Disposizioni in materia di fine vita

  • Pubblicato il 15 Marzo 2023
  • da Istituto di Istruzione Superiore Cambi Serrani, Falconara Marittima (Ancona)
Disposizioni in materia di fine vita

Onorevoli Senatori! - Il percorso che ci siamo proposti cerca di analizzare l’annosa questione della correttezza morale della somministrazione della morte; tema controverso fin dagli albori della medicina. Dal giuramento d’Ippocrate dove il medico s’impegnava a non somministrare alcun farmaco letale o abortivo; al mondo classico che attraverso la filosofia morale, vedeva il suicidio con rispetto; all’epoca cristiana che, nella Summa Teologica di San Tommaso d’Aquino, affermava che il suicidio è peccato mortale perché contro l’amore che ogni essere deve portare a se stesso e alla società di cui è membro;  nonché per il fatto che la vita è dono di Dio e quindi solo in Lui vi è il potere su di essa. Il nostro lavoro mira ad esaminare il punto di arrivo della legislazione, le sue criticità ed i suoi pregi. Partendo da casi famosi di suicidio assistito, quali Welby, Englaro, Forzatti, passa per i tre casi recentissimi avvenuti, quest’anno, nella nostra regione, le Marche. Ma che sono anche i primi in Italia. Il primo caso è quello di Federico Carboni, tetraplegico da 10 anni che ha ingaggiato una battaglia legale con l'Azienda sanitaria Unica Regionale (Asur) per l'applicazione della sentenza della Consulta Cappato-Dj Fabo. Finalmente, dopo vari ritardi, Federico è riuscito ad ottenere quella che l’Associazione Coscioni, ha definito “una svolta storica” e cioè la somministrazione del farmaco.Allo stesso modo, Antonio, tetraplegico da 10 anni, è stato ammesso al suicidio assistito lo scorso agosto. Un terzo caso è quello di Fabio Ridolfi, anche lui tetraplegico, che, nelle more degli ingranaggi procedurali, ha preferito optare per la sedazione profonda, pur suo malgrado perché molto più dolorosa per i congiunti. Tuttavia, pur non essendo sfociato in suicidio assistito, va qui, secondo noi, annoverato. Il nostro percorso è volto alla stesura di una proposta di legge in tema di fine vita che abbiamo voluto intitolare “L’amore non ha limiti” per evidenziare come l’amore per un proprio congiunto possa arrivare fino al sacrificio anche estremo. La Consulta, infatti, aveva aperto la strada al suicidio assistito ritenendo compatibile il diritto alla salute e la libertà di scegliere con l’art 580 c.p. che punisce l’aiuto e l’istigazione al suicidio. Cioè i giudici costituzionali hanno ritenuto che la Costituzione, in particolare l’art 32 che sancisce la tutela della salute dell’individuo, sia compatibile con l’art 580 del c.p. che punisce l’aiuto al suicidio. Quindi i medici che, nell’esercizio del loro lavoro, ritengano di aiutare un paziente a porre termine alle sue sofferenze, sono liberi di farlo. Ovviamente, quello della Consulta è solo un suggerimento al Parlamento e quella che potrete leggere è la nostra proposta di legge.

 

ART. 1

RATIO DELLA LEGGE e CONDIZIONI

1)    La presente legge della Repubblica ha lo scopo di liberare il paziente terminale, in condizioni irreversibili e prognosi infausta, dalle atroci sofferenze provate, attraverso la morte medicalmente assistita.

2)    A tal fine è necessario che la persona che ne faccia richiesta sia pienamente capace d’intendere e di volere nonché di prendere decisioni libere e consapevoli sulla base dell’avvenuta adeguata illustrazione del caso clinico, in tutti i suoi aspetti, da parte del medico.

ART. 2 

FORMAZIONE DEL MEDICO

1)    Il Medico deve essere formato, ex tunc, in ordine alle modalità di relazione col paziente e la sua formazione continua in itinere.
     2) Egli deve conoscere le modalità peculiari di raccolta del consenso, relative a determinati trattamenti.

ART. 3 

CONSENSO INFORMATO

1)    Il medico, in virtù del principio di alleanza terapeutica col paziente, è tenuto ad informarlo in maniera chiara ed esaustiva su quanto, in toto, attiene all’ anamnesi, alla diagnosi, agli accertamenti necessari per raggiungerla, alla prognosi e alle conseguenti terapie e relativi rischi.
        2)Per converso, il paziente, se lo desidera ha diritto a non essere messo al corrente della sua patologia e quanto ad essa concerne.
3)Il paziente può volere che, in sua vece, sia informato un suo familiare o altra persona da lui indicata. In assenza di tale volontà, il medico non può dare notizie a nessuno.

4)    Il consenso informato viene inserito nella cartella clinica e non è necessario in casi di trattamenti sanitari obbligatori.

5)    Il malato è libero di accettare o rifiutare il trattamento sanitario ma non può esigere trattamenti contrari a norme di legge, anche deontologiche.


ART. 4

REVOCA DEL CONSENSO PRESTATO

1)    Il malato può revocare, in ogni momento, il consenso iniziale.
2)    E’ equiparata al mancato inizio di trattamento, per effetto di consenso non prestato, l’interruzione dello stesso in itinere, dovuta alla volontà del paziente.
3)    Stante l’autodeterminazione, costituzionalmente garantita, del malato è, altresì, possibile revocare il consenso al trattamento intrapreso dal medico per stato di necessità ed in condizioni di non coscienza del paziente. La forma della revoca può essere diversa da quella con la quale il consenso è stato prestato inizialmente poiché potrebbero essere cambiate le condizioni fisiche del paziente.  
L’unico scopo è quello di realizzare la certezza della volontà del paziente.

 ART. 5

CONSENSO DELL’INCAPACE

1)    Il minore, l’interdetto e l’inabilitato esprimono la loro volontà attraverso il legale rappresentante ma è tenuta in considerazione la loro volontà secondo la capacità naturale che ne deriva. In caso di contrasto tra la volontà del minore e quella del rappresentante, decide il giudice tutelare.

ART. 6

EUTANASIA: CONDIZIONI

1)    Il paziente che chiede l’eutanasia deve avere, simultaneamente, i seguenti requisiti:
a)    essere affetto da malattia, irreversibile e certificata, che porti a morte certa e fonte di sofferenze da lui considerate intollerabili
b)    essere tenuto in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale
     Sono considerati apparecchi di sostegno vitale che rappresentino condizioni di accesso alla procedura medicalmente assistita gli apparecchi di respirazione, nutrizione, idratazione, ventilazione, macchinari per dialisi, fleboclisi. Non sono considerati tali tutti quelli che, pur rappresentando in senso letterale un sostegno vitale (es pace maker), possono essere sostituiti con interventi o procedure ad hoc.

ART. 7

CURE PALLIATIVE


1)    Dicesi fase terminale di una malattia quella in cui la malattia non risponde più alle terapie che hanno come scopo la guarigione ed è caratterizzata da una progressiva perdita di autonomia della persona e dal manifestarsi di sintomi, sia fisici che psichici. E’in questa fase che il controllo del dolore e degli altri disturbi, dei problemi psicologici, sociali e spirituali assume importanza primaria.
2)     A tal fine il paziente, prima ancora di poter fare richiesta di ammissione all’eutanasia, deve essere ammesso alle cure palliative. Lo scopo delle cure palliative non è quello di accelerare né di ritardare la morte, ma di preservare la migliore qualità della vita possibile fino alla fine.
3)    Solo se le cure palliative non dovessero sortire alcun effetto sarà possibile far predisporre al paziente la richiesta per l’eutanasia attiva o passiva, a seconda di una libera scelta informata e consapevole sempre che il paziente sia legato a trattamenti di sostegno vitali

ART. 8

EUTANASIA ATTIVA

1)    L’EUTANASIA ATTIVA è l’intervento compiuto dal medico, o da terzi, diretto ad interrompere la vita del paziente mediante la somministrazione di sostanze e farmaci o tramite il compimento di atti che, in quanto tali, siano causa di decesso.
•    il paziente deve soffrire di un dolore fisico insopportabile;
•    la morte deve essere inevitabile e vicina;
•    il paziente deve dare il consenso in maniera esplicita ed attuale
•    il medico deve aver (inefficacemente) esaurito tutte le altre misure di sollievo dal dolore.

 

ART. 9

EUTANASIA PASSIVA


1)    L’EUTANASIA PASSIVA è l’intervento compiuto dal medico o da terzi diretto ad interrompere la somministrazione del trattamento terapeutico applicato al paziente, in modo tale che s’impedisca un prolungamento ingiustificato della vita in previsione della morte prossima.
2)    Il paziente deve essere affetto da una malattia incurabile, e nelle fasi finali della malattia dalla quale difficilmente si riprenderà;
•    il paziente deve dare il consenso espresso all'interruzione del trattamento, e tale consenso deve essere ottenuto e conservato prima della morte. Se il paziente non è in grado di dare un consenso chiaro, il suo consenso può essere determinato da un documento pre-scritto come un testamento biologico o la testimonianza della famiglia;
•    il paziente può essere sottoposto all’eutanasia passiva interrompendo cure mediche, chemioterapia, dialisi, respirazione artificiale, trasfusione di sangue, fleboclisi, ecc…


ART. 10

ACCANIMENTO TERAPEUTICO


1)    Nei casi di pazienti con prognosi infausta e a breve termine o imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili e sproporzionati (accanimento terapeutico).
2)    E’ considerato accanimento terapeutico la pratica ostinata di cure che risultano sproporzionate rispetto all’obiettivo terapeutico che deve essere la cura e non il “mantenere in vita”. Si sono create classificazioni dei trattamenti tipici dell’accanimento:
                    -trattamenti inutili
                    -trattamenti straordinari
                   - trattamenti di sostegno vitale
3) I trattamenti inutili riguardano tutti quegli interventi che non incidono in maniera significativa sul naturale decorso della patologia o sulla miglior qualità della vita del paziente. I trattamenti straordinari riguardano il ricorso a mezzi terapeutici eccedenti le normali capacità che il paziente ha di usufruirne. E’ nella terza ipotesi (trattamenti di sostegno vitale) che si manifesta con evidente realtà l’accanimento terapeutico. Cioè l’ammalato viene trattenuto in uno stato di vita vegetativa persistente.

4) La terapia proporzionata è quella che trova un punto chiave tra i due eccessi dell’accanimento terapeutico e dell’abbandono terapeutico.

ART. 11

SEDAZIONE PALLIATIVA PROFONDA


In presenza di trattamenti refrattari ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua, in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente.
4)    Si considera terapia palliativa profonda la somministrazione intenzionale di farmaci ipnotici, alla dose necessaria richiesta, per ridurre il livello di coscienza fino a annullarla.
5)    Non costituiscono una forma di accanimento le terapie sperimentali perché mirate alla guarigione. Si può evitare qualsiasi forma di cura non desiderata attraverso la compilazione delle DAT.

ART. 12

DISPOSIZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO


1)    Chiunque, in grado d’intendere o di volere, voglia disporre del proprio fine- vita, in merito a trattamenti sanitari, alle scelte diagnostiche o terapeutiche che intende o no accettare, può farlo, recandosi presso il proprio comune di residenza o presso la propria azienda sanitaria, consegnando scrittura privata, scrittura privata autenticata o atto pubblico che contenga disposizioni in merito. La consegna delle DAT è esente da tributi di alcun genere.
2)    Qualora le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, possono essere espresse attraverso video registrazione o dispositivi elettronici.
3)    Il soggetto potrà nominare un fiduciario. Se non è nominato o è, nel frattempo deceduto od è stato revocato, esse mantengono validità in ordine alla volontà del disponente.
4)    Il medico potrà disattendere in tutto o in parte alle DAT, in accordo con il fiduciario, soltanto qualora esse appaiano palesemente incongrue e non corrispondenti alla condizione clinica del paziente; allorquando siano state individuate terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione che siano capaci di assicurare concrete possibilità di miglioramento.
5)    In caso di disaccordo tra medico e fiduciario, decide il giudice tutelare. Di conseguenza il medico è esente da responsabilità sia civile che penale.
6)    Le DAT sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento nelle stesse forme; in casi di necessità ed urgenza si potranno revocare con videoregistrazione o consenso espresso oralmente davanti a due testimoni
7)    E’istituita presso il Ministero della salute una banca dati.
8)    Nelle situazioni di necessità ed urgenza il medico e tutta la sua equipe devono attivarsi per il bene del paziente e solo qualora ciò non sia stato possibile, si farà riferimento alle DAT.
9)    Se il paziente non ha sottoscritto, in precedenza, le disposizioni anticipate di trattamento il medico potrà scegliere la terapia che ritiene più indicata e ne darà comunicazione ai familiari.


ART.13

REGIME SANZIONATORIO DEGLI ATTI POSTI IN ESSERE SENZA CONSENSO.

1)    Se il medico pone in essere atti diagnostici o terapeutici senza il consenso del malato, è punito senza che gli sia necessario dimostrare che, se l’obbligo informativo fosse stato correttamente svolto, il paziente avrebbe probabilmente rifiutato l’intervento cui si è sottoposto.
2)    Il consenso informato è alla base del trattamento sanitario e, qualora manchi, è sicuramente presente un illecito, anche se la cosa è avvenuta nell’interesse del paziente. Trattasi di condotta omissiva cui segue una condotta commissiva punibile in sede civile con il risarcimento del danno ed in sede penale con la pena dell’arresto pari a 10 giorni.

ART. 14

SUICIDIO ASSISTITO

1)    Colui che, a causa di una grave e lunga malattia, viva forti sofferenze fisiche   e/o psicologiche che, secondo la letteratura medica non diano speranza di miglioramento alcuno, qualora consideri tali condizioni non dignitose per la sua persona, ha facoltà di decidere di porre fine alla sua esistenza tramite suicidio assistito. Egli potrà essere, pertanto, aiutato da un medico a morire dopo un’adeguata informazione.
2)    Sarà il paziente stesso che, in modo autonomo e volontario, si somministrerà le sostanze necessarie per porre fine alle sofferenze che lo affliggono, da lungo tempo, senza speranza. L’atto che pone fine alla vita del soggetto sarà, quindi, dal punto di vista fisico, interamente posto in essere da lui mentre soggetti terzi si occuperanno di assistere la persona per tutti gli altri aspetti: ricovero, preparazione delle sostanze e gestione tecnica legale post mortem.

ART. 15

LA MORTE ASSISTITA COME DOVERE D’UFFICIO

1)    Il personale sanitario e amministrativo coinvolto nella procedura non sarà considerato responsabile di aiuto al suicidio, omicidio del consenziente od omissione di soccorso. Per converso, s’intenderà adempiente ad un dovere d’ufficio se tutta la procedura di accesso sarà stata ex lege.

ART. 16

L’OBIEZIONE DI COSCIENZA DEL MEDICO

1)    Se il medico che si trova a dover dare seguito alle richieste di morte medicalmente assistita non vuole metterla in atto, dovrà essere sostituito dall’azienda sanitaria con un collega non obiettore in quanto è compito degli enti pubblici ospedalieri assicurare l’espletamento delle procedure di legge.

ART. 17

RICHIESTA DI AMMISSIONE ALLA PROCEDURA

1)    La richiesta di ammissione alla procedura deve essere fatta dal paziente per atto pubblico o scrittura privata autenticata. In essa deve risultare che la volontà si è formata liberamente e consapevolmente dopo adeguata illustrazione da parte dei medici in merito alle condizioni cliniche, alla prognosi e alle terapie.
2)    Sono possibili forme alternative per acquisire il consenso del malato laddove le sue condizioni fisiche non gli consentano di scrivere. In tal caso si rende necessaria la presenza di due testimoni. La richiesta, in qualunque forma, raccolta deve essere inviata al medico di medicina generale che assiste il paziente. Egli prospetterà al paziente e, col suo consenso, anche ai familiari le conseguenze di quanto richiesto approntando misure di sostegno psicologiche adeguate. Successivamente, invia al Comitato etico di riferimento il rapporto valutativo delle condizioni del paziente, cliniche e psicologiche, morali e familiari. Lo informa, altresì, sulle motivazioni che l’hanno determinata.


ART.18

PARERE DEL COMITATO ETICO

1) Il comitato etico territorialmente competente deve esprimere il parere favorevole, entro 40 giorni, all’ammissione e all’adeguatezza della procedura relativamente alla quale è stato interpellato. Il parere deve essere, successivamente, trasmesso al paziente e al medico inviante.
2) Quest’ultimo dovrà trasmettere quanto riceve all’azienda sanitaria locale o all’azienda ospedaliera di riferimento che deve attivare le verifiche necessarie a garantire che il decesso avvenga, presso il domicilio del paziente o, se ciò non è possibile, presso una struttura ospedaliera.
3)Il parere del Comitato etico deve essere obbligatorio e vincolante. Pertanto l’Asur non può procedere ad una sua valutazione se non il parere del CERM è negativo

ART. 19

AUTORIZZAZIONE DELL’ASUR DI APPARTENENZA

1)    Previo parere positivo del Comitato etico l’Azienda sanitaria di appartenenza delibera la presenza o meno dei requisiti richiesti dal paziente ed invia il tutto al Tribunale competente che autorizzerà la procedura di morte assistita.

ART. 20

NORMA TRANSITORIA

1)    I documenti atti ad esprimere le volontà del disponente in merito ai trattamenti sanitari, depositati presso il comune di residenza o presso un notaio, prima della data di entrata in vigore della presente legge, si applicano le disposizioni della medesima legge.

ART. 21

CLAUSOLA DI INVARIANZA FINANZIARIA

1)    Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2)     Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente codice con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

ART. 22

RELAZIONE ALLE CAMERE

1)    Il Ministro della salute trasmette alle Camere, entro il 30 aprile di ogni anno, a decorrere dall'anno successivo a quello in corso, alla data di entrata in vigore della presente legge, una relazione sull'applicazione della legge stessa.
2)    Le Regioni sono tenute a fornire le informazioni necessarie entro il mese di febbraio di ciascun anno, sulla base di questionari predisposti dal Ministero della salute.

ART. 23

ENTRATA IN VIGORE

1)    La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.
2)    E' fatto obbligo, a chiunque spetti, di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

il 21/03/2023
N. V. - Falconara (AN)
ha proposto il seguente emendamento:
ALL'ART 3, dopo il comma 3, inserire il seguente:

"3-bis. Fa parte delle competenze del medico usare un linguaggio semplice e comprensibile dando una visione realistica della malattia sapendo, però, dare elementi di speranza al paziente ed ai suoi familiari.
Approvato
  • Voti totali: 16
  • Favorevoli: 16
  • Contrari: 0
  • Astenuti: 0
il 28/03/2023
G. M. - Ancona
ha proposto il seguente emendamento:
ALL'ART.3, dopo il comma 4, inserire il seguente:

"art.3 bis per l'esplicitazione del consenso è usata la forma scritta ma ad essa è equiparata la videoregistrazione o il consenso orale, alla presenza di due testimoni, quando il malato non può scrivere.
Approvato
  • Voti totali: 16
  • Favorevoli: 12
  • Contrari: 0
  • Astenuti: 4
il 28/03/2023
M. P. P. A. - Falconara
ha proposto il seguente emendamento:
ALL ART.4, dopo il comma 2, inserire il seguente:

" art.2 bis. Tale interruzione non dipende dal tipo di patologia, dal suo stato di avanzamento o di trattamento ed è possibile attuarla sempre affinché non si realizzi il rischio di una scelta diversa, ab origine, causata dal timore di divenire prigionieri della scelta stessa."
Approvato
  • Voti totali: 16
  • Favorevoli: 15
  • Contrari: 0
  • Astenuti: 1
il 28/03/2023
T. P. - Falconara Marittima (AN)
ha proposto il seguente emendamento:
ALL' ART.18, dopo il comma 2, inserire il seguente:

"art.2bis. I Comitati etici sono composti da medici specialistici, compresi i palliativisti, e da professionisti con competenze cliniche, psicologiche, giuridiche, sociali e bioetiche e idonee a garantire il corretto ed efficace assolvimento dei compiti loro demandati."
Approvato
  • Voti totali: 16
  • Favorevoli: 4
  • Contrari: 1
  • Astenuti: 11
il 28/03/2023
M. K. - san Bonifacio (VR)
ha proposto il seguente emendamento:
5.1 Il minore, compiuti gli anni 14, l’interdetto legale e l’inabilitato, purché in possesso della capacità naturale d’intendere e volere, esprimono il consenso al trattamento sanitario con l’assistenza del genitore, del tutore o del curatore, previo parere favorevole del giudice tutelare.

In caso di contrasto tra la volontà manifestata dall’incapace e quella del rappresentante legale, prevale la volontà dell'incapace, salvo parere contrario del giudice tutelare.
Respinto
  • Voti totali: 16
  • Favorevoli: 3
  • Contrari: 8
  • Astenuti: 5

Disposizioni in materia di fine vita

ONOREVOLI SENATORI! Il percorso che ci siamo proposti cerca di analizzare l’annosa questione della correttezza morale della somministrazione della morte; tema controverso fin dagli albori della medicina. Dal giuramento d’Ippocrate dove il medico s’impegnava a non somministrare alcun farmaco letale o abortivo; al mondo classico che attraverso la filosofia morale, vedeva il suicidio con rispetto; all’epoca cristiana che, nella Summa Teologica di San Tommaso d’Aquino, affermava che il suicidio è peccato mortale perché contro l’amore che ogni essere deve portare a se stesso e alla società di cui è membro; nonché per il fatto che la vita è dono di Dio e quindi solo in Lui vi è il potere su di essa.

Il nostro lavoro mira ad esaminare il punto di arrivo della legislazione, le sue criticità ed i suoi pregi. Partendo da casi famosi di suicidio assistito, quali Welby, Englaro, Forzatti, passa per i tre casi recentissimi avvenuti, quest’anno, nella nostra regione, le Marche. Ma che sono anche i primi in Italia. Il primo caso è quello di Federico Carboni, tetraplegico da 10 anni che ha ingaggiato una battaglia legale con l'Azienda sanitaria Unica Regionale (Asur) per l'applicazione della sentenza della Consulta Cappato-Dj Fabo. Finalmente, dopo vari ritardi, Federico è riuscito ad ottenere quella che l’Associazione Coscioni, ha definito “una svolta storica” e cioè la somministrazione del farmaco.

Allo stesso modo, Antonio, tetraplegico da 10 anni, è stato ammesso al suicidio assistito lo scorso agosto.

Un terzo caso è quello di Fabio Ridolfi, anche lui tetraplegico, che, nelle more degli ingranaggi procedurali, ha preferito optare per la sedazione profonda, pur suo malgrado perché molto più dolorosa per i congiunti. Tuttavia, pur non essendo sfociato in suicidio assistito, va qui, secondo noi, annoverato. Il nostro percorso è volto alla stesura di una proposta di legge in tema di fine vita che abbiamo voluto intitolare “L’amore non ha limiti” per evidenziare come l’amore per un proprio congiunto possa arrivare fino al sacrificio anche estremo. La Consulta, infatti, aveva aperto la strada al suicidio assistito ritenendo compatibile il diritto alla salute e la libertà di scegliere con l’art 580 c.p. che punisce l’aiuto e l’istigazione al suicidio. Cioè i giudici costituzionali hanno ritenuto che la Costituzione, in particolare l’art 32 che sancisce la tutela della salute dell’individuo, sia compatibile con l’art 580 del c.p. che punisce l’aiuto al suicidio. Quindi i medici che, nell’esercizio del loro lavoro, ritengano di aiutare un paziente a porre termine alle sue sofferenze, sono liberi di farlo.

Ovviamente, quello della Consulta è solo un suggerimento al Parlamento e quella che potrete leggere è la nostra proposta di legge.

 

Art. 1

(Ratio della legge e condizioni)

 

1) La presente legge della Repubblica ha lo scopo di liberare il paziente terminale, in condizioni irreversibili e prognosi infausta, dalle atroci sofferenze provate, attraverso la morte medicalmente assistita.

2) A tal fine è necessario che la persona che ne faccia richiesta sia pienamente capace d’intendere e di volere nonché di prendere decisioni libere e consapevoli sulla base dell’avvenuta adeguata illustrazione del caso clinico, in tutti i suoi aspetti, da parte del medico.

 

Art. 2

(Formazione del medico)

 

1) Il Medico deve essere formato, ex tunc, in ordine alle modalità di relazione col paziente e la sua formazione continua in itinere.

2) Egli deve conoscere le modalità peculiari di raccolta del consenso, relative a determinati trattamenti.

 

Art. 3

(Consenso informato)

 

1) Il medico, in virtù del principio di alleanza terapeutica col paziente, è tenuto ad informarlo in maniera chiara ed esaustiva su quanto, in toto, attiene all’ anamnesi, alla diagnosi, agli accertamenti necessari per raggiungerla, alla prognosi e alle conseguenti terapie e relativi rischi.

2) Per converso, il paziente, se lo desidera ha diritto a non essere messo al corrente della sua patologia e quanto ad essa concerne.

3) Il paziente può volere che, in sua vece, sia informato un suo familiare o altra persona da lui indicata. In assenza di tale volontà, il medico non può dare notizie a nessuno.

 

Art. 4

 

Fa parte delle competenze del medico usare un linguaggio semplice e comprensibile dando una realistica visione della malattia sapendo, però, dare elementi di speranza al paziente ed ai suoi familiari. Questo è un emendamento alla prima stesura.

4 Il consenso informato viene inserito nella cartella clinica e non è necessario in casi di trattamenti sanitari obbligatori.

 

Art. 5

Per l’esplicitazione del consenso è usata la forma scritta ma ad essa è equiparata la videoregistrazione o il consenso orale, alla presenza di due testimoni, quando il malato non può scrivere.

5 Il malato è libero di accettare o rifiutare il trattamento sanitario ma non può esigere trattamenti contrari a norme di legge, anche deontologiche.

 

Art. 6

(Revoca del consenso prestato)

 

1) Il malato può revocare, in ogni momento, il consenso iniziale.

2) È equiparata al mancato inizio di trattamento, per effetto di consenso non prestato, l’interruzione dello stesso in itinere, dovuta alla volontà del paziente.

Art 2 bis Tale interruzione non dipende dal tipo di patologia, dal suo stato di avanzamento o di trattamento ed è possibile attuarla sempre affinché non si realizzi il rischio di una scelta diversa, ab origine, causata dal timore di divenire prigionieri della scelta stessa.

3) Stante l’autodeterminazione, costituzionalmente garantita, del malato è, altresì, possibile revocare il consenso al trattamento intrapreso dal medico per stato di necessità ed in condizioni di non coscienza del paziente. La forma della revoca può essere diversa da quella con la quale il consenso è stato prestato inizialmente poiché potrebbero essere cambiate le condizioni fisiche del paziente. L’unico scopo è quello di realizzare la certezza della volontà del paziente.

 

Art. 7

(Consenso dell’incapace)

 

1) Il minore, l’interdetto e l’inabilitato esprimono la loro volontà attraverso il legale rappresentante ma è tenuta in considerazione la loro volontà secondo la capacità naturale che ne deriva. In caso di contrasto tra la volontà del minore e quella del rappresentante, decide il giudice tutelare.

 

Art. 8

(Eutanasia: condizioni)

 

1) Il paziente che chiede l’eutanasia deve avere, simultaneamente, i seguenti requisiti:

a) essere affetto da malattia, irreversibile e certificata, che porti a morte certa e fonte di sofferenze da lui considerate intollerabili

b) essere tenuto in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale

Sono considerati apparecchi di sostegno vitale che rappresentino condizioni di accesso alla procedura medicalmente assistita gli apparecchi di respirazione, nutrizione, idratazione, ventilazione, macchinari per dialisi, fleboclisi. Non sono considerati tali tutti quelli che, pur rappresentando in senso letterale un sostegno vitale (es pace maker), possono essere sostituiti con interventi o procedure ad hoc.

 

Art. 9

(Cure palliative)

 

1) Dicesi fase terminale di una malattia quella in cui la malattia non risponde più alle terapie che hanno come scopo la guarigione ed è caratterizzata da una progressiva perdita di autonomia della persona e dal manifestarsi di sintomi, sia fisici che psichici. È in questa fase che il controllo del dolore e degli altri disturbi, dei problemi psicologici, sociali e spirituali assume importanza primaria.

2) A tal fine il paziente, prima ancora di poter fare richiesta di ammissione all’eutanasia, deve essere ammesso alle cure palliative. Lo scopo delle cure palliative non è quello di accelerare né di ritardare la morte, ma di preservare la migliore qualità della vita possibile fino alla fine.

3) Solo se le cure palliative non dovessero sortire alcun effetto sarà possibile far predisporre al paziente la richiesta per l’eutanasia attiva o passiva, a seconda di una libera scelta informata e consapevole sempre che il paziente sia legato a trattamenti di sostegno vitali.

 

Art. 10

(Eutanasia attiva)

 

1) L’EUTANASIA ATTIVA è l’intervento compiuto dal medico, o da terzi, diretto ad interrompere la vita del paziente mediante la somministrazione di sostanze e farmaci o tramite il compimento di atti che, in quanto tali, siano causa di decesso.

a) il paziente deve soffrire di un dolore fisico insopportabile;

b) la morte deve essere inevitabile e vicina;

c) il paziente deve dare il consenso in maniera esplicita ed attuale

d) il medico deve aver (inefficacemente) esaurito tutte le altre misure di sollievo dal dolore.

 

Art. 11

(Eutanasia passiva)

 

1) L’EUTANASIA PASSIVA è l’intervento compiuto dal medico o da terzi diretto ad interrompere la somministrazione del trattamento terapeutico applicato al paziente, in modo tale che s’impedisca un prolungamento ingiustificato della vita in previsione della morte prossima.

2) Il paziente deve essere affetto da una malattia incurabile, e nelle fasi finali della malattia dalla quale difficilmente si riprenderà;

a) il paziente deve dare il consenso espresso all'interruzione del trattamento, e tale consenso deve essere ottenuto e conservato prima della morte. Se il paziente non è in grado di dare un consenso chiaro, il suo consenso può essere determinato da un documento pre-scritto come un testamento biologico o dalla testimonianza della famiglia;

b) il paziente può essere sottoposto all’eutanasia passiva interrompendo cure mediche, chemioterapia, dialisi, respirazione artificiale, trasfusione di sangue, fleboclisi, ecc.

 

Art. 12

(Accanimento terapeutico)

 

1) Nei casi di pazienti con prognosi infausta e a breve termine o imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili e sproporzionati (accanimento terapeutico).

2) È considerato accanimento terapeutico la pratica ostinata di cure che risultano sproporzionate rispetto all’obiettivo terapeutico che deve essere la cura e non il “mantenere in vita”. Si sono create classificazioni dei trattamenti tipici dell’accanimento:

- trattamenti inutili

 -trattamenti straordinari

 - trattamenti di sostegno vitale

3) I trattamenti inutili riguardano tutti quegli interventi che non incidono in maniera significativa sul naturale decorso della patologia o sulla miglior qualità della vita del paziente. I trattamenti straordinari riguardano il ricorso a mezzi terapeutici eccedenti le normali capacità che il paziente ha di usufruirne. È nella terza ipotesi (trattamenti di sostegno vitale) che si manifesta con evidente realtà l’accanimento terapeutico. Cioè l’ammalato viene trattenuto in uno stato di vita vegetativa persistente.

4) La terapia proporzionata è quella che trova un punto chiave tra i due eccessi dell’accanimento terapeutico e dell’abbandono terapeutico.

 

Art. 13

(Sedazione palliativa profonda)

 

1) In presenza di trattamenti refrattari ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua, in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente.

2) Si considera terapia palliativa profonda la somministrazione intenzionale di farmaci ipnotici, alla dose necessaria richiesta, per ridurre il livello di coscienza fino a annullarla. Il ricorso alla sedazione palliativa profonda o il rifiuto vengono motivati e annotati nel fascicolo sanitario elettronico.

3) Non costituiscono una forma di accanimento le terapie sperimentali perché mirate alla guarigione. Si può evitare qualsiasi forma di cura non desiderata attraverso la compilazione delle DAT.

 

Art. 14

(Disposizioni anticipate di trattamento)

 

1. a. Chiunque, in grado d’intendere o di volere, voglia disporre del proprio fine- vita, in merito a trattamenti sanitari, alle scelte diagnostiche o terapeutiche che intende o no accettare, può farlo, recandosi presso il proprio comune di residenza o presso la propria azienda sanitaria, consegnando scrittura privata, scrittura privata autenticata o atto pubblico che contenga disposizioni in merito. La consegna delle DAT è esente da tributi di alcun genere.

b. Qualora le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, possono essere espresse attraverso video registrazione o dispositivi elettronici.

c. Il soggetto potrà nominare un fiduciario. Se non è nominato o è, nel frattempo deceduto od è stato revocato, esse mantengono validità in ordine alla volontà del disponente.

d. Il medico potrà disattendere in tutto o in parte alle DAT, in accordo con il fiduciario, soltanto qualora esse appaiano palesemente incongrue e non corrispondenti alla condizione clinica del paziente; allorquando siano state individuate terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione che siano capaci di assicurare concrete possibilità di miglioramento.

e. In caso di disaccordo tra medico e fiduciario, decide il giudice tutelare. Di conseguenza il medico è esente da responsabilità sia civile che penale.

f. Le DAT sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento nelle stesse forme; in casi di necessità ed urgenza si potranno revocare con videoregistrazione o consenso espresso oralmente davanti a due testimoni

g. È istituita presso il Ministero della salute una banca dati.

h. Nelle situazioni di necessità ed urgenza il medico e tutta la sua equipe devono attivarsi per il bene del paziente e solo qualora ciò non sia stato possibile, si farà riferimento alle DAT.

i. Se il paziente non ha sottoscritto, in precedenza, le disposizioni anticipate di trattamento il medico potrà scegliere la terapia che ritiene più indicata e ne darà comunicazione ai familiari.

 

Art. 15

(Regime sanzionatorio degli atti posti in essere senza consenso)

 

1) Se il medico pone in essere atti diagnostici o terapeutici senza il consenso del malato, è punito senza che gli sia necessario dimostrare che, se l’obbligo informativo fosse stato correttamente svolto, il paziente avrebbe probabilmente rifiutato l’intervento cui si è sottoposto.

2) Il consenso informato è alla base del trattamento sanitario e, qualora manchi, è sicuramente presente un illecito, anche se la cosa è avvenuta nell’interesse del paziente. Trattasi di condotta omissiva cui segue una condotta commissiva punibile in sede civile con il risarcimento del danno ed in sede penale con la pena dell’arresto pari a 10 giorni.

 

Art. 16

(Suicidio assistito)

 

1) Colui che, a causa di una grave e lunga malattia, viva forti sofferenze fisiche e/o psicologiche che, secondo la letteratura medica non diano speranza di miglioramento alcuno, qualora consideri tali condizioni non dignitose per la sua persona, ha facoltà di decidere di porre fine alla sua esistenza tramite suicidio assistito. Egli potrà essere, pertanto, aiutato da un medico a morire dopo un’adeguata informazione.

2) Sarà il paziente stesso che, in modo autonomo e volontario, si somministrerà le sostanze necessarie per porre fine alle sofferenze che lo affliggono, da lungo tempo, senza speranza. L’atto che pone fine alla vita del soggetto sarà, quindi, dal punto di vista fisico, interamente posto in essere da lui mentre soggetti terzi si occuperanno di assistere la persona per tutti gli altri aspetti: ricovero, preparazione delle sostanze e gestione tecnica legale post mortem.

 

Art. 17

(La morte assistita come dovere d’ufficio)

 

1) Il personale sanitario e amministrativo coinvolto nella procedura non sarà considerato responsabile di aiuto al suicidio, omicidio del consenziente od omissione di soccorso. Per converso, s’intenderà adempiente ad un dovere d’ufficio se tutta la procedura di accesso sarà stata ex lege.

 

Art. 18

(L’obiezione di coscienza del medico)

1) Se il medico che si trova a dover dare seguito alle richieste di morte medicalmente assistita non vuole metterla in atto, dovrà essere sostituito dall’azienda sanitaria con un collega non obiettore in quanto è compito degli enti pubblici ospedalieri assicurare l’espletamento delle procedure di legge.

 

Art. 19

(Richiesta di ammissione alla procedura)

 

1) La richiesta di ammissione alla procedura deve essere fatta dal paziente per atto pubblico o scrittura privata autenticata. In essa deve risultare che la volontà si è formata liberamente e consapevolmente dopo adeguata illustrazione da parte dei medici in merito alle condizioni cliniche, alla prognosi e alle terapie.

2) Sono possibili forme alternative per acquisire il consenso del malato laddove le sue condizioni fisiche non gli consentano di scrivere. In tal caso si rende necessaria la presenza di due testimoni. La richiesta, in qualunque forma, raccolta deve essere inviata al medico di medicina generale che assiste il paziente. Egli prospetterà al paziente e, col suo consenso, anche ai familiari le conseguenze di quanto richiesto approntando misure di sostegno psicologiche adeguate. Successivamente, invia al Comitato etico di riferimento il rapporto valutativo delle condizioni del paziente, cliniche e psicologiche, morali e familiari. Lo informa, altresì, sulle motivazioni che l’hanno determinata.

 

Art. 20

(Parere del Comitato etico)

 

1) Il comitato etico territorialmente competente deve esprimere il parere favorevole, entro 40 giorni, all’ammissione e all’adeguatezza della procedura relativamente alla quale è stato interpellato. Il parere deve essere, successivamente, trasmesso al paziente e al medico inviante.

2) Quest’ultimo dovrà trasmettere quanto riceve all’azienda sanitaria locale o all’azienda ospedaliera di riferimento che deve attivare le verifiche necessarie a garantire che il decesso avvenga, presso il domicilio del paziente o, se ciò non è possibile, presso una struttura ospedaliera.

Art.2 bis I Comitati etici sono composti da medici specialisti, compresi i palliativisti, e da professionisti con competenze cliniche, psicologiche, giuridiche e sociali e bioetiche idonee a garantire il corretto ed efficace assolvimento dei compiti a loro demandati.

3) Il parere del Comitato etico deve essere obbligatorio e vincolante. Pertanto l’Asur non può procedere ad una sua valutazione se non il parere del CERM è negativo.

 

Art. 21

(Autorizzazione dell’asur di appartenenza)

 

1) Previo parere positivo del Comitato etico l’Azienda sanitaria di appartenenza delibera la presenza o meno dei requisiti richiesti dal paziente ed invia il tutto al Tribunale competente che autorizzerà la procedura di morte assistita.

 

Art. 22

(Norma transitoria)

 

1) I documenti atti ad esprimere le volontà del disponente in merito ai trattamenti sanitari, depositati presso il comune di residenza o presso un notaio, prima della data di entrata in vigore della presente legge, si applicano le disposizioni della medesima legge.

 

Art. 23

(Clausola di invarianza finanziaria)

 

1) Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2) Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente codice con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Art. 24

(Relazione alle Camere)

 

1) Il Ministro della salute trasmette alle Camere, entro il 30 aprile di ogni anno, a decorrere dall'anno successivo a quello in corso, alla data di entrata in vigore della presente legge, una relazione sull'applicazione della legge stessa.

2) Le Regioni sono tenute a fornire le informazioni necessarie entro il mese di febbraio di ciascun anno, sulla base di questionari predisposti dal Ministero della salute.

 

Art. 25

(Entrata in vigore)

 

1) La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.

2) È fatto obbligo, a chiunque spetti, di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

 

Approfondimento

Approfondimento normativo

Vogliamo adesso approcciare insieme il mondo del diritto e quello della bioetica relativamente al diritto alla salute, all’autodeterminazione, alla tutela della dignità personale nella malattia fino alla morte, al principio di autonomia messo, però, anche a confronto con quello di solidarietà. Infatti è su questi temi che diritto e bioetica si confrontano sul terreno complesso del diritto di ogni persona di rinunciare a quelle cure che presentano un sostegno vitale per il malato ex art. 1 della legge n 219 del 2017.
L’interrogativo di fondo è se il diritto di rifiutare o interrompere le cure vitali incontri dei limiti, vale a dire se il diritto all’autodeterminazione terapeutica debba sempre prevalere o invece debba cedere di fronte ad altri diritti fondamentali, eticamente rilevanti e costituzionalmente protetti. I valori in gioco sono molteplici. Alla legge n 219 del 2017 sul testamento biologico si è arrivati nell’evidenza del vuoto normativo evidenziato da casi famosi come quello di Piergiorgio Welby, Eluana Englaro e DJ Fabo. Tutti questi casi sono precedenti alla legge sul testamento biologico del 2019 e, quindi, queste morti sono avvenute sulla base di modalità diverse. Welby chiese con ricorso che il magistrato autorizzasse il distacco del respiratore, invocando il diritto alla salute, ex art 32 della Costituzione, e quello alla libertà personale ex art 13 sempre della nostra legge fondamentale. Il 16 dicembre 2006 il giudice dichiarò l’inammissibilità della proposta di Welby, seppure riconobbe l’esistenza di un diritto soggettivo sulla base dell’articolo 32 della Costituzione, su cui però mancava una tutela giuridica: tradotto, in Italia non esisteva un impianto normativo adeguato che regolamentasse il Fine Vita. Nelle more procedurali Welby ottenne la desiderata morte grazie all’intervento del dr M.Riccio, un medico anestesista che si fece carico del desiderio di Welby e procedette alla sedazione del paziente che provocò, entro mezz’ora, un arresto cardiocircolatorio da insufficienza respiratoria causata dall’impossibilità del paziente di respirare meccanicamente in maniera spontanea, dovuto alla distrofia da cui era colpito. Nel luglio dello stesso anno, il medico fu prosciolto in quanto il fatto non costituiva reato. Il giudice riconobbe che il comportamento rientrava nella norma dell’articolo 579 del codice penale (omicidio del consenziente), ma sottolineò che la condotta del medico era stata portata avanti in un contesto di relazione terapeutica, difesa dalla Costituzione. Insomma, il medico aveva adempiuto a un dovere imposto da una norma giuridica che non poteva essere punito (articolo 51 del codice penale).
Altro caso famosissimo è quello di Eluana Englaro che, però, fu molto più complicato nella decisione dei giudici perché la ragazza, caduta in coma all’età di vent’anni, non aveva la possibilità di esprimere la propria volontà, rendendo così impraticabile l’applicazione dell’art. 32 Costituzione. Inoltre, Eluana non era attaccata ad un dispositivo medico per la ventilazione artificiale, dunque ci si domandava se la mera nutrizione del paziente che, pur essendo in coma irreversibile, respira, sia da considerarsi come “cura medica” e per ciò stesso ricadente nella fattispecie indicata dall’art. 32 Cost. Siffatte argomentazioni, nel 1999, inducono il Tribunale di Lecco a respingere la richiesta di Beppino Englaro di lasciar morire la figlia, poiché il supporto alla nutrizione non viene visto come una cura medica. Il padre, riaffermando che tale situazione di stato vegetativo permanente, fosse lesiva della dignità della figlia ripresentò un nuovo ricorso per la richiesta di sospensione dell’alimentazione artificiale della figlia che, però, venne respinta nuovamente sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello di Lecco. Englaro impugna in Cassazione; quest’ultima sentenzia che il giudice può autorizzare l’interruzione delle cure o dell’alimentazione artificiale se “la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci supporre la benché minima possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del mondo esterno”.
 In secondo luogo, la Corte sostiene che è necessario, altresì “che tale istanza sia realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, univoci e convincenti, della volontà del paziente medesimo, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni ovvero dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona. Nel giudizio si merito sono stati ascoltati i familiari e gli amici di Eluana che hanno testimoniato l’inequivocabile volontà di Eluana di lasciarsi morire in siffatte condizioni portando alla luce commenti e convinzioni della paziente allorquando a cadere in coma irreversibile fu una persona di sua conoscenza.
Il vero quesito posto dal caso Englaro è se il ‘valore’ presidiato dalla Carta costituzionale sia la vita in se o, piuttosto, la ‘dignità’ dell’esistenza, intesa come condizione umana non degradante ma capace di consentire alla persona di vivere senza una sofferenza insopportabile, idonea a tradursi in vera e propria condanna, tortura.
Altro caso determinante al fine della redazione della nuova normativa sul fine vita è stato quello di Fabio Antoniani, meglio conosciuto come D. J Fabo che era rimasto tetraplegico in seguito a un incidente stradale. Fabiano Antoniani scelse di morire con il suicidio assistito in svizzera, il 27 febbraio del 2017. Egli fu accompagnato in Svizzera da Marco Cappato, esponente dell’associazione Luca Coscioni incriminato per aiuto al suicidio. Il caso era stato rinviato ai giudici costituzionali che avevano chiesto un intervento del Parlamento per colmare il vuoto legislativo. Tuttavia, non avendo il legislatore normato in tal senso, la Corte ha, con sentenza, aperto la strada al suicidio assistito nel settembre del 2019; la qual cosa ha portato, ovviamente, all’assoluzione di Marco Cappato “perché il fatto non sussiste.”
  Infatti, L’art. 580 del codice penale punisce chiunque determini altri al suicidio o chiunque ne rafforzi il proposito o ne agevoli in qualsiasi modo l’esecuzione. È una norma che ha chiaramente la sua logica, e che è fondamentale in uno Stato come il nostro che tutela la vita. Tuttavia, diventa irragionevole laddove non preveda alcuna eccezione, neppure nel caso di un uomo da anni costretto a vivere in condizioni miserabili, afflitto da una patologia degenerativa e irreversibile. Era questo il caso, tra i tanti, di Dj Fabo.
Al momento non esiste, quindi, una legge che definisca le modalità del suicidio assistito che, pertanto, è regolato in via giurisprudenziale, come detto prima. Tuttavia era ferma al Senato una proposta di legge che era già stata approvata alla Camera  e che prevedeva che la richiesta dovesse essere indirizzata dal medico di medicina generale o dal medico che ha in cura il paziente. Spetterà poi al comitato di valutazione clinica dare il via libera.

I medici e in genere il personale sanitario avrebbero potuto sollevare l'obiezione di coscienza. Però gli ospedali pubblici sarebbero stati tenuti, in ogni caso, ad assicurare che fosse possibile esercitare il diritto al suicidio assistito. Le Regioni avrebbero dovuto controllare nel merito. Nel testo era espressamente riconosciuta l'esclusione della punibilità per i medici e il personale sanitario con la conseguenza che gli articoli del codice penale 580 (Istigazione o aiuto al suicidio) e 593 (omissione di soccorso) non si sarebbero applicati ai sanitari chiamati ad intervenire nel suicidio assistito. Non sarebbe stato punibile chi sia stato condannato, anche con sentenza passata in giudicato, per aver agevolato in qualsiasi modo la morte volontaria medicalmente assistita di una persona prima dell'entrata in vigore della legge.
L’unico intervento normativo in vigore sul tema di fine vita risale alla legge sulle DAT, disposizioni anticipate di trattamento; meglio noto come testamento biologico.  Quest’ultimo è un documento che esprime la scelta di una persona riguardo alle terapie da prescrivere nel caso, per malattia o incidente, non fosse più in grado di esprimere una sua volontà. Infatti, secondo l’art 4 della legge, ogni persona maggiorenne e capace di intendere e volere può, nelle Disposizione Anticipate di Trattamento (DAT), esprimere la propria volontà in materia di trattamenti sanitari, indicando un fiduciario che lo rappresenti al fine di evitare l’accanimento terapeutico, oppure definire le modalità della sua sepoltura e dare il consenso all’espianto degli organi.
 Il paziente ha il diritto di rifiutare in tutto o in parte i trattamenti e di revocare il consenso prestato, sulla base del quale è promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico.  E’ stato stabilito che Nutrizione e idratazione artificiale sono da considerarsi trattamenti sanitari e, quindi, rientranti nell’art 32 della Costituzione e, come tali, rinunciabili. Inoltre, il medico deve rispettare la volontà del paziente ed è “esente da responsabilità civile e penale”.
Viene garantito lo svolgimento da parte dei medici di un’appropriata terapia del dolore. Nel caso di prognosi infausta a breve o imminenza della morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole di cura e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati.
Viene introdotta la pianificazione delle cure condivisa tra medico e paziente relativa alle conseguenze di una patologia cronica e invalidante e contraddistinta da un’inarrestabile evoluzione con prognosi infausta.

In seguito al caso di Fabio Antoniani, DJ Fabo per i più, la cui morte avvenne per suicidio assistito nel febbraio del 2017 si riaprono le discussioni  sul fine vita. Infatti Marco Cappato, accompagnando in Svizzera DJ Fabo, fu incriminato di aiuto al suicidio e sottoposto a processo. Durante il processo, davanti alla Corte D’assise di Milano, venne sollevata la questione di legittimità costituzionale relativamente all’art 580 c.p. che prevede l’aiuto al suicidio. La sentenza della Corte Costituzionale n 242 del 2019  escluse la punibilità di chi , in osservanza alle norme della stessa legge, agevoli l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile , fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente». E questo perché la punibilità dell’aiuto al suicidio ex art 580 c.p sarebbe in contrasto con la Costituzione relativamente agli articoli 32, che sancisce il diritto alla salute a al rifiuto delle cure, all’art 13, che sancisce l’inviolabilità della libertà personale e ai sensi dell’art 2 sempre della nostra legge fondamentale che sancisce la salute come diritto umano inviolabile.
Ovviamente la questione va legiferata dal Parlamento ma, come si è già detto, il testo è fermo al Senato e, conseguentemente, si va avanti su base giurisprudenziale fintanto che il vuoto legislativo non sarà colmato.
In merito all’eutanasia vera e propria lo scorso anno la Corte Costituzionale ha bocciato l’ammissibilità del referendum in materia affermando che, secondo il quesito referendario l’eutanasia attiva avrebbe potuto essere consentita nelle forme previste dalla legge sul consenso informato e il testamento biologico, e in presenza dei requisiti introdotti dalla Sentenza resa dalla Consulta sul cd. “Caso Cappato”, tuttavia sarebbe restata punita ove il fatto fosse stato posto in essere contro una persona incapace, ovvero nei confronti di una persona il cui consenso sarebbe stato estorto con violenza, minaccia o contro un minore di diciotto anni.
In altre parole, l’eventuale abrogazione parziale della norma penale in parola, nei termini emarginati dal quesito, avrebbe fatto venir meno il divieto assoluto dell’eutanasia, consentendola limitatamente alle forme previste dalla Legge n. 219/2017 in materia di consenso informato. La pronuncia della Consulta depositata il 15 febbraio
La Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibile il quesito referendario in quanto non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana.

Approfondimento tematico

Crediamo che, alla base di qualunque discorso sulla morte sia doveroso ricordare il famoso giuramento d’Ippocrate, un medico dell’antica Grecia (460 a.c.) considerato il padre della medicina scientifica. Egli ebbe il merito di riassumere le conoscenze mediche delle scuole precedenti e di descrivere le pratiche per i medici. In particolare egli formulò il famoso giuramento d’Ippocrate che recita: : «Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa. Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo. Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte».
Con Ippocrate cioè, per la prima volta, la morte comincia ad essere trattata nel senso di “dolce morte”, non secondo la corrente accezione moderna di anticipare la fine della vita ma di preservarla il più possibile dall’atroce dolore provocato da determinate malattie.
Successivamente, l’eutanasia ebbe un profilo sociale cioè era stata volta ad eliminare gli individui malati e, quindi, ritenuti inadatti a contribuire al bene sociale. Si pensi a Sparta dove i bambini inidonei fisicamente e psichicamente dovevano morire abbandonati dal padre sul monte Taigeto.

Il primo a parlare di eutanasia fu il filosofo Francesco Bacone cancelliere calvinista del XV secolo che vede  la scienza e la tecnologia come alleata della fede e al tempo stesso del regnum Dei e ad majorem Dei gloriam. Per lui le finalità della fede coincidono con alcune finalità di grande rilevanza umana tra cui c’è anche quella del dovere della scienza medica di portare sollievo ai pazienti sofferenti che vanno dunque trattati come persone e non come un caso astratto di etica.
Per Bacone la medicina deve preoccuparsi non solo di ristabilire la salute ma anche di mitigare il dolore sia quando l’obiettivo sia la guarigione sia quando, pur mancando tale speranza, l’obiettivo sia una morte più serena e placida. Infatti egli afferma che i medici, per essere coerenti al loro ufficio e alla loro umanità, dovrebbero imparare l’arte di aiutare gli agonizzanti ad uscire da questo mondo con più dolcezza e serenità. Dal termine “agonizzanti”, che Bacone usa, sembra che egli sia orientato verso le cure palliative o meglio verso una moderna terapia del dolore piuttosto che verso una terapia letale cioè una terapia intenzionalmente predisposta a dare la morte. Quindi il suo concetto di eutanasia è volto a lenire le sofferenze nell’attesa della morte ma è non un’anticipazione della morte.
Passiamo adesso alla visione eutanasica dei giorni nostri. Riassumiamo in breve i termini specifici nel merito: eutanasia attiva, eutanasia passive e suicidio assistito.
- L’EUTANASIA ATTIVA: è l’intervento compiuto dal medico o da terzi diretto ad interrompere la vita del paziente mediante la somministrazione di sostanze e farmaci o tramite il compimento di atti che, in quanto tali, siano causa di decesso.
- EUTANASIA PASSIVA: è l’intervento compiuto dal medico o da terzi diretto ad interrompere la somministrazione del trattamento terapeutico applicato al paziente, in modo tale che s’impedisca un prolungamento ingiustificato della vita in previsione della morte prossima.

Il Suicidio assistito, invece, prevede l’aiuto medico per la preparazione di un mix di sostanze e farmaci che coadiuvano la morte dolce. L’azione finale è, però, svolta dalla persona che ha scelto il suicidio

Chiariti i diversi termini, di seguito, vediamo le basi delle due diverse correnti: quella pro eutanasia e quella contro.

Posto che il diritto alla vita è un diritto umano consacrato giuridicamente nella Dichiarazione dei Diritti dell’ONU del 1948 e nella Carta dei Diritti fondamentali dell’UE del 2000, vediamo in questa sede le due posizioni: quella cattolica e quella laica per evidenziare come la nostra scelta sia stata ponderata.
La visione religiosa della vita si basa sulla sua sacralità e, di conseguenza, la sua indisponibilità. Dio, cioè, nel suo grande amore offre ad ognuno di noi un disegno di salvezza tale da affermare che la vita è sempre un bene e che, quindi, passa attraverso la realizzazione di quel disegno. Posto questo assunto, sopprimere un malato che chiede l’eutanasia non significa affatto riconoscere la sua autonomia e valorizzarla ma, al contrario, significa disconoscere la sua libertà, fortemente condizionata dalla malattia e dal dolore, e il valore della sua vita, negandogli ogni ulteriore possibilità di relazione umana, di senso dell’esistenza e di crescita teologale.
Quindi, Dio creatore offre all’uomo la vita e la sua dignità come un dono prezioso da custodire ed incrementare e di cui rendere conto ultimamente a Lui.
Una persona che sceglie di togliersi la vita rompe la sua relazione con Dio e con gli altri e nega sè stessa come soggetto morale. Il suicidio assistito ne aumenta la gravità perché il paziente, chiedendo aiuto ad un'altra persona, l’induce a non indirizzare la sua volontà verso Dio e a non riconoscere il vero valore della vita e a rinnegare la speranza.
Inoltre, anche se la domanda di eutanasia o suicidio assistito nasce da angoscia e disperazione (e la responsabilità personale può essere diminuita o addirittura non sussistere), ciò non modifica la natura dell’atto omicida commesso da chi sta accanto al paziente.  Ogni operatore sanitario deve essere al servizio della vita e non della morte. Infatti non esiste un diritto a disporre arbitrariamente della propria vita per cui nessun operatore sanitario può farsi tutore di un diritto inesistente.
Il quinto comandamento “non uccidere” è un sì alla vita anche verso il prossimo. Il cristiano deve aiutare il moribondo a liberarsi dalla disperazione e a permettere la sua speranza in Dio. L’ammalato deve sentirsi accolto e circondato da amorevole presenza e non abbandonato dal suo destino di sofferenza e morte.
Coloro che fanno approvare leggi a favore dell’eutanasia si rendono complici del grave peccato che altri eseguiranno. E coloro che operano suicidio assistito od eutanasia sono partecipi di un grave illecito penale cioè l’omicidio del consenziente. Il paziente che chiede la collaborazione a tali pratiche rende partecipe un altro della propria disperazione inducendolo a non indirizzare la volontà verso il mistero di Dio attraverso la virtù teologale della speranza.  Inoltre, Così come non si deve anticipare, per propria volontà, la morte neppure ci si deve accanire dal punto di vista terapeutico.
D’altro canto, non è lecito sospendere le cure efficaci per sostenere le funzioni vitali finchè l’organismo è in grado di beneficarvi (idratazione, nutrizione, respirazione). Queste azioni causano grave insensibilità verso il malato e fanno pensare che idratare e nutrire un malato in stato d’incoscienza e senza prospettive di guarigione sia immorale. In tal senso Papa Francesco ha parlato di “cultura dello scarto” facendo riferimento agli esseri umani più fragili che rischiano di essere scartati da un ingranaggio che vuole essere efficiente a tutti i costi. Si tratta, per i cristiani, di un fenomeno culturale fortemente antisolidaristico che Giovanni Paolo 2 qualificò come “cultura di morte".
Questi supporti non sono terapie mediche ma una cura dovuta alla persona del paziente, un’attenzione umana ineludibile.
Un’altra argomentazione contro l’eutanasia è il cosiddetto “pendio scivoloso” che sarebbe pericoloso per più ragioni: intanto darebbe ai medici un potere  decisionale sproporzionato. In seconda battuta aprirebbe una diatriba sulle malattie rientranti nell’eutanasia e quelle non rientranti. Ancora, giustificherebbe una riduzione delle spese per la ricerca medica di trattamenti efficaci contro determinate malattie. Inoltre potrebbe rappresentare la fine della vita per quelle persone cui è stata erroneamente diagnosticata una malattia terminale.
Inoltre, nella lettera Samaritanus Bonus della Congregazione per la dottrina della Fede del 2020, è posto in evidenza il solidarismo della visione cattolica della vita in contrapposizione all’individualismo della visione laica. E cioè i principi di accoglienza e di solidarietà che permeano la visione cattolica del diritto alla vita si scontrano con il principio individualista laico che pone la libertà di autodeterminazione del singolo prima di tutto. Il buon Samaritano è colui che, scendendo da Gerusalemme a Gerico, ebbe compassione di un uomo assalito e spogliato dai briganti che, invece, sia un sacerdote che un levita, avevano ignorato nel loro cammino. Egli gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno.”
Sempre in questa parabola, Gesù chiese a colui che gli aveva chiesto cosa fare per avere la vita eterna: “Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' lo stesso».
E’ quindi fondamentale la pietas come accoglienza e solidarietà verso prossimo.
A sostegno della posizione del Magistero sono le cure palliative.
La parola palliativo deriva dalla parola latina pallium che significa mantello, protezione.
Per cure palliative si intende “l'insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un'inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici”.
Le cure palliative, quindi, sono quell'insieme di cure, non solo farmacologiche, volte a migliorare il più possibile la qualità della vita sia del malato in fase terminale che della sua famiglia.
La fase terminale è una condizione irreversibile in cui la malattia non risponde più alle terapie che hanno come scopo la guarigione ed è caratterizzata da una progressiva perdita di autonomia della persona e dal manifestarsi di disturbi (sintomi) sia fisici, ad esempio il dolore, che psichici. In queste condizioni, il controllo del dolore e degli altri disturbi, dei problemi psicologici, sociali e spirituali assume importanza primaria.
Lo scopo delle cure palliative non è quello di accelerare né di ritardare la morte, ma di preservare la migliore qualità della vita possibile fino fine. Le cure palliative non possono prescindere da una terapia del dolore che spesso si associa alla cura della persona che sta affrontando l'ultimo periodo della sua vita. Vengono quindi utilizzati sia metodi farmacologici contro il dolore che non farmacologici di supporto (psicologici, cognitivi, comportamentali, agopuntura, massaggio, fisioterapia, terapia occupazionale, meditazione, terapie artistiche, musicoterapia…). Il dolore è, infatti, fra tutti i sintomi, quello che più mina l'integrità fisica e psichica del malato e che più angoscia e preoccupa i familiari, con un notevole impatto sulla loro qualità della vita fino alla fine.
D’altro canto, davanti ad una sofferenza qualificata come insopportabile si giustifica la fine della vita del paziente in nome della compassione; I laici sostengono che, per non soffrire più, sia meglio morire.  E danno un’altra lettura del termine compassione. Per loro, infatti, essa consiste nell’aiutare il paziente a smettere di soffrire attraverso l’eutanasia o il suicidio assistito.
Ciò che rende difficile riconoscere il senso della vita propria e altrui, dentro le relazioni, è un individualismo crescente che induce a vedere gli altri come minaccia o limite alla libertà. Ciò auspica la liberazione della persona dai limiti del suo corpo, soprattutto quando fragile e ammalato.
Quindi, coloro che non credono mettono al centro della loro visione due concetti: quello dalla disponibilità della loro vita e quello della sua dignità. La vita non è sacra, né in senso biologico né in senso biografico, quello che può essere ritenuto sacro, nel senso di intoccabile e irrinunciabile, è il diritto del singolo individuo all’autodeterminazione nel rispetto della sfera altrui. In questo caso l’individuo ha il diritto di decidere per sé il criterio che determina quando una vita sia decorosa e biologicamente funzionale. A proposito del principio dell’autodeterminazione, che ispira la bioetica laica.
La bioetica laica vede nel progresso della conoscenza la fonte principale del progresso dell’umanità, perché è soprattutto dalla conoscenza che deriva la diminuzione della sofferenza umana. Ogni limitazione alla ricerca scientifica imposta nel nome dei pregiudizi che questa potrebbe comportare per l’uomo equivale in realtà a perpetuare sofferenze che potrebbero essere evitate.
Posta questa dicotomia, dopo ampia discussione in classe, la maggioranza si è espressa per una visione laica della vita e, quindi, il disegno di legge che abbiamo redatto contiene norme pro-eutanasia. Ciò rispetta anche la cultura laica del nostro stato a seguito della modifica del Patti Lateranensi del 1984.