Indagine conoscitiva sulla problematica dell'amianto tra Valenza e Casale Monferrato (Alessandria) attraverso storie di vittime, processi, bonifica e speranza in un futuro dove un colpo di tosse non farà più paura
- Anno scolastico 2024-2025
- Presentato da IIS Benvenuto Cellini, Valenza (Alessandria)
Una cittadina ad appena 20 km di distanza dalla nostra scuola, Casale Monferrato, vedeva sorgere fino a poco più di dieci anni fa la fabbrica di amianto più grande d’Europa, la Eternit, la cui attività è stata chiusa nel 1987. La nostra classe ha amici, conoscenti e parenti che vivono, lavorano e frequentano la città di Casale Monferrato, ma purtroppo questo dramma è poco conosciuto nella sua totale crudeltà oltre il S.I.N., il sito di interesse nazionale, che vede Valenza appena fuori i suoi confini.
Il mesotelioma pleurico, il tumore ancora oggi senza una cura provocato dall’inalazione prolungata delle fibre e della polvere di amianto, ogni anno causa decine di morti e si possono contare quasi 2000 vittime per questa tragedia che ha avuto e sta avendo anche risvolti dal punto di vista legale con processi a carico di diversi imputati.
Nel corso della nostra indagine, anche in collaborazione con l’Associazione Familiari e Vittime Amianto, ci interroghieremo sul perché ancora oggi non esiste una normativa che preveda una rimozione forzata dei tetti contenenti questa sostanza così dannosa, visto che anche l’Unione Europea, con una direttiva del 2005, ne ha vietato la produzione e la commercializzazione, e su come si può velocizzare il processo di bonifica anche in quelle realtà dove il fenomeno è meno conosciuto.

“È nell’aria e non te ne accorgi, lo respiri e poi dopo anni ti ammazza”. Se si volesse rispondere in poche parole alla domanda “Che cos’è l’amianto?” lo si spiegherebbe così. La classe 4A dell’indirizzo Amministrazione, Finanza e Marketing dell’IIS Cellini di Valenza (AL), partendo da un modulo di educazione civica sulla sicurezza sul lavoro e sull’ambiente, è venuta a conoscenza della crudezza e dei rischi legati a questo materiale. Una cittadina ad appena 20 km di distanza, Casale Monferrato, vedeva sorgere fino a poco più di dieci anni fa la fabbrica più grande d’Europa, la Eternit, la cui attività è stata chiusa per volontà dell’Amministrazione Comunale nel 1987, sette anni prima che la legge italiana rendesse illegale la produzione e la vendita di amianto. La classe ha amici, conoscenti e parenti che vivono, lavorano e frequentano la città di Casale Monferrato, ma purtroppo questo dramma è poco conosciuto nella sua totale crudeltà oltre il S.I.N., il sito di interesse nazionale, che vede Valenza appena fuori i suoi confini. Gli stessi alunni per motivi diversi, dallo sport alla socialità, frequentemente si recano a Casale Monferrato. Il mesotelioma pleurico, il tumore ancora oggi senza una cura provocato dall’inalazione prolungata delle fibre e della polvere di amianto, ogni anno causa decine di morti registrate presso la struttura ospedaliera “Santo Spirito” di Casale Monferrato e si possono contare quasi 2000 vittime per questa tragedia che ha avuto e sta avendo anche risvolti dal punto di vista legale con processi a carico di diversi imputati. Quegli stessi processi che, a causa di esiti imprevedibili per le vittime e le parti civili, hanno causato ulteriore angoscia nella cittadinanza, la quale ha però saputo reagire con forza e determinazione anche a proposte economiche indecenti da parte degli imputati che così facendo avevano provato a dare un prezzo alla vita umana. Le storie di Laura, un’impiegata, di Mauro, rappresentante di cosmetici, di Anna, imprenditrice, dell’operaio Franco, di Luisa, direttrice didattica, di Mario con sua figlia Maria Rosa, sua cognata Libera, suo nipote Giorgio e tante altre sono le storie di tutti noi, di chi è vissuto prima di noi e vorremmo che non fossero le storie di chi verrà dopo di noi. Per questo motivo ci interroghiamo su quello che è stato e su come sia stato possibile. Com’è che ancora oggi non esiste una normativa che preveda una rimozione forzata dei tetti contenenti questa sostanza così dannosa, visto che anche l’Unione Europea, con una direttiva del 2005, ne ha vietato la produzione e la commercializzazione? Perché sebbene non si possa più fabbricare e vendere amianto, questo è presente ancora nelle nostre città? Come si può velocizzare il processo di bonifica anche in quelle realtà dove il fenomeno è meno conosciuto e quindi, contestualmente, come si può coinvolgere e sensibilizzare maggiormente la cittadinanza su questo tema? L’indagine sarà sviluppata attraverso interviste con soggetti interessati quali membri dell’Associazione Familiari e Vittime Amianto, la più grossa realtà del territorio in fatto di memoria storica, raccolta dati e conoscenza di normative e processi, un sopralluogo al Parco Eternit di Casale Monferrato, zona bonificata dove una volta sorgeva la fabbrica, il dialogo con esperti del settore quali medici, avvocati, sindacalisti e specialisti di materia ambientale. Da ultimo, in segno di speranza e con uno sguardo fiducioso verso il futuro, capire come ad oggi Casale Monferrato sia diventata la città più bonificata d’Italia rispetto al tema amianto e come il suo esempio possa e debba riflettersi anche su altre realtà che da una parte risultano meno colpite ma dall’altra anche meno istruite sulla problematica.
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Nei primi del ‘900 a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, arrivò quella che sembrava un’occasione d’oro: la nascita della fabbrica Eternit, una delle più grandi della zona. Tutto ebbe inizio nel 1901 quando l’industriale austriaco Hatschek brevettò il composto cemento-amianto per poi venderne i diritti prima all’imprenditore svizzero Steinmann e successivamente all’ingegnere italiano Mazza, il quale decise di aprire un anno dopo a Casale uno stabilimento di 94.000 mq. La scelta di Casale fu fatta per due motivi, il primo era la vocazione industriale della città dove già erano presenti diversi poli di lavorazione del cemento ed il secondo per la vicinanza con la cava di Balangero, in provincia di Torino, dove nel corso dei decenni si arriveranno ad estrarre migliaia di tonnellate di amianto. Per Casale e per il suo circondario cominciò tutto nel 1907, con l’inizio della produzione di materiali a base di amianto, minerale di consistenza fibrosa presente in alcuni tipi di rocce e dal diametro di appena 5 μm. Per decenni, lo stabilimento è stato una colonna portante dell’economia locale e ha dato lavoro a centinaia di persone, spesso più membri della stessa famiglia. Testimonianze di ex lavoratori riportano come spesso ai dipendenti veniva fatta la promessa che impegnandosi, sopportando turni pesanti e condizioni di lavoro estremamente difficoltose senza lamentarsi, quando sarebbe giunto il momento, anche i figli sarebbero stati assunti in azienda. Alla Eternit pagavano molto bene, più dei concorrenti, e offrivano le vacanze ai lavoratori ed alle loro famiglie nelle colonie in Liguria. Sembrava un’opportunità, una certezza, una fonte di orgoglio per la città: “per Casale la Eternit è come per Torino la FIAT”, così si diceva in zona e lavorare lì era ambitissimo. Col tempo, però, quello che sembrava un motore di crescita si è rivelato un nemico invisibile poiché le fibre, se respirate, si accumulano nei polmoni e li danneggiano irreparabilmente. Negli ambienti della Eternit l’aria era carica di polvere che si attaccava ovunque, dagli agli abiti, ai capelli, alla pelle degli operai che lavoravano senza protezioni e senza sapere che stavano respirando qualcosa che, col tempo, li avrebbe uccisi. Anche fuori dalla fabbrica, l’amianto cominciava a fare danni perché restava nell’aria e si depositava sulle strade, sui balconi, nelle case ed in questo modo, senza far rumore, migliaia di persone si sono ammalate semplicemente respirando. La pleura è la membrana che ricopre i polmoni e la cassa toracica e le fibre di amianto, una volta inalate posso andare a lederla, formando un tumore chiamato mesotelioma, ancora oggi senza cura. Rimane latente dai 30 a 45 anni per poi palesarsi lasciando in media due anni di vita. C’è chi si è ammalato senza nemmeno saperne il motivo, solo perché abitava vicino alla fabbrica e si è arrivati a morire senza mai aver lavorato alla Eternit. I pericoli dell’amianto, però, erano già noti già da prima degli anni ‘50 con studi che ne dimostravano la pericolosità. Sopraggiunte difficoltà economiche imposero alla società di presentare nell’86 istanza di fallimento al tribunale di Genova ma un anno dopo una holding francese cercò di riaprire lo stabilimento venendo bloccata dall’intervento delle autorità locali e dalle forze sindacali. La Eternit, che doveva portare prosperità e stabilità, ha lasciato dietro di sé un’eredità di dolore, malattia e morte. Casale ed il suo Sito di Interesse Nazionale sono diventati il simbolo di questa tragedia: un territorio che ha pagato un prezzo altissimo per qualcosa che avrebbe potuto e dovuto essere evitato. In seguito alla nostra indagine, abbiamo sviluppato diverse conoscenze riguardo al tema amianto. Conosciuto anche come asbesto, è stato per decenni uno dei materiali più utilizzati in campo industriale e civile. Si producevano materiali di costruzione come tubi per trasportare acqua potabile o scarichi fognari, e lastre ondulate, leggere e resistenti, che si diffusero in breve tempo. Si realizzavano tegole, pannelli isolanti installati ovunque, non solo nelle case private ma anche negli ospedali, nelle scuole ed in altri edifici pubblici oltre che in stabilimenti industriali. Era utilizzato anche per la creazione di oggetti impiegati comunemente nella vita di tutti i giorni come nel borotalco della ditta Johnson & Johnson, nell’argilla modellante Das (prodotti specificamente per bambini), fino alle sigarette della Kent, consigliate per i fumatori perché proprio l’amianto che componeva circa il 30% nei filtri, con la sua termo-resistenza, consentiva una minor velocità di consumo e dunque un minor numero di sigarette fumate. E poi ancora l’abbigliamento per lavoratori come vigili del fuoco e operai delle fabbriche. Oggi, con l’avvento di nuove lavorazioni, l’utilizzo di nuovi tessuti, e soprattutto con la consapevolezza dei danni che l’inalazione delle fibre comporta, questo problema di produzione è risolto, ma rimane in sospeso il discorso relativo alla bonifica e alla messa in sicurezza dei manufatti contenenti amianto. Il problema principale sta nel fatto che quando questo materiale si deteriora o viene “disturbato”, le sue fibre vengono rilasciate nell’aria e respirate. Per questi motivi negli ultimi decenni si sono incentivati interventi di bonifica che sono, come immaginabile, estremamente complessi, poiché devono essere eseguiti nel rispetto di molteplici normative settoriali, soprattutto quelle a tutela della salute, per non esporre gli operatori coinvolti a pericoli. È essenziale seguire scrupolosamente tutte le precauzioni e rispettare la normativa vigente. La bonifica rappresenta un intervento fondamentale per garantire la sicurezza e diventa necessaria quando i materiali contenenti amianto mostrano gravi danni. L’attuazione di tale bonifica deve avvenire con estrema prudenza e le opzioni a disposizione previste sono tre:
1. Incapsulamento delle superfici mediante l’applicazione di prodotti che impediscano la dispersione delle fibre;
2. Confinamento dei manufatti tramite la segregazione fisica dei materiali contenenti amianto, ad esempio tramite sovra coperture o controsoffittature;
3. Rimozione dei materiali e conferimento in apposite discariche.
In questo senso la normativa di riferimento è la legge 257/1992. Questa norma vieta l’estrazione, l’importazione, la commercializzazione e la produzione di amianto su tutto il suolo italiano e vieta inoltre l’utilizzo di manufatti che possono disperdere polvere di asbesto nell’aria. Sebbene la legge non imponga direttamente la bonifica dell’amianto, richiede una valutazione attenta del rischio e qualora questa evidenzi un alto pericolo di contaminazione cancerogena diventa obbligatorio intervenire. Tali interventi devono essere eseguiti da imprese specializzate che hanno seguito determinati corsi e formato i propri dipendenti, oltre che essere regolarmente iscritte all’Albo Nazionale Gestori Ambientali. Quando si affrontano lavori di demolizione o rimozione dell’amianto è obbligatorio per il datore di lavoro redigere un piano di lavoro in conformità con il D.Lgs. 81/2008 e questo piano deve contenere tutte le precauzioni necessarie per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro e per proteggere altresì l’ambiente circostante. Una copia del piano deve essere trasmessa all’organo di vigilanza almeno 30 giorni prima dell’inizio dei lavori, a meno che non vi sia un’emergenza. Va garantito l’accesso alla documentazione sia ai lavoratori che ai loro rappresentanti. È cruciale che tutti gli attori chiamati in causa dalla legge facciano la propria parte: ogni Regione deve mappare il proprio territorio e rilevare la presenza di possibili criticità che devono poi essere valutate singolarmente in loco tramite un lavoro di concerto tra le ASL, l’ARPA e i Comuni con un tempestivo intervento qualora fosse necessario, senza scordare la fondamentale veridicità dei dati che devono essere presentati nelle annuali Conferenza Nazionale dell’Amianto. Ogni cittadino può fare la sua parte segnalando la presenza di manufatti sospetti in modo che vengano attivate le procedure previste. Se la produzione e la vendita dell’amianto sono illegali in 66 paesi del mondo viene lecito domandarsi perché l’OMS non si sia ancora espresso in maniera chiara e netta sulla questione. Sarebbe opportuno che le istituzioni non solo nazionali ma anche comunitarie ed internazionali premano su questo punto. Riteniamo che il fondo nazionale per le vittime debba ogni anno essere rifinanziato, poiché purtroppo come detto ci si continua ad ammalare ed anche per questo le stime devono essere esatte. I Comuni, nei loro portali istituzionali, dovrebbero rendere sempre semplice ed immediato trovare informazioni in merito a bonifica e smaltimento, cosa che purtroppo non sempre avviene. A Valenza, città dove viviamo, famosa per la lavorazione dell’oro e ad appena 20 km da Casale, l’amianto era utilizzato in alcune fornaci e anche i valenzani hanno pagato un prezzo molto alto. La storia dell’amianto a Casale, a Valenza, nei comuni circostanti è la storia di tante donne e uomini che credevano di essere al sicuro sul proprio posto di lavoro e che invece, senza saperlo, si sono ammalati respirando e, quel che è forse ancor peggio, hanno inconsapevolmente condannato i propri cari alla stessa sorte e per questo motivo nel 2009 hanno preso via i processi a carico dei proprietari della Eternit. Sensibilizzare sul tema, far conoscere la problematica e comprendere che finché non sarà tutto opportunamente bonificato la salute di tutti i cittadini sarà sempre in pericolo deve diventare un obiettivo concreto della nostra vita quotidiana, affinché le vite di chi non c’è più non siano dimenticate ed affinché un colpo di tosse non faccia mai più paura.
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=WwgtlwWlpjA