Disciplina per la realizzazione di crematori e loro distanze dai centri abitati

  • Pubblicato il 15 Marzo 2023
  • da Liceo Don Carlo La Mura, Angri (Salerno)
Disciplina per la realizzazione di crematori e loro distanze dai centri abitati

Onorevoli Senatori! La pratica della cremazione è in Italia in costante crescita: nel 2021 c'è stata una incidenza percentuale che supera il 34%, con un trend in costante crescita.
La cremazione è ormai pratica funebre maggioritaria e la scelta normale in ampie zone d’Italia, ma, e qui sta la novità, cresce sempre più nel Centro e nel Sud a causa di carenze di posti feretro e per economicità del costo complessivo di un funerale.
È fatto notorio, però, che i forni crematori con il loro funzionamento producono emissioni inquinanti e non si può, d'altra parte, negare che questo tipo di emissioni sia in termini chimico-fisici del tutto identici a quelli prodotti dagli inceneritori.
La cremazione è ormai una pratica sempre più diffusa ma, ovviamente, produce fumi inquinanti che possono costituire un pericolo per la salute e per l’ambiente.
Se ne è occupato recentemente il Consiglio di Stato, il quale, chiamato in causa per un impianto di cremazione e custodia urne cinerarie presso il nuovo cimitero del Comune di Civitavecchia, ha considerato fatto notorio “che i forni crematori con il loro funzionamento producono emissioni inquinanti, costituite in particolare da polveri, monossido di carbonio, ossidi di azoto e zolfo, composti organici volatili, composti inorganici del cloro e del fluoro e metalli pesanti, tra cui il mercurio sovente presente nelle otturazioni dentarie”; e, quindi, in termini chimico fisici, del tutto identiche a quelle prodotte dagli inceneritori.
Trattasi di sentenza emessa dal nostro massimo organo di giustizia amministrativa che, se pure emessa per un caso particolare, ha un contenuto generale per quanto concerne gli obblighi a carico dei forni crematori. Con la conseguenza che, visto che trattasi di industrie insalubri di prima classe, in primo luogo la loro attivazione deve essere comunicata preventivamente al sindaco e devono, di regola, salvo espressa deroga motivata, essere isolati nelle campagne e tenuti lontani dalle abitazioni.
Tutto ciò premesso, auspichiamo che l'attuale proposta di legge, trovi accoglimento in questa Assemblea e possa presto diventare una legge di questo Stato.
Più in generale, infine, la parte V del D. Lgs 152/06 (cd. TUA, testo unico ambientale) prescrive che tutti gli impianti che producono emissioni in atmosfera devono essere autorizzati in base alle migliori tecnologie disponibili tenendo conto dei valori e degli obiettivi fissati per la qualità dell’aria.
In sostanza, quindi, appare chiaro, secondo la normativa sopra succintamente richiamata, che i forni crematori devono essere muniti di autorizzazione per le emissioni in atmosfera, che la loro gestione rientra nell’ambito delle competenze comunali e che non è mai stato emanato il decreto interministeriale che dovrebbe individuare le norme tecniche relative ai limiti consentiti per queste emissioni.
La cremazione è ormai una pratica sempre più diffusa ma, ovviamente, produce fumi inquinanti che possono costituire un pericolo per la salute e per l’ambiente. Se ne è occupato recentemente il Consiglio di Stato, il quale, chiamato in causa per un impianto di cremazione e custodia urne cinerarie presso il nuovo cimitero del Comune di Civitavecchia, ha considerato fatto notorio “che i forni crematori con il loro funzionamento producono emissioni inquinanti, costituite in particolare da polveri, monossido di carbonio, ossidi di azoto e zolfo, composti organici volatili, composti inorganici del cloro e del fluoro e metalli pesanti, tra cui il mercurio sovente presente nelle otturazioni dentarie”; e, quindi, in termini chimico fisici, del tutto identiche a quelle prodotte dagli inceneritori.
La vicenda vedeva contrapposti il Comune di Civitavecchia e la società affidataria della costruzione e gestione dell’impianto, la quale contestava gli obblighi, imposti con l’AUA (Autorizzazione Unica Ambientale) su richiesta del sindaco, di monitorare a scadenze regolari gli scarichi in atmosfera e di non superare ogni anno il numero massimo di cremazioni previste “dal piano economico finanziario approvato in sede di gara” con un numero massimo di ore di attività giornaliera.
Proponeva, quindi, ricorso al Tar del Lazio, il quale, tuttavia, lo respingeva, osservando che si tratta pur sempre di un’attività che comporta immissioni in atmosfera in un ambiente, come quello di Civitavecchia, notoriamente soggetto a pressione ambientale, e che le prescrizioni stesse sono analoghe a quelle che altri Comuni hanno imposto ad impianti identici della stessa impresa.
La società ricorreva, allora, in appello al Consiglio di Stato lamentando sia la incompetenza del sindaco ad esprimere un parere sanitario sulla realizzazione del forno crematorio sia il carattere sproporzionato ed irragionevole delle prescrizioni impostele.
La sentenza accoglieva, invece, integralmente le osservazioni del sindaco, secondo cui i forni crematori sono assimilabili agli “inceneritori”, che, in base alla normativa del T.U.LL.SS. del  1934 sono “ industrie insalubri di prima classe”. Normativa che appare ancora oggi applicabile, in quanto la mancata emanazione del decreto interministeriale previsto dall’art. 8 della legge 30 marzo 2001, n. 130 sulle norme tecniche per i forni crematori ha lasciato un vuoto normativo, in particolare per quanto concerne la disciplina delle emissioni in atmosfera, “vuoto che il Sindaco ha ritenuto di colmare esercitando la propria competenza ai sensi del T.U. 1265/1934”.
In sostanza, quindi, secondo il Consiglio di Stato, “con tutto il rispetto che l’etica impone per quelle che comunque sono le spoglie mortali di un essere umano, non si può allora negare che questo tipo di emissioni sia in termini chimico fisici del tutto identico a quello prodotto appunto dagli inceneritori citati nel parere del Sindaco. Appare quindi legittimo che il vuoto di prescrizioni creato dalla non attuazione della l. 130/2001 sul punto venga colmato con il ricorso alla normativa generale del T.U., tenuto presente che dall’art. 8 della l. 130/2001 stessa emerge inequivocabile la volontà del legislatore nel senso che la materia venisse disciplinata. La competenza del Sindaco si deve quindi ritenere legittimamente esercitata”; e parimenti legittime risultano le prescrizioni imposte, che integrano le “determinate cautele” cui il sindaco può subordinare l’esercizio della industria insalubre ai sensi dell’art. 216 del citato Testo unico.
Trattasi di sentenza emessa dal nostro massimo organo di giustizia amministrativa che, se pure emessa per un caso particolare, ha un contenuto generale per quanto concerne gli obblighi a carico dei forni crematori. Con la conseguenza che, visto che trattasi di industrie insalubri di prima classe, in primo luogo la loro attivazione deve essere comunicata preventivamente al sindaco e devono, di regola, salvo espressa deroga motivata, essere isolati nelle campagne e tenuti lontani dalle abitazioni
A confermare questo legame con il territorio interferito ci pensa il DPR 285/1990 sul regolamento di polizia mortuaria. L’articolo 78 di questo DPR stabilisce che il progetto di costruzione di un crematorio deve essere corredato da una relazione che illustri le caratteristiche ambientali del sito, le caratteristiche tecnico-sanitarie dell’impianto e i sistemi di tutela dell’aria dagli inquinamenti sulla base delle norme vigenti in materia”.
In questa direzione anche l’articolo 6 della legge 130/2001 sulla programmazione regionale, costruzione e gestione dei crematori che ricorda l’esperto, dispone che “entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le Regioni elaborano piani regionali di coordinamento per la realizzazione dei crematori da parte dei comuni, anche in associazione tra essi, tenendo conto della popolazione residente, dell’indice di mortalità e dei dati statistici sulla scelta crematoria da parte dei cittadini di ciascun territorio comunale, prevedendo, di norma, la realizzazione di almeno un crematorio per regione”.
Le emissioni dei crematori sono regolamentate dall’Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) e sono soggette alle prescrizioni in materia di emissioni gassose in atmosfera”, scrive il giurista che poi sottolinea che “per la fissazione dei limiti di emissione di inquinanti devono essere considerate le migliori tecnologie disponibili, anche al fine di rispettare i valori e gli obiettivi di qualità dell’aria. Nello studio impiantistico della tecnologia di depurazione dei fumi, vengono di solito prese come riferimento le migliori tecnologie disponibili dei termovalorizzatori, anche se la discontinuità del processo di cremazione rende questi forni diversi dai termovalorizzatori.
Il problema vero, però, è che non è mai stato emanato il Decreto Interministeriale
che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge 130/2001, avrebbe dovuto definire le norme tecniche per la realizzazione dei crematori, relativamente ai limiti di emissione, agli impianti e agli ambienti tecnologici, nonché ai materiali per la costruzione delle bare per la cremazione

 

Art. 1
(Ambito di applicazione)

La presente legge si applica agli impianti di cremazione delle salme, di seguito denominati “forni crematori”


Art. 2
(Modifica all'articolo 78 del D.P.R. 285/1990)

Al primo comma dell'articolo 78 del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 “Approvazione del regolamento di polizia mortuaria”, sostituire le parole “entro i recinti dei cimiteri” con le seguenti: “in aree ad insediamento industriale”.

Art. 3
(Approvazione del progetto)

1. L'approvazione del progetto di realizzazione di un forno crematorio deve essere corredata da un parere del Sindaco sulla valutazione del rischio per la salute pubblica, in particolare:
a) sulla rilevanza sanitaria delle emissioni dell’impianto,
b) sui rischi di incidenti rilevanti dall’impianto con fuoriuscite anomale di emissioni inquinanti.
2. Il suddetto parere deve essere accompagnato da una relazione tecnica dell'Asl, territorialmente competente, volta a ricercare, preventivamente, concentrazioni di diossine e mercurio, ed altri metalli pesanti, nei campioni di terreno dell'area interessata, nel rispetto della normativa italiana ed europea vigente in materia.
3. Tale relazione ha valore vincolante.


Art. 4
(Criteri di utilizzo)

Al fine di ridurre l'inquinamento prodotto dall'attività dei forni crematori, è fatto obbligo:
a) l'installazione delle migliori tecnologie disponibili per la riduzione delle emissioni, in particolare di diossine e mercurio;
b)  l'utilizzo di bare che abbiano caratteristiche strutturali che limitino le emissioni tossiche in atmosfera durante la loro combustione.


Art. 5
(Caratteristiche strutturali delle bare)

1. Le bare dovranno essere introdotte nei forni crematori prive di elementi di metallo.
2. Dovranno essere impiegate bare di legno dolce, non resinoso, non aromatico e non verniciato.

Art. 6
(Monitoraggio)

1. L'ASL territorialmente competente, è tenuta ad effettuare, attività di monitoraggio della qualità dell'aria, nonché rilevazione della presenza di mercurio e altri metalli nei terreni delle aree interessate.
2. Laddove dall'attività di monitoraggio, risultasse il superamento dei valori consentiti, in base alla normativa italiana ed europea vigente, l'Asl può disporre la sospensione temporanea dell'attività di cremazione, fino al ripristino dei valori consentiti.


Art. 7
(Entrata in vigore)

La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

il 21/03/2023
V. P. - Angri
ha proposto il seguente emendamento:
All'art. 3, comma 1, dopo la lettera b), aggiungere la lettera c), con le seguenti parole: "sul contesto urbanistico interessato dall'impianto."
Approvato
  • Voti totali: 22
  • Favorevoli: 22
  • Contrari: 0
  • Astenuti: 0
il 21/03/2023
G. R. - Angri
ha proposto il seguente emendamento:
All'art.3, comma 2, dopo la parola competente, aggiungere le seguenti: ", e dell'ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente)".
Approvato
  • Voti totali: 22
  • Favorevoli: 18
  • Contrari: 0
  • Astenuti: 4
il 21/03/2023
G. R. - Angri
ha proposto il seguente emendamento:
All'art.3, comma 2, dopo la parola terreno, aggiungere le seguenti: "e dell'aria".
Approvato
  • Voti totali: 22
  • Favorevoli: 22
  • Contrari: 0
  • Astenuti: 0
il 28/03/2023
G. N. - Angri (SA)
ha proposto il seguente emendamento:
All'art.5, dopo il comma 2, aggiungere il seguente: "3. Dovranno essere ridotti al minimo la presenza di tessuti sintetici e guarnizioni interne, quali imbottiture, tessuti, piume e simili."
Approvato
  • Voti totali: 21
  • Favorevoli: 21
  • Contrari: 0
  • Astenuti: 0
il 28/03/2023
G. A. - Angri(SA)
ha proposto il seguente emendamento:
All'art. 6, comma1, dopo il termine effettuare, aggiungere le seguenti parole: ", con cadenza semestrale".
Approvato
  • Voti totali: 21
  • Favorevoli: 19
  • Contrari: 1
  • Astenuti: 1

Onorevoli Senatori! La pratica della cremazione è in Italia in costante crescita: nel 2021 c'è stata una incidenza percentuale che supera il 34%, con un trend in costante crescita. La cremazione è ormai pratica funebre maggioritaria e la scelta normale in ampie zone d’Italia, ma, e qui sta la novità, cresce sempre più nel Centro e nel Sud a causa di carenze di posti feretro e per economicità del costo complessivo di un funerale. È fatto notorio, però, che i forni crematori con il loro funzionamento producono emissioni inquinanti e non si può, d'altra parte, negare che questo tipo di emissioni sia in termini chimico-fisici del tutto identici a quelli prodotti dagli inceneritori. La cremazione è ormai una pratica sempre più diffusa ma, ovviamente, produce fumi inquinanti che possono costituire un pericolo per la salute e per l’ambiente. Se ne è occupato recentemente il Consiglio di Stato, il quale, chiamato in causa per un impianto di cremazione e custodia urne cinerarie presso il nuovo cimitero del Comune di Civitavecchia, ha considerato fatto notorio “che i forni crematori con il loro funzionamento producono emissioni inquinanti, costituite in particolare da polveri, monossido di carbonio, ossidi di azoto e zolfo, composti organici volatili, composti inorganici del cloro e del fluoro e metalli pesanti, tra cui il mercurio sovente presente nelle otturazioni dentarie”; e, quindi, in termini chimico fisici, del tutto identiche a quelle prodotte dagli inceneritori. Trattasi di sentenza emessa dal nostro massimo organo di giustizia amministrativa che, se pure emessa per un caso particolare, ha un contenuto generale per quanto concerne gli obblighi a carico dei forni crematori. Con la conseguenza che, visto che trattasi di industrie insalubri di prima classe, in primo luogo la loro attivazione deve essere comunicata preventivamente al sindaco e devono, di regola, salvo espressa deroga motivata, essere isolati nelle campagne e tenuti lontani dalle abitazioni. Tutto ciò premesso, auspichiamo che l'attuale proposta di legge, trovi accoglimento in questa Assemblea e possa presto diventare una legge di questo Stato. Più in generale, infine, la parte V del D. Lgs 152/06 (cd. TUA, testo unico ambientale) prescrive che tutti gli impianti che producono emissioni in atmosfera devono essere autorizzati in base alle migliori tecnologie disponibili tenendo conto dei valori e degli obiettivi fissati per la qualità dell’aria. In sostanza, quindi, appare chiaro, secondo la normativa sopra succintamente richiamata, che i forni crematori devono essere muniti di autorizzazione per le emissioni in atmosfera, che la loro gestione rientra nell’ambito delle competenze comunali e che non è mai stato emanato il decreto interministeriale che dovrebbe individuare le norme tecniche relative ai limiti consentiti per queste emissioni. La cremazione è ormai una pratica sempre più diffusa ma, ovviamente, produce fumi inquinanti che possono costituire un pericolo per la salute e per l’ambiente. Se ne è occupato recentemente il Consiglio di Stato, il quale, chiamato in causa per un impianto di cremazione e custodia urne cinerarie presso il nuovo cimitero del Comune di Civitavecchia, ha considerato fatto notorio “che i forni crematori con il loro funzionamento producono emissioni inquinanti, costituite in particolare da polveri, monossido di carbonio, ossidi di azoto e zolfo, composti organici volatili, composti inorganici del cloro e del fluoro e metalli pesanti, tra cui il mercurio sovente presente nelle otturazioni dentarie”; e, quindi, in termini chimico fisici, del tutto identiche a quelle prodotte dagli inceneritori. La vicenda vedeva contrapposti il Comune di Civitavecchia e la società affidataria della costruzione e gestione dell’impianto, la quale contestava gli obblighi, imposti con l’AUA (Autorizzazione Unica Ambientale) su richiesta del sindaco, di monitorare a scadenze regolari gli scarichi in atmosfera e di non superare ogni anno il numero massimo di cremazioni previste “dal piano economico finanziario approvato in sede di gara” con un numero massimo di ore di attività giornaliera. Proponeva, quindi, ricorso al Tar del Lazio, il quale, tuttavia, lo respingeva, osservando che si tratta pur sempre di un’attività che comporta immissioni in atmosfera in un ambiente, come quello di Civitavecchia, notoriamente soggetto a pressione ambientale, e che le prescrizioni stesse sono analoghe a quelle che altri Comuni hanno imposto ad impianti identici della stessa impresa. La società ricorreva, allora, in appello al Consiglio di Stato lamentando sia la incompetenza del sindaco ad esprimere un parere sanitario sulla realizzazione del forno crematorio sia il carattere sproporzionato ed irragionevole delle prescrizioni impostele. La sentenza accoglieva, invece, integralmente le osservazioni del sindaco, secondo cui i forni crematori sono assimilabili agli “inceneritori”, che, in base alla normativa del T.U.LL.SS. del 1934 sono “industrie insalubri di prima classe”. Normativa che appare ancora oggi applicabile, in quanto la mancata emanazione del decreto interministeriale previsto dall’art. 8 della legge 30 marzo 2001, n. 130 sulle norme tecniche per i forni crematori ha lasciato un vuoto normativo, in particolare per quanto concerne la disciplina delle emissioni in atmosfera, “vuoto che il Sindaco ha ritenuto di colmare esercitando la propria competenza ai sensi del T.U. 1265/1934”. In sostanza, quindi, secondo il Consiglio di Stato, “con tutto il rispetto che l’etica impone per quelle che comunque sono le spoglie mortali di un essere umano, non si può allora negare che questo tipo di emissioni sia in termini chimico fisici del tutto identico a quello prodotto appunto dagli inceneritori citati nel parere del Sindaco. Appare quindi legittimo che il vuoto di prescrizioni creato dalla non attuazione della l. 130/2001 sul punto venga colmato con il ricorso alla normativa generale del T.U., tenuto presente che dall’art. 8 della l. 130/2001 stessa emerge inequivocabile la volontà del legislatore nel senso che la materia venisse disciplinata. La competenza del Sindaco si deve quindi ritenere legittimamente esercitata”; e parimenti legittime risultano le prescrizioni imposte, che integrano le “determinate cautele” cui il sindaco può subordinare l’esercizio della industria insalubre ai sensi dell’art. 216 del citato Testo unico. Trattasi di sentenza emessa dal nostro massimo organo di giustizia amministrativa che, se pure emessa per un caso particolare, ha un contenuto generale per quanto concerne gli obblighi a carico dei forni crematori. Con la conseguenza che, visto che trattasi di industrie insalubri di prima classe, in primo luogo la loro attivazione deve essere comunicata preventivamente al sindaco e devono, di regola, salvo espressa deroga motivata, essere isolati nelle campagne e tenuti lontani dalle abitazioni. A confermare questo legame con il territorio interferito ci pensa il DPR 285/1990 sul regolamento di polizia mortuaria. L’articolo 78 di questo DPR stabilisce che il progetto di costruzione di un crematorio deve essere corredato da una relazione che illustri le caratteristiche ambientali del sito, le caratteristiche tecnico-sanitarie dell’impianto e i sistemi di tutela dell’aria dagli inquinamenti sulla base delle norme vigenti in materia”. In questa direzione anche l’articolo 6 della legge 130/2001 sulla programmazione regionale, costruzione e gestione dei crematori che ricorda l’esperto, dispone che “entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le Regioni elaborano piani regionali di coordinamento per la realizzazione dei crematori da parte dei comuni, anche in associazione tra essi, tenendo conto della popolazione residente, dell’indice di mortalità e dei dati statistici sulla scelta crematoria da parte dei cittadini di ciascun territorio comunale, prevedendo, di norma, la realizzazione di almeno un crematorio per regione”. Le emissioni dei crematori sono regolamentate dall’Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) e sono soggette alle prescrizioni in materia di emissioni gassose in atmosfera”, scrive il giurista che poi sottolinea che “per la fissazione dei limiti di emissione di inquinanti devono essere considerate le migliori tecnologie disponibili, anche al fine di rispettare i valori e gli obiettivi di qualità dell’aria. Nello studio impiantistico della tecnologia di depurazione dei fumi, vengono di solito prese come riferimento le migliori tecnologie disponibili dei termovalorizzatori, anche se la discontinuità del processo di cremazione rende questi forni diversi dai termovalorizzatori. Il problema vero, però, è che non è mai stato emanato il Decreto Interministeriale
che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge 130/2001, avrebbe dovuto definire le norme tecniche per la realizzazione dei crematori, relativamente ai limiti di emissione, agli impianti e agli ambienti tecnologici, nonché ai materiali per la costruzione delle bare per la cremazione.


Art. 1
(Ambito di applicazione)


La presente legge si applica agli impianti di cremazione delle salme, di seguito denominati “forni crematori”.


Art. 2
(Modifica all'articolo 78 del D.P.R. 285/1990)


Al primo comma dell'articolo 78 del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 “Approvazione del regolamento di polizia mortuaria”, sostituire le parole “entro i recinti dei cimiteri” con le seguenti: “in aree ad insediamento industriale”.


Art. 3
(Approvazione del progetto)


1. L'approvazione del progetto di realizzazione di un forno crematorio deve essere corredata da un parere del Sindaco sulla valutazione del rischio per la salute pubblica, in particolare:
a) sulla rilevanza sanitaria delle emissioni dell’impianto,
b) sui rischi di incidenti rilevanti dall’impianto con fuoriuscite anomale di emissioni inquinanti,
c) sul contesto urbanistico interessato dall’impianto.
2. Il suddetto parere deve essere accompagnato da una relazione tecnica dell'Asl, territorialmente competente, e dall’ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente), volta a ricercare, preventivamente, concentrazioni di diossine e mercurio, ed altri metalli pesanti, nei campioni di terreno e dell’aria dell'area interessata, nel rispetto della normativa italiana ed europea vigente in materia.
3. Tale relazione ha valore vincolante.


Art. 4
(Criteri di utilizzo)


Al fine di ridurre l'inquinamento prodotto dall'attività dei forni crematori, è fatto obbligo:
a) l'installazione delle migliori tecnologie disponibili per la riduzione delle emissioni, in particolare di diossine e mercurio;
b) l'utilizzo di bare che abbiano caratteristiche strutturali che limitino le emissioni tossiche in atmosfera durante la loro combustione.


Art. 5
(Caratteristiche strutturali delle bare)


1. Le bare dovranno essere introdotte nei forni crematori prive di elementi di metallo.
2. Dovranno essere impiegate bare di legno dolce, non resinoso, non aromatico e non verniciato.
3. Dovranno essere ridotti al minimo la presenza di tessuti sintetici e guarnizioni interne, quali imbottiture, tessuti, piume e simili.


Art. 6
(Monitoraggio)


1.    L'ASL territorialmente competente, è tenuta ad effettuare, con cadenza semestrale, attività di monitoraggio della qualità dell'aria, nonché rilevazione della presenza di mercurio e altri metalli nei terreni delle aree interessate.
2. Laddove dall'attività di monitoraggio, risultasse il superamento dei valori consentiti, in base alla normativa italiana ed europea vigente, l'Asl può disporre la sospensione temporanea dell'attività di cremazione, fino al ripristino dei valori consentiti.


Art. 7
(Entrata in vigore)


La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Approfondimento

Approfondimento normativo

Ad oggi in Italia non esiste una norma unitaria che disciplini l’installazione degli impianti di cremazione e le loro conseguenti emissioni; ogni Regione o Provincia stabilisce quindi dei limiti specifici in relazione alla localizzazione dell’impianto ed alla tecnologia adottata.
La normativa nazionale che disciplina i forni crematori sotto il profilo della tutela dell’ambiente e della salute pubblica risale al 1934 (Testo Unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 24 luglio 1934, n. 1265).
In particolare, all’articolo 338 relativo alle distanze dei cimiteri, e quindi anche dei crematori, dalle zone residenziali, afferma che i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato.
Ora, non vi è dubbio che i forni crematori producono emissioni che vengono immessi in atmosfera e che rivelano sul piano della sicurezza ambientale.
Un chiaro riferimento a norme e leggi che riguardino il controllo dell’inquinamento atmosferico, affinché questo non rechi danno all’ambiente in generale, si trova già nell’articolo 9, comma 2, della Costituzione della Repubblica italiana che stabilisce come principio fondamentale la tutela del paesaggio (inteso come ambiente prodotto dall’azione combinata della natura e dell’uomo) e del patrimonio artistico e storico della nazione.
È necessario perciò considerare la tutela dell’ambiente in tutti i suoi aspetti: territorio, aria, acqua, suolo, etc.
Sempre in riferimento alla Costituzione italiana, si può ancora ricordare l’articolo 32, in cui viene definita la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. Con un’attenta riflessione su questi articoli si può ricavare un preciso intento alla tutela dell’individuo come avente diritto a vivere e lavorare in ambienti salubri e provvisti delle necessarie misure di sicurezza. Tutte queste considerazioni possono tranquillamente essere estese al problema dell’inquinamento atmosferico.
La Legge 130/2001 “Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri” prevede l’emanazione di uno specifico provvedimento interministeriale in materia, non ancora però intervenuto. Tale provvedimento dovrebbe definire le norme tecniche per la realizzazione dei crematori, relativamente ai limiti di emissione, agli impianti e agli ambienti tecnologici, nonché ai materiali per la costruzione delle bare per la cremazione. In particolare,  all'art. 6, si stabilisce che la gestione dei forni crematori spetta ai Comuni che ne approvano i progetti di costruzione e vigilano sulla loro conduzione; le Regioni, dal canto loro, devono elaborare “Piani Regionali di Coordinamento“ per la realizzazione dei crematori da parte dei comuni, anche in associazione tra essi, tenendo conto della popolazione residente, dell’indice di mortalità e dei dati statistici sulla scelta crematoria da parte dei cittadini di ciascun territorio comunale, prevedendo, di norma, la realizzazione di almeno un crematorio per Regione.
Quanto all’ubicazione dei forni, il D.P.R. 285/1990 “Approvazione del regolamento di polizia mortuaria” stabilisce (all’art. 78) che questi siano costruiti entro i recinti dei cimiteri e che il progetto di costruzione debba essere corredato da una relazione nella quale vengano illustrate le caratteristiche ambientali del sito, le caratteristiche tecnico-sanitarie dell’impianto e i sistemi di tutela dell’aria dagli inquinamenti. I cimiteri, dal canto loro, in base all’art. 338 del Regio Decreto 1265/1934 “Testo Unico delle Leggi Sanitarie“ (così come modificato dall’art. 4 della Legge 130/2001) devono essere distanti almeno duecento metri dai centri abitati (tranne il caso di cimiteri di urne) ed è vietato costruire intorno agli stessi nuovi edifici e ampliare quelli preesistenti entro il raggio di duecento metri.
E' evidente un vuoto normativo che, vista la potenziale pericolosità, in termini di impatto ambientale, degli impianti di cremazione, deve spingere il legislatore a individuare, innanzitutto, un'ubicazione che sia maggiormente distante dai centri abitati, a tutela della salute pubblica.

 

Approfondimento tematico

La cremazione è una forma di trattamento del cadavere attraverso la sua combustione e conseguente riduzione in ceneri. E’ una pratica che risale già a civiltà molto antiche: già l’uomo del Neolitico, ancora dedito al nomadismo, praticava la cremazione.
Sfogliando ancora le pagine della storia del mondo e dell’umanità, giungiamo a popolazioni molto vicine a noi, infatti, Etruschi e Greci, oltre a praticare l’inumazione (cioè il seppellimento dei cadaveri), non erano estranei alla cremazione. Bruciare un corpo era assimilato ad un atto di purificazione. Anche presso i Romani usavano praticare la cremazione, e, come avveniva nella Grecia antica, si trattava di un privilegio ad esclusivo appannaggio delle classi più ricche.
Quando il paganesimo fu soppiantato dal Cristianesimo, la pratica della cremazione fu messa momentaneamente da parte. Agli occhi dei cristiani, l’inumazione sembrava una procedura più umile e più semplice, che meglio incarnava lo spirito di uguaglianza posto in essere dalla dottrina imperante.
Intorno al IX secolo la Chiesa, poi, vietò completamente la cremazione considerata una forma pagana di trattamento del defunto. Ma il dibattito sull'introduzione della cremazione si riaprì durante la rivoluzione francese e, ancora di più, nella seconda metà del IX secolo promosso da uomini ispirati al positivismo. Da allora la cremazione si è affermata nel mondo occidentale quale, da un lato, espressione di un pensiero libero e razionale, e, dall'altro, efficace soluzione al problema degli spazi cimiteriali.
Nel nostro Paese la cremazione è diffusa in percentuali che variano sensibilmente da regione a regione, ma sicuramente assistiamo ad un fenomeno destinato ad aumentare. Conseguentemente, si rende necessario mettere a punto una serie di condizioni idonee a che le cremazioni si basino su politiche a tutela dell’ambiente
Sebbene i moderni impianti di cremazione siano dotati delle migliori tecnologie, essi non sono esenti dall’immissione nell’ambiente di sostanze tossiche e cancerogene dannose per la salute umana e per l’ambiente.
Il professor Antonio Giordano, docente del dipartimento di Biotecnologie mediche dell’Università di Siena e direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Philadelphia, componente del Comitato scientifico dell’Istituto Superiore di Sanità dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ha dedicato numerose ricerche al rapporto tra le ingiurie ambientali e le patologie umane.
Uno dei suoi più recenti studi, ha analizzato le gravi conseguenze sulla salute umana causate dall’inquinamento prodotto dai forni crematori. “I forni crematori sono impianti che, anche se dotati delle migliori tecnologie, immettono inevitabilmente nell’ambiente sostanze tossiche e cancerogene dannose per la salute umana e per l’ambiente. L’inquinamento del suolo indica l’alterazione dell’equilibrio chimico-fisico e biologico del suolo.
Gli inquinanti ambientali generati dalla combustione si disperdono nell’aria e la loro concentrazione diminuisce quanto più ci si allontana dalla sorgente, anche se, successivamente, queste molecole cadono, comunque, al suolo. Con il tempo, la concentrazione di inquinanti nel terreno potrebbe aumentare progressivamente ed un terreno contaminato resterebbe tale per periodi più o meno lunghi in base alla persistenza delle molecole. A questo punto, l’inquinamento del suolo può avere significative conseguenze deleterie per gli ecosistemi, inducendo cambiamenti, talvolta anche severi, proprio alla base della catena alimentare.
Dunque, si può affermare che il principale impatto ambientale di questo tipo di impianti riguarda l’aria, poiché durante la cremazione nei forni si ha produzione di inquinanti atmosferici, in particolare: monossido di carbonio, ossidi di azoto e zolfo, composti organici volatili, composti inorganici del cloro e del fluoro e metalli pesanti. Possono aggiungersi, inoltre, emissioni di mercurio (dall’amalgama presente nelle otturazioni dentarie), zinco (specialmente nel caso delle cremazioni di tombe estumulate), diossine-furani e IPA.
 Queste sostanze sono tra le principali cause di malattie quali cancro (soprattutto polmonare) e malattie degenerative del sistema nervoso (autismo e alzheimer)
In conclusione, si può affermare che, ad oggi, le istituzioni mondiali per la tutela della salute e altri esperti di sanità pubblica considerano qualsiasi livello di emissione di inquinanti una minaccia per l’ambiente in cui si vive e di conseguenza per la salute umana. A differenza di altre forme di esposizione a rischi ambientali, l’esposizione agli inquinanti presenti nell’aria non può essere facilmente evitata per cui prima di utilizzare qualsiasi impianto industriale, inclusi forni crematori, è necessario ed obbligatorio garantire la quasi totale assenza di immissione di sostanze tossiche in ambiente, limitando qualsiasi possibile danno sanitario per la salute della popolazione. “
Quindi la ricerca scientifica si conclude sostenendo la necessità di rivedere le posizioni normative sulla costruzione dei forni, affermando che si tratti di veri e propri impianti industriali, assimilabili ad altre tipologie di inceneritori, per i quali la legge prevede una disciplina molto più restrittiva.
La normativa nazionale che disciplina i forni crematori risale al 1934, e relativamente alle distanze dei cimiteri dalle zone residenziali afferma che i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro, ma, alla luce della pericolosità di tali impianti, si può ben dedurre la necessità che questi siano realizzati lontano dai centri abitati.