone o collaboratore di giustizia.
2.    La rete operativa:
a)    è costituita da famiglie, case famiglia, strutture comunitarie, psicologi, formatori e operatori che siano in grado di accompagnare i minori e i familiari che decidono di seguirli, in attuazione dei provvedimenti del tribunale per i minorenni, fino alla completa integrazione nella nuova realtà sociale, con il pieno raggiungimento di un’autonomia esistenziale e lavorativa;
b)    opera anche in ambito nazionale e garantisce competenza e riservatezza, in collegamento con i Servizi minorili dell’amministrazione della giustizia e con il Comitato tecnico-scientifico di cui all’articolo 5;
c)    coordina a livello regionale le azioni e gli interventi di cui all’articolo 4 con l’obiettivo di fornire adeguate tutele sia ai minori e ai nuclei familiari destinati fuori dal territorio, sia ai minori e ai nuclei familiari da accogliere in quanto provenienti da altre regioni;
d)    fornisce un supporto economico, logistico, lavorativo e psicologico alle donne e ai nuclei familiari che decidono di dissociarsi, al seguito dei loro figli, dal contesto mafioso di riferimento, con l’obiettivo di garantire anche condizioni ideali per favorire successive aperture, quali l’assunzione formale dello status di collaboratore o testimone di giustizia.


Art. 5
Comitato tecnico-scientifico


1. Per consentire la pianificazione strategica delle azioni e degli interventi di cui all’articolo 3, è istituito presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Comitato Tecnico-Scientifico paritetico, di seguito Comitato, composto da un rappresentante per ciascuna delle seguenti Parti:
a)    Ministero della Giustizia;
b)    Ministero dell’Istruzione e del Merito;
c)    Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo;
d)    Conferenza Episcopale Italiana (CEI);
e)    Tribunale per i minorenni;
f)    Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni;
g)    Associazione “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”.
2. Il Comitato, nello specifico, si avvale di una Segreteria tecnica, costituita con le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente e svolge le seguenti funzioni:
a)    approva il piano annuale delle attività e ne cura la realizzazione;
b)    predispone gli aspetti gestionali e organizzativi, il monitoraggio, la valutazione e il controllo delle iniziative previste dalla presente legge;
c)    valuta l'opportunità di stipulare accordi e dì individuare forme di collaborazione con altri soggetti istituzionali, anche al fine dell’inserimento lavorativo dei giovani adulti;
d)    coordina le attività delle Reti operative regionali;
e)    adempie a ogni altra attività utile per il conseguimento degli obiettivi della presente legge;
f)    monitora lo stato attuativo della presente legge e, eventualmente, suggerisce correttivi per renderla più efficace;
g)    redige una relazione annuale sullo stato attuativo e la pubblica sul sito del Dipartimento.
3. Alle riunioni del Comitato possono essere invitati a partecipare, in qualità di esperti, anche rappresentanti di altre istituzioni pubbliche, in ragione degli argomenti all’ordine del giorno.


Art. 6
Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e per la prevenzione della marginalità sociale e culturale a favore di minori provenienti da contesti familiari di criminalità organizzata


1.    La dotazione del “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura" di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, a decorrere dall'anno 2024, è incrementato di 5 milioni di euro annui, destinati a sostenere i percorsi di inclusione sociale di cui all’articolo 3 in favore di minori provenienti da contesti familiari pregiudizievoli o disgregati di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f) e al finanziamento di iniziative di orientamento, di formazione e di sostegno per l'inserimento dei medesimi nell'attività lavorativa secondo le disposizioni del regolamento di cui al comma 2.
2.    Con regolamento adottato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con il Ministro dell'interno, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro della salute, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri e le modalità per l'utilizzazione delle risorse di cui al comma 1 e per l'accesso agli interventi mediante le stesse finanziati. Lo schema del regolamento di cui al presente comma, corredato di relazione tecnica, è trasmesso alle Camere per il parere delle Commissioni competenti per materia e per i profili di carattere finanziario.
3.    Il “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura” di cui al comma 1 assume la denominazione di “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e per la prevenzione della marginalità sociale e culturale a favore di minori provenienti da contesti familiari di criminalità organizzata”.

il 30/03/2023
V. V. - Tropea
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento aggiuntivo di articolo
Dopo l’articolo 6 è aggiunto il seguente:
«Art. 6-bis.
(Norma finanziaria)
1. Agli oneri derivanti dall’articolo 6, comma 1, si provvede attraverso:
a) una rimodulazione delle risorse già stanziate nella legge di bilancio 2023;
b) gli stanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinati alle azioni di “coesione e inclusione” e alle seguenti tre priorità: la parità di genere, il superamento dei divari territoriali e la protezione e valorizzazione dei giovani.»
Approvato
  • Voti totali: 14
  • Favorevoli: 13
  • Contrari: 0
  • Astenuti: 1
il 30/03/2023
F. M. - Tropea (VV)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento aggiuntivo di parole
All’articolo, 6, al comma 1, sostituire le parole «5 milioni di euro» con le seguenti: «10 milioni di euro»
Approvato
  • Voti totali: 14
  • Favorevoli: 11
  • Contrari: 0
  • Astenuti: 3
il 30/03/2023
M. D. B. - Tropea
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento aggiuntivo di periodo
All’articolo 4, al comma 1, dopo le parole “Ogni Regione” sono inserite le seguenti:
“, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge,”.
Approvato
  • Voti totali: 14
  • Favorevoli: 14
  • Contrari: 0
  • Astenuti: 0
il 30/03/2023
A. S. - tropea (vv)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento aggiuntivo di articolo
Dopo l’articolo 5 è inserito il seguente:
“Art.5-bis.
(Elenco imprese che denunciano fenomeni estorsivi e criminali)
1. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito l’elenco delle imprese che denunciano fenomeni estorsivi e criminali.
2. Per i datori di lavoro di cui al comma 1 che assumono nel quinquennio 2023-2024-2025- 2026 e 2027 i giovani adulti a rischio mafioso provenienti da contesti familiari pregiudizievoli o disgregati di cui alla presente legge, è previsto lo sgravio dei contributi previdenziali pari al 100 per cento.
Approvato
  • Voti totali: 14
  • Favorevoli: 14
  • Contrari: 0
  • Astenuti: 0

Il presente disegno di legge propone di rendere operativo su tutto il territorio statale e adeguatamente finanziato l’accordo sottoscritto a Reggio Calabria, in data 1 luglio 2017, dalla Regione Calabria con il Ministero della Giustizia, il Ministero dell’interno e i Tribunali per i minorenni di Catanzaro e di Reggio Calabria e finalizzato alla realizzazione del progetto “Liberi di scegliere”. Prevede interventi e azioni in favore dei minori e dei giovani adulti provenienti e/o inseriti in contesti di criminalità organizzata attraverso la realizzazione di percorsi personalizzati di rieducazione, sostegno e reinserimento sociale. Generalmente, prima si scrive una legge e, successivamente, la si attua con regolamenti o altri provvedimenti ad hoc. In questo caso, l’iter è rovesciato: a fronte di tanti protocolli d’intesa stipulati da diverse regioni sul modello di quello siglato a Reggio Calabria, si vuole recepire uno strumento vincente e salutato come indispensabile per promuovere valide alternative esistenziali ai minori provenienti da contesti familiari mafiosi, traducendolo in legge statale. Solo lo Stato, infatti, può coordinare l’attività posta in essere dalle regioni e far sì che le azioni e gli interventi siano efficaci su tutto il territorio. La finalità è quella di fornire libertà ai giovani e dar loro la possibilità di incominciare una nuova vita all’insegna della legalità e della giustizia, quindi anche la possibilità di offrire loro l’assistenza psicologica di specialisti e un’opportunità di riscatto attraverso un lavoro onesto. La lotta alla criminalità è articolata e complessa ed è compito dello Stato ricreare le condizioni per permettere a tutti i giovani di scegliere uno stile di vita alternativo al contesto familiare che hanno subìto. La proposta vuole offrire un sostegno educativo, formativo, psicologico, ma anche logistico, economico e lavorativo ai minori e alle loro famiglie nei contesti della criminalità organizzata, ovunque presenti. Solo con una rete adeguata di supporto ai minori e agli adulti che desiderino affrancarsi dalle logiche della ‘ndrangheta si possono prevedere e realizzare azioni efficaci (di natura educativa, psicologica, scolastica, economica o lavorativa) ai minori e ai nuclei familiari destinatari di provvedimenti giudiziari con la finalità di garantire nuove possibilità di vita. Al fine di descrivere la ratio legis della presente proposta si richiama uno stralcio dell’accordo sottoscritto a Reggio Calabria in data 1 luglio 2017 dalla Regione Calabria con il Ministero della Giustizia, il Ministero dell’interno e i Tribunali per i minorenni di Catanzaro e di Reggio Calabria e finalizzato alla realizzazione del progetto “Liberi di scegliere”. In proposito si rammenta che:
- la Dichiarazione dei diritti del Fanciullo, adottata dall’ Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1959 dichiara che il fanciullo a causa della sua immaturità fisica e intellettuale, ha bisogno di una particolare attenzione e di cure speciali, compresa un’adeguata protezione giuridica;
- la successiva Risoluzione del 29 novembre 1985 - Regole di Pechino in materia di giustizia minorile, afferma che adeguata protezione giuridica deve essere vista come parte integrante del processo di sviluppo nazionale di ciascun Paese;
- la Convezione internazionale sui diritti dell’infanzia del 20 novembre 1989 dichiara che l’educazione del bambino deve preparare ad una vita responsabile in una società libera;
- il preminente interesse del minore d’età e la salvaguardia dei suoi diritti sono criteri guida per l’impostazione di politiche sociali nazionali ed internazionali efficaci a sostenere e favorire i processi di crescita e di sviluppo della persona;
- il Dipartimento Giustizia Minorile e di Comunità attraverso la Direzione Generale del personale, delle risorse e per l’attuazione dei provvedimenti del giudice minorile, provvede a dare esecuzione ai provvedimenti giudiziari, a tal fine, organizzando e coordinando i servizi minorili del territorio, e promuove politiche di sostegno ai soggetti in età evolutiva;
- il D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448 “Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni" e il D.lgs. 28 luglio 1989, n.272 “norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del D.P.R. 448/88”, nonché la legge 26 luglio 1975, n. 354 “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta” e il D.P.R. 30 giugno 2000, n.230, “Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà” e successive modifiche prevedono l’attivazione di iniziative formative, culturali, ricreative e lavorative, volte alla promozione di processi maturativi, etici e responsabilizzanti nei soggetti in età evolutiva sottoposti a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria Minorile;
- il decreto del Ministero dell’Interno del 13 maggio 2005, n. 138, recante “Misure per il reinserimento sociale dei collaboratori di giustizia e delle altre persone sottoposte a protezione, nonché dei minori compresi nelle speciali misure di protezione” prevede all’art. 10 che “gli Organi competenti all'attuazione delle speciali misure di protezione e del programma speciale di protezione assicurano, mediante personale specializzato appartenente ai Servizi dipendenti dal Dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della giustizia o mediante accordi con le strutture pubbliche sul territorio, la necessaria assistenza psicologica ai minori in situazioni di disagi.
- la Legge Regione Calabria 26 aprile 2018, n. 9 (“Interventi regionali per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della ‘ndrangheta e per la promozione della legalità, dell’economia responsabile e della trasparenza”), all’Art. 11, in attuazione dell’accordo, sottoscritto a Reggio Calabria in data 1 luglio 2017 con il Ministero della Giustizia, il Ministero dell’Interno e i Tribunali per i minorenni di Catanzaro e di Reggio Calabria e finalizzato alla realizzazione del progetto “Liberi di scegliere”, dispone una serie di interventi regionali per la prevenzione della marginalità sociale e culturale a favore di minori provenienti da contesti familiari pregiudizievoli o disgregati.
Il disegno di legge è composto da 4 articoli, come di seguito descritti:
- l’art. 1 prevede le finalità della approvanda legge;
- l’art. 2 prevede i destinatari degli interventi, specificando le tipologie di minori inseriti in contesti di criminalità organizzata o da essi provenienti;
- l’art. 3, che disciplina le azioni e gli interventi per consentire ai minori di scegliere una nuova vita, è finalizzato a:
- garantire ai ragazzi provenienti da contesti familiari di criminalità organizzata, adeguate tutele per una regolare crescita psico-fisica, assicurando il soddisfacimento dei loro bisogni e delle esigenze tipiche dell’adolescenza, attraverso la promozione dei valori della legalità e la valorizzazione delle specifiche potenzialità, inclinazioni e risorse del minore di età e del giovane adulto;
- sviluppare un programma sperimentale di prevenzione della marginalità sociale attraverso opportunità formative, lavorative e ricreative;
- valorizzare le potenzialità creative, comunicative ed il senso di identità, responsabilità e di legalità dei minori e giovani adulti sottoposti a provvedimenti dell‘Autorità Giudiziaria minorile e che si trovano in situazioni di disagio sociale ed affettivo attraverso la realizzazione di attività e la presentazione di progetti, anche a carattere sperimentale;
- sperimentare, anche con il coinvolgimento degli Istituti penitenziari, degli U.S.S.M. (Ufficio di Servizio Sociale per Minorenni), e degli Uffici di esecuzione penale esterna, azioni rivolte al reinserimento dei minori beneficiari del progetto attraverso l’offerta di attività e programmi destinati anche al contesto familiare di provenienza che si affianchino alle azioni già eventualmente in corso;
- sperimentare interventi di giustizia riparativa e di mediazione penale che coinvolgano, ove possibile, anche il nucleo familiare di appartenenza;
- l’art. 4 prevede che ogni Regione individui, nel proprio territorio, una rete operativa di supporto educativo, psicologico, logistico, scolastico, economico e lavorativo, ai minori e agli adulti di riferimento che, autori o vittime di reati, scelgano di affrancarsi dalle logiche criminali mafiose, senza assumere lo status di testimone o collaboratore di giustizia;
- l’art. 5 istituisce il Comitato tecnico-scientifico con funzioni di coordinamento delle reti regionale, consultive, propositive e di monitoraggio sull’attuazione della legge; -l’art. 6 modifica il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, aggiungendovi il riferimento alla prevenzione della marginalità sociale e culturale a favore di minori provenienti da contesti familiari pregiudizievoli o disgregati e prevede, a decorrere dall'anno 2024, un incremento della dotazione di ulteriori 5 milioni di euro annui, destinato all’attuazione degli interventi previsti dalla presente proposta mediante:
contribuzione all’avvio di percorsi educativi personalizzati per i minori ed i nuclei familiari di provenienza;
contribuzione alla realizzazione di percorsi formativi per le figure specialistiche socio assistenziali;
supporto alla realizzazione di percorsi di inserimento sociale e nel mercato del lavoro. Ne deriva, altresì, la modifica della denominazione del suddetto Fondo.
Relazione tecnico-finanziaria
La presente proposta, per il finanziamento degli interventi per la prevenzione della marginalità sociale e culturale a favore di minori provenienti da contesti familiari pregiudizievoli o disgregati, attinge a una parte delle risorse del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici, così come incrementato ad opera dell’articolo 11 della legge 11 gennaio 2018, n. 4 (Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici ). Il comma 1 dell’art. 11 della l. 4/2018 ha infatti previsto che “La dotazione del Fondo di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, come modificato dall'articolo 14 della legge 7 luglio 2016, n. 122, è incrementata di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, di 5 milioni di euro per l'anno 2019 e di 7 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, per le seguenti finalità a valere su tale incremento:
a)    una quota pari a 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017 è destinata all'erogazione di borse di studio in favore degli orfani per crimini domestici e al finanziamento di iniziative di orientamento, di formazione e di sostegno per l'inserimento dei medesimi nell'attività lavorativa ai sensi delle disposizioni della presente legge, assicurando che almeno il 70 per cento di tale somma sia destinato agli interventi in favore dei minori e che la quota restante, ove ne ricorrano i presupposti, sia destinata agli interventi in favore dei soggetti maggiorenni economicamente non autosufficienti;
b)    una quota pari a 3 milioni di euro per l'anno 2019 e a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020 è destinata, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 5, comma 4, della legge 4 maggio 1983, n. 184, a misure di sostegno e di aiuto economico in favore delle famiglie affidatarie, secondo criteri di equità' fissati con apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione”.
Considerata la natura del suddetto Fondo e la ratio degli interventi previsti dalla presente proposta, si prevede che un incremento di ulteriori 5 milioni di euro annui, a decorrere dall'anno 2024, sia destinato alla contribuzione all’avvio di percorsi educativi personalizzati per i minori ed i nuclei familiari di provenienza, alla realizzazione di percorsi formativi per le figure specialistiche socio assistenziali, al supporto alla modifica della denominazione del suddetto Fondo.


Art. 1
Oggetto e finalità

1.    La presente legge è finalizzata a rendere operativo su tutto il territorio statale l’accordo sottoscritto a Reggio Calabria, in data 1 luglio 2017, dalla Regione Calabria con il Ministero della Giustizia, il Ministero dell’interno e i Tribunali per i minorenni di Catanzaro e di Reggio Calabria e finalizzato alla realizzazione del progetto “Liberi di scegliere”.
2.    Per le finalità di cui al comma 1, sono previste azioni e interventi, coordinati, a livello statale, dal Comitato tecnico-scientifico di cui all’articolo 5 e, a livello regionale, dalla rete operativa di cui all’articolo 4, di supporto ai minori e ai nuclei familiari destinatari di provvedimenti giudiziari del Tribunale per i minorenni, con l’obiettivo di garantire concrete alternative di vita.


Art. 2
Destinatari degli interventi

1. Destinatari degli interventi di protezione di cui all’articolo 3 e del supporto educativo, psicologico, logistico, scolastico, economico e lavorativo fornito dalla Rete operativa regionale di cui all’articolo 4, sono i minori e i giovani adulti a rischio mafioso provenienti da contesti familiari pregiudizievoli o disgregati e, in particolare, i seguenti soggetti:
a)    minori inseriti in contesti di criminalità organizzata o da essi provenienti, per i quali il Tribunale per i minorenni abbia emesso un provvedimento amministrativo e/o penale;
b)    minori interessati da procedure di volontaria giurisdizione ai sensi degli articoli 330, 333 e 336 ultimo comma del codice civile nell’ambito dei quali sia stato emesso un provvedimento che incide sulla responsabilità genitoriale disponendo l’allontanamento dei minori dal contesto familiare e/o territoriale di appartenenza;
c)    figli di soggetti indagati/imputati o condannati per i reati di cui all’articolo 51, comma 3-bis c.p.p. allorquando si ravvisano situazioni pregiudizievoli e condizionanti ricollegabili al degradato contesto familiare (intraneo o contiguo alla criminalità organizzata del territorio);
d)    minori in carico al Tribunale per i minorenni per procedimenti civili scaturiti ex articolo 32, comma 4, decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni) o ai sensi dell’articolo 609 decies c.p., nei casi di maltrattamento intrafamiliare legato a dinamiche criminali;
e)    minori e giovani adulti, inseriti nel circuito penale (condannati, ammessi alla messa alla prova, collocati presso i servizi minorili residenziali) anche in misura alternativa alla detenzione che siano provenienti da nuclei familiari intranei o contigui alla criminalità organizzata del territorio;
f)    minori sottoposti a protezione e quelli compresi nelle speciali misure di protezione secondo le previsioni di cui al decreto del Ministero dell’Interno del 13 maggio 2005 n. 138 (Misure per il reinserimento sociale dei collaboratori di giustizia e delle altre persone sottoposte a protezione, nonché dei minori compresi nelle speciali misure di protezione).


Art.3
Azioni e interventi in favore dei minori e dei giovani adulti provenienti e/o inseriti in contesti di criminalità organizzata

1. Le finalità di cui all’articolo 1 sono attuate attraverso azioni integrate tendenti, in particolare, a:
a)    assicurare ai servizi dell’amministrazione della giustizia (Uffici di servizio sociale per i minorenni, Uffici di esecuzione penale esterna e Istituti penitenziari) delle Regioni interessate le figure professionali di psicologi, di specialisti in neuropsichiatra infantile e di funzionari della professionalità pedagogica, al fine di garantire l’assistenza psicologica e l’intervento educativo e di sostegno sociale ai minori e adolescenti;
b)    realizzare percorsi educativi personalizzati definiti dall’autorità giudiziaria minorile di riferimento, riguardanti i minori ed i rispettivi nuclei familiari seguiti dai servizi sociali del territorio e dai servizi dell’amministrazione della giustizia di cui alla lettera a);
c)    realizzare percorsi formativi di concerto con l’autorità giudiziaria minorile, per le figure specialistiche socio-assistenziali e le associazioni di volontariato che opereranno su segnalazione dei tribunali per i minorenni dei singoli distretti e che interverranno a vario titolo nel progetto educativo di cui alla lettera b);
d)    realizzare azioni finalizzate all’inclusione lavorativa dei minori previsti nell’articolo 2, attraverso percorsi di empowerment e misure per l’attivazione e accompagnamento di percorsi imprenditoriali, anche in forma cooperativa. In particolare, garantendo agli stessi adeguate tutele per una regolare crescita psico-fisica e per il soddisfacimento dei loro bisogni.


Art. 4
Rete operativa regionale

1.    Ogni Regione, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, individua, nel proprio territorio, una rete operativa di supporto educativo, psicologico, logistico, scolastico, economico e lavorativo, ai minori e agli adulti di riferimento che, autori o vittime di reati, scelgano di affrancarsi dalle logiche criminali mafiose, senza assumere lo status di testimone o collaboratore di giustizia.
2.    La rete operativa:
a)    è costituita da famiglie, case famiglia, strutture comunitarie, psicologi, formatori e operatori che siano in grado di accompagnare i minori e i familiari che decidono di seguirli, in attuazione dei provvedimenti del tribunale per i minorenni, fino alla completa integrazione nella nuova realtà sociale, con il pieno raggiungimento di un’autonomia esistenziale e lavorativa;
b)    opera anche in ambito nazionale e garantisce competenza e riservatezza, in collegamento con i Servizi minorili dell’amministrazione della giustizia e con il Comitato tecnico-scientifico di cui all’articolo 5;
c)    coordina a livello regionale le azioni e gli interventi di cui all’articolo 4 con l’obiettivo di fornire adeguate tutele sia ai minori e ai nuclei familiari destinati fuori dal territorio, sia ai minori e ai nuclei familiari da accogliere in quanto provenienti da altre regioni;
d)    fornisce un supporto economico, logistico, lavorativo e psicologico alle donne e ai nuclei familiari che decidono di dissociarsi, al seguito dei loro figli, dal contesto mafioso di riferimento, con l’obiettivo di garantire anche condizioni ideali per favorire successive aperture, quali l’assunzione formale dello status di collaboratore o testimone di giustizia.


Art. 5
Comitato tecnico-scientifico

1. Per consentire la pianificazione strategica delle azioni e degli interventi di cui all’articolo 3, è istituito presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Comitato Tecnico-Scientifico paritetico, di seguito Comitato, composto da un rappresentante per ciascuna delle seguenti Parti:
a) Ministero della Giustizia; Ministero dell’Istruzione e del Merito;
b)    Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo;
c)    Conferenza Episcopale Italiana (CEI);
d)    Tribunale per i minorenni;
e)    Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni;
f)    Associazione “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”.
2. Il Comitato, nello specifico, si avvale di una Segreteria tecnica, costituita con le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente e svolge le seguenti funzioni:
a)    approva il piano annuale delle attività e ne cura la realizzazione;
b)    predispone gli aspetti gestionali e organizzativi, il monitoraggio, la valutazione e il controllo delle iniziative previste dalla presente legge;
c)    valuta l'opportunità di stipulare accordi e dì individuare forme di collaborazione con altri soggetti istituzionali, anche al fine dell’inserimento lavorativo dei giovani adulti;
d)    coordina le attività delle Reti operative regionali;
e)    adempie a ogni altra attività utile per il conseguimento degli obiettivi della presente legge;
f)    monitora lo stato attuativo della presente legge e, eventualmente, suggerisce correttivi per renderla più efficace;
g)    redige una relazione annuale sullo stato attuativo e la pubblica sul sito del Dipartimento.
3. Alle riunioni del Comitato possono essere invitati a partecipare, in qualità di esperti, anche rappresentanti di altre istituzioni pubbliche, in ragione degli argomenti all’ordine del giorno.


Art.5-bis
Elenco imprese che denunciano fenomeni estorsivi e criminali

1.    Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito l’elenco delle imprese che denunciano fenomeni estorsivi e criminali.
2.    Per i datori di lavoro di cui al comma 1 che assumono nel quinquennio 2023-2024-2025- 2026 e 2027 i giovani adulti a rischio mafioso provenienti da contesti familiari pregiudizievoli o disgregati di cui alla presente legge, è previsto lo sgravio dei contributi previdenziali pari al 100 per cento.


Art. 6
Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste
estorsive, dell'usura e per la prevenzione della marginalità sociale e culturale a favore di
minori provenienti da contesti familiari di criminalità organizzata

1.    La dotazione del “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura" di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, a decorrere dall'anno 2024, è incrementato di 10 milioni di euro annui, destinati a sostenere i percorsi di inclusione sociale di cui all’articolo 3 in favore di minori provenienti da contesti familiari pregiudizievoli o disgregati di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f) e al finanziamento di iniziative di orientamento, di formazione e di sostegno per l'inserimento dei medesimi nell'attività lavorativa secondo le disposizioni del regolamento di cui al comma 2.
2.    Con regolamento adottato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con il Ministro dell'interno, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro della salute, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri e le modalità per l'utilizzazione delle risorse di cui al comma 1 e per l'accesso agli interventi mediante le stesse finanziati. Lo schema del regolamento di cui al presente comma, corredato di relazione tecnica, è trasmesso alle Camere per il parere delle Commissioni competenti per materia e per i profili di carattere finanziario. 3. Il “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura” di cui al comma 1 assume la denominazione di “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e per la prevenzione della marginalità sociale e culturale a favore di minori provenienti da contesti familiari di criminalità organizzata”.


Art. 6-bis
Norma finanziaria

1. Agli oneri derivanti dall’articolo 6, comma 1, si provvede attraverso:
a)    una rimodulazione delle risorse già stanziate nella legge di bilancio 2023;
b)    gli stanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinati alle azioni di “coesione e inclusione” e alle seguenti tre priorità: la parità di genere, il superamento dei divari territoriali e la protezione e valorizzazione dei giovani.

 

Approfondimento

Approfondimento normativo

All’interno del percorso di approfondimento e di studio scaturito dalla necessità di individuare le fondamenta normative sulle quali posare saldamente il nostro disegno di legge, ci è parso ineludibile partire da quei diritti e interessi del minore sanciti dal diritto internazionale e nazionale.
In particolare:
> la Dichiarazione Universale dei diritti del Fanciullo (che trova il suo naturale antecedente nella Dichiarazione di Ginevra adottata in seno alla Società delle Nazioni nel 1924), approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1959, dichiara nel suo Preambolo che “il fanciullo a causa della sua immaturità fisica e intellettuale, ha bisogno di una particolare attenzione e di cure speciali, compresa un’adeguata protezione giuridica  (...) affinché possa godere, nell’ interesse suo e di tutta la società, dei diritti e delle libertà”;
> la Legge 27 maggio 1991, n. 176, che ratifica la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia (20 novembre 1989), afferma nel suo Preambolo che “il fanciullo, ai fini dello sviluppo armonioso e completo della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare in un clima di felicità, di amore e di comprensione, In considerazione del fatto che occorre preparare pienamente il fanciullo ad avere una sua vita individuale nella Società, ed educarlo nello spirito degli ideali proclamati nella Carta delle Nazioni Unite, in particolare in uno spirito di pace, di dignità, di tolleranza, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà”; prosegue, quindi, al comma 1 dell’art. 3, disponendo che “In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente” e che (comma 2) “Gli Stati parti si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, e a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi e amministrativi appropriati”; all’art. 12, commi 1 e 2, “Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità; A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale”
> Il 29 novembre 1985 a Pechino, le Nazioni Unite emanano le Regole minime per l’amministrazione della giustizia minorile (c.d. Regole di Pechino) che esprimono con forza le priorità e, soprattutto, le linee di principio che dovrebbero guidare la giustizia minorile: promuovere risorse e azioni mirate a offrire opportunità di cambiamento che non compromettano il sano sviluppo psico-fisico delle persone.
All’art. 1, comma1, si dispone che “Gli Stati membri si sforzano di creare le condizioni per assicurare al minore una vita proficua all'interno della comunità, che incoraggi un processo di maturazione capace di tenerlo lontano il più possibile dalla criminalità e dalla delinquenza, durante il periodo di vita in cui è più esposto a un comportamento deviante”.
> Dal canto suo, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (2000/C 364/01; successiva alla Legge 4 agosto 1955, n. 848, Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952) all’art. 24, comma 2, ribadisce che “In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente”.
> Quanto alla Costituzione italiana, non possono non rilevare i principi sanciti nel Titolo I (Rapporti etico-sociali) della Parte II (Diritti e doveri dei cittadini):
art. 30, comma 1: È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli
art 30, comma 2: Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
Art. 31, comma 2: La Repubblica protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo
Art. 33, comma 2: La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione Art. 34, comma 1: La scuola è aperta a tutti.
Art. 34, comma 4: La Repubblica rende effettivo questo diritto
Senza dimenticare, naturalmente, il cardine dell’uguaglianza sostanziale sancito dal comma 2 dell’art. 3.: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.
In ossequio ai suddetti princìpi costituzionali, il processo di formazione del minore non può essere in contrasto con i valori della Costituzione, per cui il superiore interesse del minore deve prevalere anche rispetto all’esercizio della responsabilità genitoriale laddove, in relazione ai “figli di mafia”, la crescita del minore si concreta in un’educazione all’illegalità, alla violenza e alla sopraffazione. In questi casi, quindi, spetta allo Stato il compito di proteggere l’infanzia e la gioventù, intervenendo a tutela dell’integrità psico¬fisica e sociale dei minori mediante specifici interventi miranti alla salvaguardia delle pari opportunità esistenziali, in vista di una piena ed effettiva integrazione – o reintegrazione – nel tessuto sociale di origine o di nuovo riferimento.
Rivolgendoci, poi, alla normativa specificamente relativa al processo penale e all’ordinamento penitenziario, abbiamo analizzato:
 Il D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448 “Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni", in relazione ai principi desumibili dal testo:
principio di adeguatezza: le disposizioni devono essere applicate in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del minorenne
principio di minima offensività: Il processo deve evitare che il contatto del minore con il sistema penale possa compromettere lo sviluppo armonico della sua personalità e l’immagine sociale con conseguente pericolo di marginalità. Ciò comporta il vincolo per i giudici e gli operatori di preoccuparsi nelle loro decisioni di non interrompere i processi educativi in atto evitando il più possibile l’ingresso del minore nel circuito penale consentendogli per quanto possibile di usufruire di strumenti alternativi. Le disposizioni sul processo penale minorile tendono a evitare l’eventuale danno causato della continuazione del procedimento.
principio di destigmatizzazione: tale principio è estensione del principio di minima offensività in quanto riguarda l’identità individuale e sociale del minorenne, che si vuole proteggere il più possibile da processi di auto ed etero svalutazione.
principio di residualità della detenzione: secondo tale principio l’ordinamento prevede strumenti adeguati affinché la carcerazione sia l’ultima e residuale misura da applicarsi (c.d. extrema ratio).
> Il D.lgs. 28 luglio 1989, n.272 “norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del D.P.R. 448/88”, con particolare riferimento a:
Coordinamento dei servizi (Art. 13, commi 1 e 2): “D'intesa con le regioni e gli enti interessati, è costituita presso ogni centro per la giustizia minorile una commissione per il coordinamento delle attività dei servizi minorili dell'amministrazione della giustizia e dei servizi di assistenza degli enti locali. Presso il ministero di grazia e giustizia è costituita una commissione centrale per il coordinamento delle attività dei servizi indicati nel comma 1”.
Programmi di formazione per operatori minorili (Art. 14): “Il ministero di grazia e giustizia e le regioni realizzano annualmente appositi programmi congiunti di formazione e di aggiornamento per gli operatori minorili dell'amministrazione della giustizia e degli enti locali”.
Messa alla prova (art. 27, comma 2): “Il progetto di intervento deve prevedere tra l'altro, a) le modalità di coinvolgimento del minorenne, del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita; b) gli impegni specifici che il minorenne assume; c) le modalità di partecipazione al progetto degli operatori della giustizia e dell'ente locale; d) le modalità di attuazione eventualmente dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa”.
> La legge 26 luglio 1975, n. 354 “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”, coordinata con l’aggiornamento operato dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 e dal D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199 (da considerare unitamente al D.P.R. 30 giugno 2000, n.230 “Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”) con particolare riferimento a:
Art. 74 Consigli di aiuto sociale: Nel capoluogo di ciascun circondario è costituito un consiglio di aiuto sociale, presieduto dal presidente del tribunale o da un magistrato da lui delegato, e composto dal presidente del tribunale dei minorenni o da un altro magistrato da lui designato, da un magistrato di sorveglianza, da un rappresentante della regione, da un rappresentante della provincia, da un funzionario dell'amministrazione civile dell'interno designato dal prefetto, dal sindaco o da un suo delegato, dal medico provinciale, dal dirigente dell'ufficio provinciale del lavoro, da un delegato dell'ordinario diocesano, dai direttori degli istituti penitenziari del circondario. Ne fanno parte, inoltre, sei componenti nominati dal presidente del tribunale fra i designati da enti pubblici e privati qualificati nell'assistenza sociale. Art. 78 Assistenti volontari; Art. 81 Attribuzioni degli assistenti sociali; Art. 82 Attribuzioni degli educatori
 Il decreto del Ministero dell’Interno del 13 maggio 2005, n. 138, recante “Misure per il reinserimento sociale dei collaboratori di giustizia e delle altre persone sottoposte a protezione, nonché dei minori compresi nelle speciali misure di protezione” che,
all’art. 10, prevede che “gli Organi competenti all'attuazione delle speciali misure di protezione e del programma speciale di protezione assicurano, mediante personale specializzato appartenente ai Servizi dipendenti dal Dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della giustizia o mediante accordi con le strutture pubbliche sul territorio, la necessaria assistenza psicologica ai minori in situazioni di disagi”.
È sulla base di questi approfondimenti che abbiamo provveduto alla stesura del nostro disegno di legge finalizzato a garantire ai ragazzi provenienti da contesti familiari di criminalità organizzata, adeguate tutele per una regolare crescita psico-fisica e un’educazione alla legalità e ai valori costituzionali, sviluppando e finanziando adeguati programmi di prevenzione attraverso opportunità formative, lavorative e ricreative, con il coinvolgimento degli Istituti penitenziari, degli U.S.S.M. (Ufficio di Servizio Sociale per Minorenni), e degli Uffici di esecuzione penale esterna.
In quest’ottica, della Legge Regione Calabria 26 aprile 2018, n. 9 (“Interventi regionali per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della ‘ndrangheta e per la promozione della legalità, dell’economia responsabile e della trasparenza”), abbiamo inteso riprendere l’Art. 11 (“Interventi regionali per la prevenzione della marginalità sociale e culturale a favore di minori provenienti da contesti familiari pregiudizievoli o disgregati”) per due ragioni che riteniamo di estrema importanza: innanzi tutto, perché alla sua stesura ha partecipato, in qualità di consulente, lo stesso dott. Di Bella, ponendo a disposizione del legislatore regionale la sua eccezionale esperienza sul campo; in secondo luogo, perché una delle finalità portanti del nostro Disegno di Legge è propriamente quella di conferire forza e cogenza di normativa nazionale a disposizioni che, altrimenti, restando confinate nell’ambito regionale e prive delle necessarie risorse finanziarie, non possono essere sono in grado di alimentare su tutto il territorio nazionale quella meritoria prassi che ha visto maturare frutti un tempo impensabili in terra di Calabria.
In buona sostanza: il metodo avviato si è rivelato vincente; adesso, si tratta di renderlo effettivo e concretamente implementabile rispetto a tutte le diverse declinazioni del fenomeno “mafia” presenti in Italia.

Approfondimento tematico

Quando siamo stati informati dell’opportunità di partecipare al concorso “Un giorno in Senato 22-23” e siamo stati invitati a discuterne in classe per accertare la volontà comune di cimentarci e ad individuare una tematica che sentissimo particolarmente vicina e di particolare interesse, ci siamo subito resi conto che le idee progettuali che emergevano in sede di dibattito erano davvero tante ma una in particolare è sembrata stagliarsi come decisiva. Era stata proposta da alcuni compagni in relazione a un film tv cui avevano avuto modo di assistere nel 2019: “Liberi di scegliere”, il titolo; e una trama incentrata sulla tenace volontà di un giudice nel prospettare una via d’uscita ai ragazzi nati e cresciuti in contesti familiari ‘ndranghetisti.
La parola ‘ndrangheta, per noi che in Calabria ci viviamo, è molto più di una semplice parola: è un qualcosa di cui sentiamo accennare e discutere, spesso sottovoce, da sempre; è un fatto che, in maniera ricorrente, si concreta in azioni criminali e, fortunatamente, anche in arresti e condanne; è un elemento che si respira nell’aria e che quest’aria l’avvelena. Ma quel che ci ha immediatamente convinto a volerne sapere di più, rispetto a quanto veniva prospettato dal film, è stata la curiosità dettata dal punto di vista nuovo che ci parava davanti: avevamo sempre pensato al fenomeno mafioso partendo dal punto di vista delle vittime e non ci era mai venuto in mente che potessero essere vittime anche le figlie e i figli di mafiosi in quanto tali. Ne abbiamo subito riferito al nostro docente tutor: è lui che ci ha consigliato di leggere il libro dal quale è stato tratto il film omonimo. Ed è così che ci si è aperto un mondo.
Abbiamo scoperto la storia del dott. Roberto di Bella, giudice prima e presidente dal 2011 sino a poco tempo fa del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria. Abbiamo scoperto la storia di un uomo che ha compreso come il suo ruolo andasse ben oltre la pur ardua e coraggiosa repressione del crimine mafioso: quest’uomo si è reso conto che, sovente, si ritrovava a giudicare i figli e i nipoti di coloro che, anni prima, aveva condannato per i medesimi reati; si è reso conto che c’era un circolo vizioso da provare a spezzare; si è reso conto che diversi figli e diverse madri non ne potevano più della cappa soffocante imposta dalle regole della “famiglia” e che dai loro occhi, anche quando sembravano ancora pienamente di sfida allo Stato, saliva un grido di dolore e un appello disperato di aiuto al quale lo Stato non poteva restare sordo.
Rispetto alle altre mafie, la ‘ndrangheta ha una sua peculiarità “familiare” che poggia sui vincoli di sangue e che, proprio per questo, si presenta come maggiormente impermeabile alle indagini, meno frequentemente generatrice di collaboratori di giustizia e difficile, molto difficile, da abbandonare. Le storie delle “famiglie” di ‘ndrangheta ripetono tutte lo stesso copione di carcere e morte: i genitori fanno strame dei loro figli condannandoli a una vita di sofferenza, quella del crimine, che inevitabilmente porta al carcere o alla morte violenta.
Nella ‘ndrangheta non è concesso amare. La sottocultura che caratterizza determinati ambienti della criminalità organizzata, oltre che dal timore che essa incute in ogni strato sociale. L’alfabeto della violenza e della prepotenza come unico linguaggio possibile: basta un banale litigio tra ragazzi perché degli adolescenti, incapaci di dominare i propri impulsi e le proprie emozioni, reagiscano nell’unico modo che conoscono e che probabilmente ritengono degno di chi vuole farsi rispettare. Una subcultura di violenza, sopraffazione, collusione, che si propaga per contagio e riproduce i suoi codici come gli unici possibili nelle relazioni tra le persone. L’obbedienza alla famiglia, la sottomissione a un codice d’onore che non c’entra nulla con la libertà e la dignità.
Il giudice Di Bella ha avuto l’audacia e l’intelligenza di andare oltre la linea che divide chi commette reati da chi li subisce. Di entrare in contatto con la fragilità e la disperazione dei ragazzi delle famiglie di ‘ndrangheta, con un unico obiettivo: preservarli da una storia più grande di loro, aiutarli a maturare, a guardarsi dentro e a guardare meglio il loro mondo, nella speranza di renderli consapevoli e “liberi di scegliere”.
E, per far questo, ha puntato sulle donne, sulle madri: perché sono le madri a trasmettere il codice e sono le madri a potere interrompere la trasmissione. Sono le donne a poter decidere di far crescere i propri figli in un mondo migliore di quello che hanno incontrato loro da ragazze; un mondo dove c’è giustizia, gli uomini sono liberi cittadini e non hanno paura delle parole.
Per gli uomini della ‘ndrangheta, il loro potere all’interno della famiglia non può essere messo in discussione. Le donne devono limitarsi a obbedire. Dietro questo sistema di dominio e di prepotenza, si nasconde una consapevolezza. Gli uomini sanno che la solidità del loro intero sistema, che è nello stesso tempo criminale e familiare, si basa sull’affidabilità della donna. Se viene meno questa certezza, la forza monolitica, inattaccabile, della ‘ndrangheta, vacilla. È un clan che impone regole ferree e tribali a tutti i familiari.
È terribile il ricatto della ‘ndrangheta che scatta feroce ogni volta che qualcuno tenta la fuga: è il veleno che si porta dentro un’associazione in cui famiglia criminale e famiglia di sangue coincidono. L’affidabilità criminale di una famiglia passa anche dall’obbedienza e dall’onore di chi ne fa parte. Di Bella ha compreso che bisognava allontanare questi ragazzi dalla Calabria; far conoscere loro altri mondi, altre possibilità di vita; renderli, come era loro diritto, persone nuove; abituarli a contesti che potessero stimolare in loro riflessioni sui temi del rispetto, della paura, della privazione della libertà individuale, dell’assunzione di responsabilità e della sofferenza interiore che le associazioni criminali infliggono anche ai loro affiliati. Consentendo loro di mettere a fuoco una verità elementare, che chi vive in contesti criminali tende a rimuovere: all’interno della mafia si vive male; per un po’ di onore e di rispetto, di senso di onnipotenza si baratta l’opportunità di essere liberi.
Gli strumenti normativi a disposizione dell’autorità giudiziaria erano pochi. Mancava una letteratura giuridica in materia, c’era l’assenza di un modello di intervento al quale fare riferimento e la prassi era tutta da inventare. Di Bella e i suoi collaboratori, con il prezioso aiuto dell’associazione “Libera contro le mafie”, questa prassi se la sono inventata e hanno avviato una vera e propria rivoluzione culturale. assenza di un modello di intervento al quale fare riferimento. Unico motore, come sottolinea il giudice, una scelta giuridica, sociale, morale.
Tra i primi provvedimenti, ci piace citare il decreto del Tribunale Minori RC del 6 marzo 2012: allontanamento immediato dei tre minori figli di una madre “suicidata” (costretta a ingurgitare un litro di acido muriatico per essersi allontanata dalle “regole” della famiglia) e decadenza del padre dalla potestà genitoriale.
Si comincia, quindi, a lavorare a un protocollo d’intesa tra tutti gli uffici del distretto giudiziario della Corte di appello di RC (non poteva continuare a esserci assenza di comunicazione tra i diversi uffici giudiziari); il documento viene siglato il 21 marzo 2013 e rappresenta tuttora un precedente assoluto in ambito nazionale e, forse, internazionale.
Di lì a poco, segue qualcosa che fa gridare allo scandalo: all’assoluzione di un ragazzo di ‘ndrangheta, viene affiancato un provvedimento amministrativo di allontanamento da Locri e dalla Calabria. Sulla stampa nazionale, notevoli commentatori (di certo, in buona fede) parlano di Stato etico che minaccia le garanzie dello Stato liberale. Ma questi illustri intellettuali parlano ex cathedra, non conoscono la realtà di ‘ndrangheta e dimenticano che la sofferenza di tanti bambini e adolescenti avviene in spregio della normativa interna e internazionale a tutela dell’infanzia. Di Bella, come egli stesso ribadisce, non ha davanti principi astratti da difendere, ma ragazzi in carne e ossa, che vanno aiutati subito, prima di perderli. Non si tratta di rieducare nessuno; semplicemente, si tratta di mostrare a questi ragazzi che fuori dagli spazi chiusi delle loro case esiste un altro mondo. 
Il 1luglio 2017, nel salone delle cerimonie della prefettura di RC, l’accordo quadro del progetto “Liberi di scegliere” viene firmato dai ministri dell’Interno e della Giustizia. Finalmente, si ha una prima copertura governativa in relazione a un orientamento giurisprudenziale molto discusso, per un progetto sperimentale: la realizzazione di pool educativi antimafia. Con la formazione mirata di tutti coloro (giudici, assistenti sociali, psicologi, forze dell’ordine) che a vario titolo dovranno occuparsi degli sfortunati figli delle mafie e dei loro genitori che accettano i percorsi educativi.
Una rete specializzata, composta anche da famiglie, case-famiglia e strutture comunitarie preparate ad hoc, in grado di aiutare i ragazzi a riconoscere i bisogni più profondi, compressi dall’ideologia e dalla tradizione educativa mafiosa.
Una rete capace di operare con i familiari, anche se detenuti, con l’obiettivo immediato di ridurre l’impatto emotivo dei provvedimenti (spiegando le motivazioni e le finalità di tutela) e quello finale di cooptarli nei processi educativi facendo leva sui sentimenti genitoriali (più o meno sopiti, più o meno distorti).
Obiettivo finale: costruire percorsi di recupero individualizzati e indirizzare correttamente i giovani in un’ottica di affrancamento dalla cultura malavitosa, verso il raggiungimento di un’autonomia esistenziale e lavorativa. Renderli “liberi di scegliere” il loro destino.
L’accordo quadro Liberi di scegliere è stato recepito dalla Regione Calabria in una legge regionale (l.r. 26 aprile 2018, n. 9).
Il protocollo che integra l’accordo quadro viene firmato, nella sede della Direzione nazionale antimafia a Roma, il 2 febbraio 2018 e prevede una rete sociale di accoglienza per le vittime della violenza mafiosa, quando non ricorrono i presupposti per l’inserimento nelle misure speciali di protezione, e per le donne e i ragazzi che intendono dissociarsi dalle logiche della criminalità organizzata senza assumere lo status di collaboratori o testimoni di giustizia.
L’orientamento giurisprudenziale del tribunale per i minorenni di RC riceve anche un importante avallo da una risoluzione del CSM (delibera del 31 ottobre 2017).
Sono 80 minori e circa 40 nuclei familiari, le persone che dal 2012 a oggi hanno potuto lasciare la Calabria, la Sicilia, la Campania ed i contesti mafiosi grazie al progetto “Liberi di scegliere”.
Ciò che manca, però, è una legge statale che delinei una cornice normativa certa e cogente e disponga le risorse pubbliche necessarie all’implementazione della medesima.
Il nostro disegno di legge intende colmare esattamente questa lacuna.
Con la volontà di perseguire concretamente questa finalità, abbiamo ritenuto di implementare le disposizioni contenute nel nostro disegno di legge attraverso un primo congruo incremento delle risorse finanziarie del “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso”, mutandone nel contempo e conseguentemente la denominazione in “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e per la prevenzione della marginalità sociale e culturale a favore di minori provenienti da contesti familiari di criminalità organizzata”. La nostra decisione di agire per mezzo di questo Fondo, riteniamo possa essere parte integrante di quella rivoluzione culturale che la materia in oggetto e il relativo intervento normativo presuppongono e promuovono: cioè a dire, il riconoscimento dello status di vittime, potenziali o attuali, a quei “figli delle mafie” che devono essere aiutati a emanciparsi dai contesti mortiferi nei quali sono nati e vivono. Lo Stato non può ignorarli; non può mostrarsi soltanto nel momento delle manette e dei processi. Lo Stato ha il dovere di aprirli alla possibilità di diventare cittadini.
Scrive Di Bella: “Non esistono vite segnate per sempre La divisione tra i buoni e i cattivi non è un confine indelebile. In Calabria, come in altri drammatici territori, coltivare una speranza di riscatto non è più un’utopia”.
Il titolo del nostro progetto è stata la prima cosa a sorgere spontanea e pressoché unanime dalle nostre discussioni; ci è venuto in maniera naturale: “La mafia non è un destino”.